Vanity Faire, l’occasione-elezioni per conoscere (meglio) il Molise
La prestigiosa rivista “Vanity Faire” dedica con Francesco Oggiano un articolo al Molise, in occasione delle elezioni regionali del 22 aprile 2018.
“Il riscatto del Molise, campo di battaglia politica nazionale (per una settimana)
La terra più piccola e meno conosciuta del Paese ha posseduto e regalato perle di rara bellezza. Perché senza di lei non avremmo avuto Mani Pulite, un pezzo del capolavoro di Hemingway e uno degli attori più bravi della storia – si legge nell’articolo.
Ancora: “È come il nostro compagno di classe nascosto al penultimo banco, che una volta rispose alla domanda della maestra cui tutti fecero scena muta. Come il secondo portiere che entrò all’ultimo minuto e parò il rigore decisivo. O come Steven Bradbury che vinse l’oro alle Olimpiadi del 2002 solo perché i pattinatori davanti a lui (praticamente tutti) caddero come birilli uno dopo l’altro”. Similitudini davvero affascinanti e idonee al contesto.
Continua l’articolista: “Il Molise si riscatta. Per una settimana. Con tutti gli occhi politici dell’Italia puntati sul suo suolo.Un piccolo, suolo, un po’ collinare un po’ marittimo, in cui vivono 308 mila persone e un bel po’ di pecore, e che è finito addirittura sull’homepage del Financial Times: «I partiti italiani combattono per la vittoria nel piccolo Molise», titola il quotidiano economico più prestigioso del mondo. Sono tutti lì, tra Campobasso e Isernia, a cercare di convincere gli ultimi elettori in vista delle Elezioni regionali di domenica 22 aprile. Perché il risultato, ne sono convinti Salvini e Di Maio, potrebbe influenzare gli equilibri nelle trattative per la formazione del nuovo Governo. Il Molise come il nostro Ohio, il nostro swing state, per dirla all’americana che fa figo”.
Ed ancora: “Era qui che si doveva decidere tutto. Nella culla della civiltà sannita, dove hanno imperato prima i Goti, poi i Saraceni, i Normanni, gli Spagnoli, i francesi e i Napoletani. Nella regione a statuto ordinario più piccola, meno popolosa e meno visitata d’Italia. Quella diventata regione solo nel 1963, quando è stata staccata dall’Abruzzo; quella presa in giro da Zalone nel suo Sole a Catinelle («Vi spiego cosa sono i bambini…») e da innumerevoli gruppi su Facebook («Il Molise non esiste»). Quella che non venne mai visitata da Giorgio Napolitano nei suoi sette, anzi nove, anni di Presidenza della Repubblica”. Una frecciatina doverosa…
Quindi: “E che, come tutti i compagni di classe al penultimo banco che nascondevano talenti inaspettati e inespressi, ha posseduto e regalato perle di rara bellezza. Perché senza il Molise non avremmo avuto Mani Pulite, un pezzo del capolavoro di Hemingway e uno degli attori più bravi della storia”. Parole sante.
Nel dettaglio: “Qui, da Larino (7 mila abitanti) partì Aldo Biscardi. Da Campobasso (49 mila) iniziò a cantare il Fred Bongusto di Una rotonda sul mare. Da Montenero di Bisaccia (6 mila e 600 anime) emigrò per la Germania Antonio Di Pietro. Mentre da Ferrazzano e per l’America partirono i nonni di Robert De Niro”.
Poi la citazione letteraria: “Qui, dal paese di Capracotta, veniva il Cappellano militare di Addio alle Armi di Ernest Hemingway, che invitava il tenente Frederic a visitare il suo paese. Lo stesso scrittore si ripromise di andarci, perché la moglie gli aveva detto che non c’era «posto migliore per lavorare e mantenere il fisico in forma». Perché, scriveva a un amico, «c’è un bel torrente per le trote lì, il Sangro, il campo da tennis ed è a 1.200 metri sopra il livello del mare, il posto più bello che tu abbia mai sentito».
Persino nel calcio, il Molise ha regalato un momento di rara bellezza. Era il giorno prima di San Valentino del 1985. Il Campobasso inaugurava lo stadio di Contrada Selvapiana. La squadra, che allora stava addirittura in Serie B, affrontava la mitica Juventus di Platini, di Boniek, di Tardelli e Paolo Rossi. La formazione più forte del mondo, che aveva vinto lo scudetto, la Coppa Campioni e l’Intercontinentale. La partita era una gara di andata degli ottavi di finale di Coppa Italia. Poca cosa. Ma allo stadio si narra che ci fossero 30 mila molisani. E al 38esimo, quasi per miracolo, si alzarono tutti per urlare: Ugolotti aveva segnato alla Juve. Finì 1 a 0 per il Campobasso, che quel giorno entrò nella storia. E pazienza se al ritorno i molisani persero per 1 a 4 contro i torinesi. Pazienza pure se Hemingway, come il suo tenente Frederic, a Capracotta non ci andò mai. Pazienza pure se dopo le elezioni di domenica sera tutti i politici torneranno a Roma, i giornalisti nelle loro redazioni e l’attenzione nazionale dalla parte dov’è sempre stata, lontano da qui. Per una settimana piena, il Molise è stato al centro dell’Italia, quasi del mondo (esageriamo pure). Una perla, un’altra della sua storia nascosta”.
Dieci e lode.
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