Margherita Cassano, la presidente della Cassazione parla di Costituzione e giustizia

Margherita Cassano, Presidente della Corte di Cassazione, con Francesco Paolo Sisto, Vice Ministro della Giustizia e Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica al termine della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario (foto Quirinale.it)

ROMA – La lentezza della giustizia italiana, la presunzione d’innocenza e i nuovi volti femminili nell’ambiente giuridico sono solo alcuni dei temi affrontati durante l’incontro dal titolo “Giustizia e Costituzione: a colloquio con la Presidente Margherita Cassano”, organizzato dalla 24Ore Business School, che ha visto per protagonista Margherita Cassano, prima donna presidente della Corte di Cassazione, intervistata dalla giornalista di Repubblica Liana Milella. Presente anche Forche Caudine.

L’incontro fa parte del ciclo di appuntamenti “Via Gaeta 15” della 24Ore Business School, prestigiosa scuola di formazione per neolaureati, manager e professionisti attiva dal 1993.

Margherita Cassano, fiorentina, classe 1955, è la figlia del magistrato lucano Pietro Cassano, uno dei protagonisti della storia giudiziaria di Firenze, giunto in Toscana nel 1953 come pretore a Montepulciano fino a diventare giudice nella seconda sezione penale a Firenze, presidente della Corte d’Assise e poi della Corte d’Assise d’Appello.

Pietro Cassano ha giudicato i terroristi neofascisti accusati dell’uccisione del giudice romano Vittorio Occorsio, e i terroristi delle Unità Comuniste Combattenti, delle Brigate Rosse e di Prima Linea. Nel 1985 ha inflitto la prima condanna al brigatista Giovanni Senzani. Il giudice Cassano è scomparso nel 2006, ad 86 anni.

Margherita, che ha una sorella medico, Alessandra, ha vinto il concorso per entrare in magistratura nel 1980 e ha intrapreso la carriera di pubblico ministero, occupandosi principalmente di criminalità organizzata e traffico di stupefacenti, fino ad arrivare nel 1991 alla direzione distrettuale antimafia.

Eletta al Consiglio superiore della magistratura (Csm), è poi passata in Cassazione come componente della Prima sezione penale, fino ad ottenere nel 2015 l’incarico di presidente della Corte d’Appello di Firenze. Nel 2020 è stata eletta “vice” di Pietro Curzio alla Cassazione, finché lo scorso 1° marzo è stata nominata presidente all’unanimità dal plenum del Csm.

Rispondendo alle domande di Liana Milella, tra le giornaliste italiane più esperte di giustizia e di conflitti tra politica e magistratura, la presidente della Corte di Cassazione ha esordito raccontando l’esperienza “intellettualmente molto stimolante” che sta vivendo ai vertici della Corte Suprema di Cassazione, al vertice della giurisdizione ordinaria italiana, “della cui complessità” è assolutamente consapevole.

“Avverto la grandissima responsabilità che grava sull’ufficio nel suo complesso e su di me che lo rappresento – ha detto. “Un ufficio – ha proseguito – in cui si respira un grande clima di comunità e nello stesso tempo desiderio di dare piena attuazione alle riforme, nella consapevolezza che le nuove riforme che sono state varate in ambito civile e penale possono contribuire, se ben interpretate, a riannodare i fili di un dialogo talora spezzato tra istituzioni e collettività”.

Essere donna può facilitare il dialogo”

Inevitabile il riferimento alla “storico” approdo di una donna ai vertici della Cassazione. Rispetto a tale “novità”, naturalmente si è espressa molto positivamente. “Da tanto tempo nella magistratura non ci sono particolari problemi legati all’accettazione del ruolo di una donna magistrato all’interno del corpo professionale – ha spiegato, ricordando come “negli ultimi dieci anni le vincitrici di concorso sono state per il 55-58 per cento donne”, con una presenza molto significativa e sempre più importante anche negli uffici giudicanti e ai vertici. “L’essere donna talvolta può facilitare il dialogo, proprio perché c’è una pluralità di punti di vista che arricchisce il dibattito complessivo – ha affermato.

Ha poi continuato: “Ormai ci sono tutte le precondizioni perché le donne magistrato possano concorrere a qualunque tipo di incarico”; piuttosto bisognerebbe “chiedersi se esista una sorta di self-restraint delle donne nel presentare domanda per incarichi direttivi e semidirettivi per ragioni legate ai loro carichi familiari”. Un dato interessante, inoltre, è quello per cui negli uffici giudicanti gli incarichi direttivi vedono una presenza significativa di donne soprattutto negli uffici minorili, espressione di una tendenza culturale e sociale.

