
Da tempo gli interventi di Mario Draghi costituiscono esortazioni e ammonimenti per un’Europa esitante e quanto mai divisa. E dovrebbero stimolare non soltanto necessarie riflessioni, ma urgenti provvedimenti. Perché non solo l’Unione europea è notevolmente frammentata, ma a preoccupare è soprattutto l’economia comunitaria che ormai ristagna, mentre gran parte del mondo registra un’ottimistica crescita.
Nell’ambito della Settimana parlamentare europea 2025, parlando al Parlamento europeo di competitività, da sempre uno dei temi più cari all’economista, l’ex premier italiano indica, tra le priorità, la riduzione dei prezzi dell’energia, “un imperativo non solo per le industrie tradizionali, ma anche per le tecnologie avanzate”, ma anche un “debito comune sovranazionale” per gli investimenti e le riforme. Inoltre chiede agli Stati di accelerare per abbattere le barriere interne; nonché di semplificare, armonizzare e standardizzare le normative nazionali e di spingere per un mercato dei capitali basato maggiormente sull’equità. In sostanza Draghi chiede più Europa, superando le attuali frammentazioni.
Netta anche la sua posizione sulla difesa. “Anche se siamo collettivamente il terzo Paese al mondo per spesa, non saremmo in grado di soddisfare un aumento della spesa per la difesa attraverso la nostra capacità produttiva – evidenzia.
Draghi è quindi estremamente allarmante, preoccupazioni che si ripercuotono sul quadro geopolitico generale: “Il mondo confortevole è finito – incalza l’ex presidente della Bce, e si domanda se vogliamo davvero difendere i nostri valori, indicandoli in pace, indipendenza, sicurezza, sovranità, sostenibilità, prosperità, democrazia, equità.
Gli sconvolgimenti conseguenti all’elezione di Trump alla presidenza degli Usa aprono indubbiamente nuovi scenari che investono ogni continente, a cominciare proprio da quello europeo su cui i dazi pendono come la spada di Damocle. I problemi sono noti e l’Europa non può restare a guardare. Draghi aveva già indicato la strada con il suo Rapporto di qualche mese fa: occorre un cambiamento radicale sostenuto da rilevanti investimenti. All’ascesa della Cina si sommano i nuovi ostacoli al mercato statunitense. “Inoltre – ricorda ancora Draghi – le tariffe statunitensi più elevate sulla Cina reindirizzeranno la sovracapacità cinese in Europa, colpendo ulteriormente le aziende europee, che sono più preoccupate per questo effetto che per la perdita di accesso al mercato statunitense”.
Insomma, occorre unità e orgoglio per riacquistare la capacità di difendere i nostri interessi ed essere all’altezza delle impegnative sfide che abbiamo davanti.
(Domenico Mamone)