Guardialfiera (Cb): la Cantata dell’Epifania



La Cantata dell’€™Epifania a Guardialfiera, e in molti luoghi del Molise e dell’Abruzzo è tornata la sera del 5 gennaio.
Ancor meno che adolescente e pressa poco 70 anni fa, chiedo incuriosito a mio nonno Alessandro (organista in parrocchia) come mai la pastorale, la dolce nenia delle novene di Natale e della Messa di Mezzanotte, venisse suonata anche per le strade, da organetti a mantici, bufù, chitarre e da improvvisati strumenti a percussione, la sera precedente l’Epifania?
Una sorta di dissacrazione, per me, di quella melodia profumata d’incenso e legata alle suggestioni bambine ed al ricordo sonoro del primo presepe in chiesa. E’€™ così che egli mi spiega l’€™origine e la ragione beneaugurale e sacra della “pasquetta”€ che (sempre benedetta), viene cantata la sera del 5 gennaio, sugli usci di familiari ed amici nel paese. Un racconto in quartine, a rima baciata, di storia e di fede. Un linguaggio popolare e contadino capace di far calare il cielo nella esperienza semplice e quotidiana della gente.
Tutta una narrazione affascinante sul cammino dei Re Magi dall’Oriente – guidati dalla stella -€“ alla ricerca d’una grotta mezza sana e mezza rotta, dove giace il Bambinello con il bue e l’asinello.
Episodi canonicamente riassunti dal “€œproprio”€ dell’€™Epifania e presenti ancora nella vigente Liturgia delle Ore: “I magi vanno a Betlem e la stella li guida nella sua luce amica”€. Ed è già, così, la prima piccola Pasqua dell’anno.
Un passare oltre, dunque – secondo il culto divino – dal buiore del peccato e della disobbedienza, alle “luce della Stella, luminosa chiara e bella”€. Alla rivelazione, insomma, nel giorno dell’Epifania, del vero Dio fatto uomo ed incarnato nel Bambino di Betlem.
Una ritmica rustica, ingenua ed efficace, arricchita da chiaroscuri pedagogici e moraleggianti che -€“ assicura il mio nonno -“ ha radici antiche inconsapevolmente tramandate per secoli, come una sorta di patrimonio spirituale, culturale, folklorico, di generazione in generazione.
Lui, insieme a ragazzotti contadini ed a ciurme di apprendisti sarti, barbieri, calzolai – divenuti poi ministranti in chiesa e cantori della Messa e dell’Ufficio Divino€“ hanno imparato la “Pasquetta”€, nella seconda metà del 1800, da Domenico D’Elisijs, amanuense, il Priore della Confraternita del “Sacramento”, il quale soleva far catechesi e soffermarsi sempre, per Natale, sul Cap. 2 del Vangelo di Matteo.
La pastorale e la pasquetta a Guardialfiera, in tre arie diverse, e un po’ storpiata negli ultimi 50 anni, non dissacra, rappresenta anzi un’€™oasi di unità nel travolgente infuriare dei modi nuovi del socializzare e divagare.
Con i Magi, i cantori guardiesi, fanno tuttora avvertire a congiunti e compari, simpatia e vicinanza, attraverso la loro visita e i loro suoni. E, piuttosto che portare doni, essi recano la “Buona Pasqua” in cambio di ingordigie, frittelle, salcicce e buon vinello, tentando di rinnovare così, l’annuncio angelico, intonato sul campo dei pastori.

Vincenzo Di Sabato

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