La magica estate dello sport italiano

È un’estate davvero magica per lo sport italiano. La straordinaria affermazione agli Europei di calcio: per capire quanto bruci ancora agli inglesi l’impresa di Donnarumma e compagni, sembra che le pizzerie italiane a Londra abbiano subito significativi cali di fatturato. Ancora Inghilterra, dove il venticinquenne Matteo Berrettini ha raggiunto la finale di Wimbledon, primo italiano nella lunga storia della più prestigiosa competizione tennistica. Poi il ricco medagliere conquistato alle Olimpiadi di Tokyo, almeno una medaglia al giorno, mai successo. Tutti momenti epici, che sembrano scritti da Omero o Virgilio, che rappresentano i classici segnali di un Paese che sa reagire al meglio soprattutto nei momenti di difficoltà. A conferma di ciò, del resto, parlano le ultime due vittorie ai mondiali di calcio che hanno coinciso con due periodi di crisi per il nostro sport nazionale (compresa la triste macchia del calcioscommesse).

Nelle esaltanti vicende agonistiche di questa estate interminabile ci sono principalmente tre elementi caratterizzati dalla lettera T: testa, tenacia e team, cioè un grande lavoro personale e di squadra. Se Mancini ha dimostrato sicurezza sin dall’esordio all’Europeo, costruendo un clima di estrema fiducia nei giocatori innanzitutto nei propri mezzi, a Tokyo a ciò si sono aggiunte tante storie di medaglie ottenute come affrancamento di periodi bui tra Covid, malattie, infortuni, esistenze spesso costellate di amarezze familiari o ambientali. Lo sport, insomma, ha mostrato la sua essenza migliore: un’occasione di riscatto individuale e collettivo.

Del resto lo stesso Mancini non ha nascosto di voler riscattare la sua Sampdoria malinconicamente sconfitta dal Barcellona di Hristo Stoichkov in una finale di Coppa dei Campioni per un incancellabile calcio di punizione di Koeman ai supplementari.

“Riscatto”, termine quanto mai appropriato. Non a caso è stata soprattutto la provincia italiana, quella spesso dimenticata e con pochi impianti, a firmare le avventure più esemplari per caparbietà e perseveranza. Il ricordo dell’eccezionale Pietro Mennea da Barletta ha troneggiato in tanti successi, compresi quelli dei numerosi pugliesi, i migliori ambasciatori del nostro Mezzogiorno: la Puglia, da sola, ha vinto tante medaglie d’oro quanto Belgio, Spagna, Svezia e Svizzera e più di Austria, Grecia, Romania e Turchia.

Storie che sembrano romanzi. Irma Testa da Torre Annunziata, 24 anni, la prima pugile italiana a vincere un bronzo olimpico, un esempio per i ragazzi di un territorio che non è solo Gomorra. Il siciliano Luigi Busà, da adolescente preso in giro dai bulli perché obeso, oggi diventato campione olimpico di karate. Fausto Eseosa Desalu, mamma nigeriana che non può concedersi ad una trasmissione televisiva perché è impegnata come badante, dopo aver fatto anche la raccoglitrice di pomodori. La judoka Maria Centracchio, che dedica la medaglia alla sua regione, il Molise, “che esiste e mena forte”, per la prima volta sul podio olimpico. Gimbo Tamberi, reduce da una lesione al legamento deltoideo della caviglia sinistra, che ha avuto nell’Olimpiade giapponese la sua rivincita personale. E poi lui, il supereroe Marcell Jacobs, entrato nella storia dopo aver ritrovato la serenità familiare. Ma anche Federica Pellegrini, prima nuotatrice a qualificarsi per cinque Olimpiadi consecutive alla finale dei 200 stile libero.

Una pioggia di medaglie a cui hanno contribuito, come spesso avviene, sport di cui i più ignoravano quasi l’esistenza. In attesa di rituffarci – more solito – nel campionato di calcio.

(Domenico Mamone)

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