E’ scomparso Giuseppe Pistilli, a lungo vicedirettore del Corriere dello Sport, grande amico di Forche Caudine. Era nato il 18 settembre 1939 a Campobasso, dove trascorse la sua adolescenza, studente del liceo e appassionato di tennis.
Si era poi trasferito a Roma per studiare giurisprudenza, frequentando i parenti della famgilia Eliseo con uscite che ricordava sempre con piacere.
Quindi l’attività giornalistica al Corriere dello Sport, dove ha scalato i vertici del giornale, arrivando alla vicepresidenza.
“Dividevo il mio tempo tra lo studio ed il giornale ed entrando a far parte molto giovane di una redazione, avevo la possibilità di formarmi all’ombra delle migliori firme del giornalismo sportivo – ha ricordato “Peppino” nel corso di un’intervista a Forche Caudine.
Pistilli, in occasione dei Mondiali di calcio del 1962, ha ricevuto l’incarico di scrivere i servizi dall’allora numero uno del Corriere, Luciano Oppo. Da lì una carriera prestigiosa.
Tornava spesso in Molise, frequentando – oltre a Campobasso – anche Termoli. Grazie a lui la nazionale di calcio disputò una partita a Campobasso.
Alla famiglia vanno le più sentite condoglianze da tutto lo staff di Forche Caudine, in particolare dalla famiglia Castellotti.
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Questo lo splendido ricordo di Alberto Polverosi sul Corriere dello Sport. Lo riportiamo ad imperituro ricordo:
Peppe era il rigore. La lingua italiana con lui era al sicuro. Il calcio pure. Non lo erano i ragazzi che incappavano nelle sue rampogne quando pensavano di scherzare con il congiuntivo o di prendersi qualche licenza con la punteggiatura. Giuseppe Pistilli era il giornalismo autorevole, rispettato, senza cedimenti, senza deroghe. Aveva uno stile inconfondibile, nella vita come nel lavoro.
E’ stato un riferimento fondamentale nel giornale di quegli anni fantastici, il giornale di Tosatti, Peppe era il suo vice, Sergio Neri il condirettore, Ezio De Cesari firma del calcio, Domenico Morace il caporedattore, Adalberto Bortolotti e poi Italo Cucci direttori di Stadio, che a fine anni Settanta era stato acquistato dal gruppo Amodei e legato al Corriere dello Sport. Quando entravi in quel mondo prima ne restavi abbagliato, poi sbalordito: ma come posso io stare in mezzo a questi giganti?Peppe era un gigante. Era molisano e ha sempre mostrato con orgoglio le sue origini. Al Corriere dello Sport lo aveva portato Luciano Oppo nel ‘62, quando aveva appena 23 anni e stava studiando Giurisprudenza, ma era stato Antonio Ghirelli a intravedere nel giovane Pistilli le doti del giornalista di talento. Ha fatto tutta la carriera in Piazza Indipendenza, da capo del calcio fino a vice direttore e a prima firma del calcio. Per il nostro giornale ha seguito i Mondiali per trent’anni, dal ‘70 al ‘98. Viveva per il suo lavoro e amava il calcio, ma era competente anche di altri sport, la sua grande passione, era il tennis, il campo rosso era il suo regno. Era un trapattoniano convinto, ancora oggi ricordiamo le furenti polemiche con Sacchi, ma nel ‘94, a Boston, quando abbiamo battuto la Nigeria nei supplementari lo abbiamo visto esultare come se sulla panchina azzurra fosse seduto il suo più grande amico. E’ stato per anni il presidente della squadra di calcetto del giornale e così lo chiamavamo al Corriere, “presidente”. Noi giovani di quell’epoca lo abbiamo temuto, stimato e ammirato, ogni suo rimprovero era una moneta d’oro che conserviamo ancora oggi.
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Questo il ricordo di Adalberto Bortolotti, pubblicato su “Il pallone gonfiato”:
I lettori mi scuseranno, spero, se rubo un po’ di spazio alle vicende che giustamente più li appassionano per ricordare qui un caro collega, meglio un amico, un fantastico compagno di strada, che in questi giorni ci ha lasciato.
Il giornalista Giuseppe Pistilli, molisano d’origine, ha svolto tutta la carriera al Corriere dello Sport e gli affezionati cultori di Stadio hanno avuto la fortuna di conoscerlo e automaticamente di apprezzarlo dopo la fusione dei due quotidiani sportivi, quello romano e quello bolognese. Del Corriere è stato vicedirettore, nella memorabile gestione Tosatti, e prima firma del calcio. Aveva una paio d’anni meno di me e quando militavamo sotto diverse bandiere abbiamo condiviso tanti servizi in giro per il mondo, sposando sempre la logica della concorrenza con la più assoluta correttezza. D’altra parte, Peppe era tale signore nei modi e nella sostanza, che tutto gli avresti potuto fare tranne che uno sgarbo.
Ricordo una lontanissima trasferta a Nottingham, unici giornalisti al seguito di una Under 23 azzurra che proponeva come promettente prospetto tale Pietro Anastasi, per dire quanto tempo è passato. Poi erano venuti Mondiali ed Europei, le serate a parlare di calcio, a pendere dalla bocca dei nostri miti dell’epoca, i Brera, i Ghirelli, i Bardelli, sino a poco a poco trovarci, da giovani apprendisti, a nostra volta oggetto di attenzione dalle ultime leve.
Pistilli scriveva con la lucida semplicità del grande giornalista, condita da guizzi di creatività e di sorridente ironia. Era, come molti della nostra generazione, un convinto italianista, sul piano tattico, e la nostra lunga amicizia fu resa più solida dal ritrovarci, in vistosa minoranza, non proprio contagiati dall’adorazione per il sacchismo imperante. Credo, per fare un esempio, che nessuno dei due abbia mai usato il termine “ripartenza”. Vuoi mettere, ci dicevamo, l’elegante immediatezza del vecchio contropiede? Tanto, sempre di quello si tratta e molti credono di cambiare le cose solo cambiando loro il nome.
Amavamo entrambi l’ippica. Una volta, in trasferta a Vienna con la Nazionale, trasmesso al giornale l’articolo della vigilia, mi feci portare da un taxi all’interno del parco del Prater dove mi avevano detto che sorgeva un ippodromo di trotto. Entrato circospetto, la prima persona che vidi fu Peppe, che aveva avuto la stessa idea e stava provando, in un improbabile tedesco, di farsi accettare una scommessa da un bookmaker. In questo campo lui era andato oltre, aveva anche acquistato qualche cavallo perché quel mondo lo affascinava. In una delle nostre ultime telefonate parlammo forse più a lungo della crisi dell’ippica italiana, che delle (presunte) novità del calcio moderno.
Che la terra ti sia lieve, Peppe. La vecchia congrega si assottiglia, però che bei tempi sono stati.
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