D’accordo, amaramente un libro cartaceo non è più di moda. Il tatto è un senso troppo umano. Almeno questo ci fanno credere coloro che sono accecati dal mito della fredda digitalizzazione. Ma la chiusura di una biblioteca è la cancellazione di un luogo di aggregazione, di saperi, di memorie. Siamo degli inguaribili romantici?
La storica Biblioteca provinciale di Isernia, con 70mila volumi in schedario, ha abbassato le saracinesche. E lo ha fatto dopo altre biblioteche regionali, compresa quella di Campobasso. Il problema è che, parallelamente, non è stato attivato alcun progetto per digitalizzare quella mole di volumi dove c’è l’anima di una comunità. Anche se digitalizzare un’Enciclopedia Treccani non è proprio un’operazione da un pomeriggio.
I tanti studenti che quotidianamente frequentavano quel luogo, beh, probabilmente se ne faranno una ragione. Il mondo va così. Per studiare, per preparare tesi di laurea, per approfondire argomenti o semplicemente per appagare curiosità finiranno nel mare magnum della Rete. E non è la stessa cosa. Non sappiamo nemmeno come faranno a “pescare” le copie dei quotidiani e dei settimanali pubblicati anni addietro in Molise. Il mobilio probabilmente finirà in qualche svendita, certamente una fine più gloriosa di quei tanti banchi scolastici destinati alle discariche per far posto a quelli “rotellanti” dell’Azzolina, che hanno messo ko il Covid-19 tra le nuove generazioni.
Che fine farà il patrimonio librario? L’ex responsabile della biblioteca esprime un dubbio: finisse in case private?