Ministro Speranza, la didattica a distanza non è “sospensione della scuola”

Il ministro della Salute, Roberto Speranza, in visita all’incubatore biomedicale “Toscana Lifes Sciences” a Siena, ha invitato “i nostri giovani a dare una mano”, nel senso di stare accorti a non infettare genitori e nonni, e ha ricordato che gli studenti “hanno pagato un prezzo enorme in questi mesi a partire dalla sospensione delle attività scolastiche e universitarie”.

Di fronte a queste poche parole emergono, in noi, due osservazioni.

La prima: le attività scolastiche e universitarie non sono state sospese, come il ministro afferma, ma soltanto svolte in una modalità più moderna e, talvolta, più efficace. D’accordo, la relazione in presenza, in tempi normali, è importante. Ma non stiamo vivendo tempi normali, benché qualcuno prosaicamente parli di “ritorno alla normalità”, bensì viviamo una lunga fase di emergenza, che probabilmente proprio il rientro fisico nelle scuole, contestato da molti genitori e docenti, renderà ancora più drammatico. Basteranno i banchetti nuovi o le mascherine, a fronte di spese miliardarie, per attenuare i rischi? Non sarebbe stato meglio rafforzare quell’innovazione di cui si parla tanto ma, alla prova dei fatti, restiamo un Paese arretrato nei confronti con gli altri Stati europei?

La seconda osservazione: affermare che gli studenti hanno pagato un prezzo enorme in questi mesi di scuola “a distanza”, spesso più creativa e indipendente, significa non conoscere cosa pensano i ragazzi. E in effetti, nei tanti contributi sulla ripresa scolastica, nessuno s’è preso la briga di sentire soprattutto loro, gli studenti, specie quelli delle scuole superiori, di cui alcuni già maggiorenni.

Eppoi, diciamocelo chiaramente, quali studenti amano andare in una scuola spesso così noiosa come quella italiana? Davvero l’esperienza innovativa della formazione a distanza è equivalsa alla “sospensione delle lezioni”? In fondo Pinocchio non è stato attratto dal “paese dei balocchi”, non certo stracciandosi le vesti per non essere andato a scuola. E poi, chissà, forse il burattino da grande avrà messo la testa a posto e sarà entrato anche lui in banca.

Articoli correlati