“L’altro Molise”, brani di tempo e storia

Per chi come me ama tanto leggere è davvero piacevole vedere la ricchezza della produzione letteraria nel Molise.

Da poco è stato pubblicato dalla casa editrice “Cantieri Creativi” il romanzo “L’ALTRO MOLISE, Brani di tempo e storia”.

L’autore è il molisano Mario Antenucci, originario di Roccavivara, che inizia la sua attività partecipando a diversi concorsi e pubblicando con successo numerose raccolte di poesia con le quali ottiene significativi riconoscimenti a livello locale e nazionale.

Per anni dunque si dedica all’arte poetica dove non solo riesce a manifestare un’attenta capacità di osservazione e descrizione della natura, dei paesaggi e della realtà sociale, ma esprime il meglio di sé nella riflessione sui grandi temi che riguardano l’esistenza ed i suoi problemi.

Le meditazioni sulle questioni aperte della vita sono condotte con pennellate lessicali dove ogni lemma è carico di significati, bellezza, musicalità, ma soprattutto capacità di coinvolgere il lettore nell’analisi dei contenuti di ogni lirica.

Nel 2016 Mario Antenucci esordisce come autore di prosa con il romanzo “Pane e vino” interamente ambientato nel suo paese di origine e nel 2019 pubblica “La terra da scoprire” un reportage su diverse comunità dell’Alto Sannio e della valle del Trigno.

Torna alla poesia nel 2020 con la raccolta “I colori dell’anima”.

Il legame profondo di questo autore con la sua terra natale non poteva non portarlo al romanzo “L’ALTRO MOLISE Brani di tempo e storia” con il quale conduce i lettori nelle comunità interne del Molise dove una popolazione, nella fattispecie quella di Roccavivara, spossata dalle vicende della seconda guerra mondiale, vive anni davvero difficili alla ricerca di un riscatto dalla povertà verso condizioni di vita più accettabili.

Leggendo le presentazioni al volume mi è parso strano che non si faccia alcun cenno al suo carattere autobiografico.

È un viaggio della memoria negli anni dell’adolescenza con la necessità di portare le nuove generazioni in un momento storico certamente difficile ma nel quale le popolazioni del Molise centrale esprimevano valori profondi di riscatto dalla miseria e di enorme solidarietà sociale.

Questo elemento non poteva sfuggire a me che sono stato suo compagno di classe durante gli anni della scuola secondaria di secondo grado e che dunque mi sono ritrovato pienamente nella narrazione di eventi in cui la nostra generazione cercava l’affrancamento dalla miseria, ma in particolare una promozione culturale della propria personalità capace di dare senso alla vita e gratificazioni a se stessi ed alla propria famiglia.

Nonostante uno stile volutamente semplice ed un racconto schematico il romanzo immerge il lettore non solo nelle vicende del protagonista, Francesco, ma nelle vicissitudini di un’intera comunità che cerca con coraggio e pervicacia di affrontare i problemi esistenziali.

I momenti di solitudine psicologica, le difficili condizioni economiche della famiglia, la morte improvvisa e prematura del padre non scoraggiano il protagonista del romanzo che sa trovare tutte le forze in grado di portarlo al traguardo della maturità umana e culturale che lo gratifica poi nella vita.

Le difficoltà economiche di una famiglia numerosa, l’impatto difficile con la realtà del convitto non sempre in grado di aiutare al meglio la crescita umana, culturale e spirituale degli studenti e perfino le delusioni amorose e la morte del padre non impediscono a Francesco di diventare alla soglia della gioventù un uomo già in grado di affrontare con responsabilità e competenza i problemi della vita.

Questa nuova opera di Mario Antenucci è un viaggio prezioso per le nuove generazioni per costruire memoria di un’epoca segnata davvero da forti difficoltà, ma anche da una grande cultura del lavoro purtroppo non sempre surrogato da capacità di trasformazione migliorativa delle diverse attività.

Prevale nel libro la descrizione del ritmo della vita nella comunità di origine dell’autore, delle difficoltà esistenziali in particolar modo delle famiglie contadine e della solidarietà tra le stesse.

Ogni tanto la narrazione viene impreziosita da perle descrittive di persone ed ambienti che ovviamente sono il frutto della sensibilità di osservazione del poeta che si nasconde a fatica dietro il romanziere.

La vita dei campi con le avversità climatiche legate ad un’agricoltura di sussistenza incapace di dare tranquillità alla gente del Molise centrale rappresenta sicuramente il tema centrale del romanzo, ma nel corso della narrazione sul passaggio di Francesco dall’adolescenza alla maturità affiorano tantissimi argomenti affrontati con una sagace capacità di analisi antropologica.

La famiglia allargata e numerosa dell’epoca nella sua struttura, nelle sue convinzioni, nei suoi valori appare l’asse portante di una società che trova in essa le certezze per il futuro delle nuove generazioni sacrificando ogni cosa per dare un’avvenire certo ai propri componenti.

In essa i principi a fondamento dell’esistenza erano solidi così come i sentimenti che certo erano profondi, ma, come scrive l’autore, esistevano più nel vissuto che nelle manifestazioni dell’apparenza.

Nella descrizione della fede e della pratica religiosa si va dalla presentazione delle diverse tradizioni liturgiche come quelle del Natale ad altre di natura popolare come le festività patronali fino alla sua esternazione piuttosto controversa in personaggi come il miscredente nonno Domenicangelo.

Il volume analizza poi con cura la funzione essenziale tenuta dai collegi che hanno rappresentato il mezzo più diffuso nel Meridione e dunque anche in Molise per dare a tanti ragazzi la possibilità di studiare e di allargare il proprio orizzonte culturale in un momento storico in cui il diritto allo studio non era garantito a tutti in ogni parte del territorio nazionale.

Anche i convitti molisani accoglievano allora giovani non solo provenienti dalla regione, ma anche da altre zone del Meridione.

Di queste strutture l’autore esamina le indubbie funzioni positive, ma anche i tanti aspetti approssimativi e limitanti di natura psicologica, pedagogica e didattica con cui accoglievano gli studenti fuori sede.

Lo stesso ruolo talora hanno esercitato i seminari in cui tanti hanno potuto affrontare gli studi delle scuole secondarie.

Il tema dell’amicizia e quello dell’innamoramento sono affrontati con una sensibilità davvero apprezzabilissima e con un lessico volutamente ricercato.

C’è poi nel romanzo la vicenda dell’emigrazione vista nei tanti suoi aspetti umani, psicologici, economici e sociali che affiorano nel racconto dei rapporti del protagonista con altri convittori o concittadini le cui famiglie hanno dovuto lasciare la propria terra di origine per cercare altrove migliori condizioni di vita.

Particolarmente toccanti le vicende di Alberto e Raimondo che sono costretti alla partenza dal proprio borgo con il distacco tragico dai familiari.

È chiaro che siamo davanti ad un’opera di apprezzabile pregio letterario, ma anche con una profonda funzione storica come d’altra parte sottolinea giustamente l’autore nel sottotitolo del romanzo.

Mario Antenucci ha costruito una fabula attraente con un intreccio narrativo alquanto articolato in cui inserisce con accuratezza personaggi, eventi, tradizioni, principi e valori che rendono il volume utilissimo per la conoscenza del periodo storico in cui sono inseriti gli avvenimenti riportati.

La narrazione è fluida e consente una lettura davvero piacevole e spedita.

Si tratta di un’opera sicuramente da leggere e da conservare nella propria biblioteca.

Umberto Berardo

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