Interventi educativi per prevenire il femminicidio

Il ruolo delle donne nella magistratura non è stato l’unico aspetto del mondo femminile ad essere trattato durante l’incontro. Il tema dei cosiddetti “femminicidi” è di stretta attualità. La giornalista ha ricordato che lo scorso anno, sono state 125 le vittime di femminicidio, numeri che hanno spinto a formulare una nuova riforma che prevede la possibilità di avviare un’indagine sul pubblico ministero se questo non assume informazioni dalla donna che denuncia una violenza nel giro di tre giorni. Nell’esprimere la sua posizione in merito, la presidente ha dichiarato che “il primo sforzo delle articolazioni dello Stato nel suo complesso deve essere quello di prevenire la commissione di omicidi in danno di donna o di femminicidi”, specificando che si tratta di due categorie giuridiche distinte. Nel primo caso, infatti, si tratta di “un’azione volontaria di uccisione di una persona che avviene in danno di donna”, mentre nel secondo “la motivazione dell’omicidio è legata alla problematica di genere”.

Posta questa differenza “è doveroso prevenire la commissione di queste azioni perché quando intervengono forze dell’ordine e magistratura negli ambiti di rispettiva competenza vuol dire che abbiamo già fallito culturalmente”. Come ha ricordato la presidente, infatti, metà degli omicidi volontari sono commessi in danno di donna e interessano trasversalmente tutti i ceti sociali.

Per questo, ha specificato ancora la Cassano, “si deve partire da importanti e significativi interventi educativi all’interno della famiglia, nelle scuole e nelle altre formazioni intermedie” per insegnare “il doveroso rispetto della donna in quanto persona e rifuggire qualunque forma di pregiudizio culturale”.

Venendo all’aspetto strettamente giuridico, ha evidenziato un rischio sotteso alla normativa in materia. “È una normativa particolarmente ricca che recepisce le direttive europee in questo ambito, ma bisogna stare attenti a verificare che ogni intervento normativo sia realmente necessario e non venga adottato esclusivamente in chiave simbolica”.

Risposta giudiziaria come extrema ratio

La necessità di evitare norme puramente simboliche è stata ribadita anche in riferimento alle nuove riforme in vista nella Costituzione, come l’obbligatorietà dell’azione penale, In generale, rispetto alle tendenze legislative che mirano a introdurre progressivamente nuove ipotesi di reato, la presidente ha sottolineato come “ogni modifica normativa, l’ampliamento degli ambiti di incriminazione e quindi la tutela indiscriminata in giudizio per ogni tipo di offesa, dalle più gravi alle più lievi, rischia poi di vanificare il principio di effettività delle tutele, sia per le grandi sia per le piccole controversie”.

Per tale motivo è necessario partire “da una riflessione più ampia, ineliminabile in ogni democrazia moderna, sul significato di una norma penale in un ordinamento democratico. Dobbiamo chiarire se la norma penale debba avere una sua effettività o sia elaborata solo in chiave simbolica; ancor prima occorre chiedersi se una moderna democrazia possa e debba vivere solo sulla base di indicazioni e pronunce dei giudici”.

Esistono fenomeni e realtà criminali estremamente complesse che richiedono diversi piani di risposta: amministrativo, politico e infine giudiziario, dove “l’intervento giudiziario-penale – secondo Cassano – deve rappresentare l’extrema ratio quando non hanno funzionato tutti gli altri strumenti di controllo”.

Nel chiarire la sua posizione, la presidente ha infatti ricordato come in base alla Costituzione, i giudici hanno ruolo preciso, ovvero “accertare specifici fatti costituenti reato e verificare se sussistono i presupposti per la loro attribuibilità soggettiva”.

“Non credo che una democrazia possa vivere soltanto ispirandosi ai principi espressi autoritativamente dalla magistratura – ha concluso.

Unione delle carriere, fattore di arricchimento

Tra le riforme affrontate nel corso del colloquio, ha primeggiato quella in merito alla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Per la presidente Cassano “in ogni ordinamento le responsabilità sono divise: al legislatore, e al Parlamento nel suo complesso, spetta valutare la necessità o meno di nuove leggi, al magistrato spetta applicarle”. Ha poi precisato come dal suo punto di vista “ci sia bisogno di magistrati la cui cultura sia fortemente ispirata dal rispetto delle garanzie, a partire dalle garanzia del diritto di difesa e del rispetto della dignità della persona”.

