Molise, terra senza diritti

Sono trascorsi 21 secoli da quel fatidico 82 A.C. quando Lucio Cornelio Silla sconfisse i sanniti a Porta Collina, decapitò il comandante Ponzio Telesino, fece uccidere tutti i soldati presi prigionieri al Campo di Marte e ordinò di mettere a ferro e fuoco il Sannio. “Non lasciare alcuna pietra su pietra, e buttate sale sui campi per renderli improduttivi“.

Da allora l’ossequio verso Roma ha caratterizzato classi dirigenti passate impunemente dagli spagnoli ai francesi, o dai Borboni ai Savoia, fascisti con Mussolini e democristiani con De Gasperi, fino a osannare Berlusconi, scoprirsi ulivisti con Prodi o recarsi in camicia verde ai raduni leghisti di Pontida.

Con un numero irrilevante di abitanti, il Molise ha scelto di rimanere un contado senza diritti, rinunciando a confrontarsi con lo Stato per tutelare la propria dignità. La tratta ferrata Bari-Roma nella seconda metà dell’Ottocento anziché fare il percorso più corto e meno accidentato per il Molise venne dirottata verso Napoli (?).

Dagli anni sessanta attendiamo i ristori per le acque del Matese e per il gas di Rotello finite a Napoli e a Colleferro. Campobasso è allineata a prescindere con chi governa a Roma, non lotta, non discute e accetta supinamente qualsiasi dimenticanza, indifferenza o umiliazione. Lo Stato ha sempre ragione anche quando non aggiorna la mappa delle aree a rischio sismico in Italia nella seconda metà degli anni novanta.

A distanza di 20 anni nemmeno una domanda sul perchè quel provvedimento finì sulla Gazzetta Ufficiale solo dopo il terremoto del 2002. Lo Stato non si discute neanche se dopo due anni di affiancamento e dodici anni di gestione del sistema sanitario regionale provoca un disastro immane, non allinea i bilanci e peggiora la qualità dei servizi non garantendo i livelli essenziali di assistenza.

Il Molise teme di porre a Roma anche la domanda banale di chi gestisce oggi la sanità regionale visto che il Commissario ad Acta si è dimesso il 12 marzo ed il Sub-Commissario nei giorni successivi?

Con una pandemia in corso, mille positivi seguiti a domicilio, terapie intensive sature e una spaventosa carenza d’organico, il Molise non può attendere. Non solo nessuno chiede lo stesso trattamento riservato a parità di condizioni alla Calabria con un Decreto Legge specifico, ma si ha timore anche a sollecitare la nomina di un sostituto del Generale Angelo Giustini, come se rivendicare un diritto elementare fosse una sorta di lesa maestà.

Eppure nei giorni scorsi a Termoli e nell’area costiera la gente è corsa in strada per una scossa di terremoto di 5,6 gradi. Per assurdo se fosse stato necessario un Decreto del Commissario ad Acta in materia sanitaria si sarebbe dovuto aspettare prima la riunione del Consiglio dei Ministri e poi i tempi di registrazione e di pubblicazione della nomina. Non pongo una questione di parte. Nella seconda metà degli anni novanta si avvicendarono al Governo, Prodi, D’Alema e Amato, così come in materia sanitaria dal 2007 al 2021 si sono susseguiti in Italia i Governi Prodi, Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte I, Conte II e Draghi. Segnalo che la rinuncia a far valere i diritti dei cittadini molisani nei confronti dello Stato è un omissione etica, sociale e culturale prima che un errore istituzionale e una resa politica. Non si risolvono i problemi con urla scomposte, litigi persistenti, linguaggio inusuale e colpi di teatro, ma attraverso un confronto serrato che porti tutte le forze politiche a intervenire su Roma per chiedere dignità e diritti per i molisani.

Michele Petraroia

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