“Penso che sia un fattore di arricchimento per la magistratura e per l’esercizio della funzione requirente avere esperienza di processo come giudice – ha continuato – perché solo chi ha maturato esperienza anche come giudice costruirà fin dalla fase delle investigazioni un processo nel rispetto di quei parametri che consentiranno di evitare iniziative investigative che non hanno oggettivi agganci, che non hanno possibilità di esito favorevole per le tesi dell’accusa e che si traducono in una lesione pesante della dignità della persona in una compressione al di fuori dei parametri consentiti dei suoi diritti fondamentali”.

A prescindere da quale sarà decisione del Parlamento, “la preoccupazione comune degli avvocati e dei magistrati deve essere il rafforzamento delle garanzie inviolabili della persona in quanto tale. È questa la stella polare che ci deve guidare – ha concluso.

Presunzione d’innocenza, il ruolo dell’informazione

L’importanza dei diritti inviolabili della persona è anche alla base della legge sulla presunzione di innocenza che, secondo alcuni, pone un limite al rapporto tra magistratura e stampa, e di conseguenza al diritto all’informazione dei cittadini.

Chiarito che la norma recepisce una direttiva europea, la presidente ha posto l’accento sulla complessità del processo penale, dove la fase delle indagini preliminari serve ad “elaborare a un’ipotesi di accusa” che dovrà poi essere verificata in sede di dibattimento. Il tema centrale, quindi, non è la mancata informazione dei cittadini, piuttosto si tratta di “informare i cittadini in maniera corretta dando conto del fatto che il pm sta lavorando su quell’ipotesi ma non è ancora la verità accertata”.

Secondo la Cassano, infatti, “a causa della dilatazione dei tempi processuali che hanno visto una sorta di gigantismo della fase delle indagini e di progressivo allontanamento nel tempo del momento dibattimentale quale unica sede propria per verificare le ipotesi di accusa”, nel tempo è avvenuta una distorsione che ha enfatizzato l’accusa nella fase di indagini.

In tal senso, la riforma Cartabia ha previsto precise cadenze per aumentare le garanzie giurisdizionali e ridare centralità al dibattimento. “I magistrati – ha evidenziato la presidente – devono rifiutare di partire da tesi precostituite”, seguendo piuttosto “il metodo popperiano della falsificazione, nella consapevolezza che sullo sfondo di questi due metodi di lavoro c’è il doveroso rispetto del parametro dell’oltre ogni ragionevole dubbio, in assenza del quale la persona non può essere ritenuta responsabile di un fatto”.

Lentezza parlamentare, espressione di democrazia

Nell’affrontare il tema della lentezza dei tempi parlamentari e della giustizia italiana, la presidente ha ricordato che “la democrazia non è l’affermazione della maggioranza sulla minoranza, piuttosto è un confronto in cui si cerca di giungere ad una sintesi delle diverse sensibilità che rappresentano il sentire della popolazione”. Oltre a ciò “esistono questioni di carattere ampio, che interrogano il legislatore non solo sui contenuti, ma anche sul ruolo della legge rispetto a questi grandi temi”, come per esempio l’eutanasia o le adozioni da parte di genitori omosessuali.

Come ricordato dalla presidente, numerosi studiosi hanno affrontato il ruolo della legge, come Stefano Rodotà, che si è chiesto se questo “debba essere inteso tradizionalmente o con un ruolo di soft law che si limiti ad indicare alcune linee generali che fungano da guida e da limite invalicabile al di là del quale certe condotte non possono essere consentite o riconosciute. Questa è la grande sfida di un moderno legislatore – ha continuato la Cassano – perché penso che ormai si viva in una fase in cui è abbastanza illusorio pensare di poter disciplinare con regole minuziose ogni più minuto aspetto di una realtà che evolve in maniera molto più veloce di un processo parlamentare, che non è lento in maniera necessariamente patologica, ma è lento perché richiede questo reale confronto che tutti noi auspichiamo tra le diverse idee presenti su questi temi”.

Organizzazione, tempi e qualità delle risposte giudiziarie

In riferimento ai tempi giudiziari, consapevole dell’importanza del tempo come fattore che incide sulla vita dell’uomo e sullo sviluppo economico e, citando Sant’Agostino, “come il grembo in cui si celebrano tutte le epifanie dell’uomo, le sue opere e i suoi giorni”, la presidente ha evidenziato come oggi, più che mai, “sia la Corte di Cassazione sia gli uffici di merito si stanno impegnando al massimo delle loro possibilità per cambiare l’assetto organizzativo dei loro uffici”. Ha quindi parlato di “organizzazione, tempi e qualità delle risposte giudiziarie” come di “tre aspetti complementari tra loro che devono coesistere per assicurare razionalità”.

Per tale motivo i magistrati devono essere sensibili ai temi dell’organizzazione giudiziaria. Nello stesso tempo, però, la presidente ha ricordato come negli ultimi anni alcune riforme abbiano velocizzato i tempi della giustizia e in particolare del contenzioso penale che arriva in Corte di Cassazione, dove la durata media del processo è di 109 giorni, sotto la media europea. D’altronde sui contenziosi civili della Corte, dove la media di durata è di oltre tre anni, incidono per il 50 per cento i contenziosi tributari che subiscono ritardi anche a causa dello slittamento dei tempi di condono.

Ad ogni modo la riduzione dei tempi non deve prescindere dalla “stabilità del quadro normativo di riferimento” e “della razionalità degli interventi legislativi – ha sintetizzato la presidente Cassano.

Gip monocratico o collegiale

Ancora una volta, razionalità ed organicità degli interventi legislativi, sono alla base della posizione della Cassano in riferimento alla riforma per sostituire il gip monocratico con uno collegiale. La presidente, infatti, ha sottolineato la necessità di intervenire in maniera organica.

Se il legislatore opererà la sostituzione del gip “dovrà porsi il problema se alla luce di questa collegialità abbia poi un senso mantenere il successivo controllo, oppure no, e in quali forme, da parte del tribunale del riesame o del tribunale competente per l’appello. Ogni intervento ha un senso se si lega con gli altri e si colloca in un quadro di riferimento coerente, altrimenti è dannoso. Infine, ogni riforma processuale sia in campo civile che penale, dovrebbe auspicabilmente sperimentare una previa verifica di fattibilità”, a partire dal personale.

Il caso Palamara e il fenomeno del correntismo

Non sono mancate domande sul capitolo Palamara e sul “correntismo” che influenzerebbe negativamente la magistratura. Sul tema, la presidente ha tenuto a precisare la necessità di distinguere le due cose.

Le correnti “hanno alla loro base una fisiologica diversità di vedute della magistratura su alcuni grandi temi culturali, su cui tuttora il dibattito è aperto perché non c’è un’unanimità di vedute”. Queste svolgono un ruolo propulsivo “perché fungono da strumento di sollecitazione a mantenere sempre una visione ampia dei problemi e ad avere la consapevolezza della complessità del contesto in cui opera ogni magistrato – ha dichiarato.

“Il magistrato non è soltanto un tecnico. Deve essere dotato di ampia cultura” così da “fornire una risposta più ampia di giustizia. Nulla ha a che fare con questa concezione l’assetto di gruppi di potere o la ricerca di interventi per conseguire incarichi od altri riconoscimenti”, che invece è in conflitto con lo stesso codice deontologico.

Prescrizione e intercettazioni

Tra gli altri temi d’attualità affrontati nel corso dell’iniziativa, non potevano mancare la prescrizione e le intercettazioni. Rispetto al primo, la Cassano ha evidenziato che, nel caso si proceda con un nuovo intervento, bisognerà occuparsi necessariamente dell’istituto della improcedibilità per mancato rispetto dei tempi del processo. Due elementi complementari che devono essere affrontati insieme per garantire l’effettività della risposta giudiziaria.

Rispetto alle intercettazioni, invece, ha spiegato: “Mi sembra che sul tema delle intercettazioni si sovrappongano profili normativi e profili relativi alle prassi applicative”, che al contrario devono essere distinti.

Lo Stato ha bisogno dei giovani

Al termine del proficuo incontro, stimolata dall’intervistatrice, la presidente della Corte Suprema di Cassazione si è rivolta alle giovani generazioni che “hanno livelli di preparazione tecnica anche maggiori rispetto al passato”. Dall’alto della sua esperienza, consiglia ai giovani di “non perdere mai l’entusiasmo, anche quando si attraversano, come è inevitabile che sia, momenti difficili sia per la vita istituzionale sia per la vita personale di ognuno” e soprattutto “avere la consapevolezza che ciascuno di noi può e deve dare tanto al funzionamento dello Stato nelle sue diverse articolazioni. Viviamo in una trama di relazioni in cui ognuno di noi cresce e si arricchisce grazie all’altro – ha concluso.

(Giampiero Castellotti e Nataliya Bolboka)

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