L’efficienza energetica passa anche per il Green public procurement



Gli appalti pubblici hanno assunto nel tempo dimensioni sempre più rilevanti. Secondo i dati più recenti, nel nostro Paese rappresentano il 17 per cento del Prodotto interno lordo, circa il 14 per cento nella media degli Stati comunitari. Indirizzare questa enorme mole di acquisti verso prodotti e servizi a più basso impatto ambientale equivale a garantire ricadute virtuose in termini di salvaguardia territoriale e a rendere concretamente più incisivo lo sviluppo sostenibile.
Proprio su questa linea si stanno muovendo le pubbliche amministrazioni, orientate anche da normative sempre più attente alla tematica ambientale. Perché un “acquisto verde” costituisce uno straordinario strumento per attuare strategie e politiche di sviluppo sostenibile: privilegiare la scelta di una lampadina a forte risparmio energetico o di un’apparecchiatura dai consumi minimi consente non solo di far bene all’ambiente, alla sicurezza sul lavoro e alla salute dei lavoratori, ma anche di operare risparmi economici e di favorire la diffusione di prodotti più attenti all’ambiente, premiati dal mercato in quanto le pubbliche amministrazioni costituiscono – di fatto – anche una rilevante categoria di consumatori.
Questa materia, cioè l’orientamento degli acquisti delle pubbliche amministrazioni verso beni e servizi “verdi”, è definita “Green public procurement” e costituisce un’importante branca dell’efficientamento energetico, cioè della capacità di ridurre l’energia impiegata nel compiere le stesse azioni.
Un ente amministrativo appaltante, in questo senso, può esigere che nella fase di progettazione di un edificio pubblico vengano previsti consumi particolarmente ridotti di energia, ad esempio collocando lo stabile a vantaggio dell’illuminazione naturale così da ridurre quella artificiale o ponendo gli ascensori in modo da disincentivarne l’uso o ancora utilizzando bioedilizia, materiali naturali e altamente isolanti, pannelli solari, ecc. Analoghe scelte sostenibili possono essere effettuate nella scelta dei prodotti, privilegiando quelli che garantiscono risparmi di energia elettrica e di acqua anche in modo indiretto: generi alimentari a chilometro zero, autoveicoli ecologici, detergenti senza confezione, ecc.
Le pubbliche amministrazioni possono – o meglio, dovrebbero – intervenire in questo, prescrivendo ad esempio le peculiarità dei materiali di base da utilizzare nel corso di una costruzione o imponendo alcune caratteristiche ecologiche per i beni di consumo.
A livello normativo, la spinta al Green public procurement è crescente da diversi anni. Se inizialmente era facoltativo, nuove norme ne hanno sempre più favorito l’applicazione (dal decreto Ronchi del 1997 alla legge 448 del 2001 che hanno previsto l’uso di carta riciclata almeno per il 40 per cento del fabbisogno, fino al decreto ministeriale del 27 marzo 1998 che ha previsto veicoli elettrici, ibridi o a gas nei parchi autoveicolari o al decreto ministeriale 203 dell’8 maggio 2003 con l’invito alle Regioni a varare norme affinché gli enti locali coprano il fabbisogno con prodotti ottenuti da materiale riciclato nella misura non inferiore al 30 per cento).
La normativa in materia è stata poi riassunta nel cosiddetto “Piano d’azione nazionale per gli acquisti pubblici verdi” denominato “Piano d’azione per la sostenibilità dei consumi nel settore della pubblica amministrazione (Pan Gpp)”, aggiornato con decreto ministeriale del 10 aprile 2013 pubblicato nella Gazzetta ufficiale numero 102 del 3 maggio 2013. Da tale piano sono nati i cosiddetti “Cam”, cioè i Criteri ambientali minimi per diversi settori merceologici o servizi. Questi sono divenuti obbligatori con il nuovo Codice degli appalti del 2016, che all’articolo 34 prevede, appunto, l’applicazione dei Cam nelle gare pubbliche.
Il 2016 è stato anche l’anno in cui la Commissione europea ha pubblicato la versione aggiornata della Guida sugli acquisti verdi della pubblica amministrazione, che mira a supportare gli enti nel centrare gli obiettivi programmatici degli acquisti verdi.
L’energia domina i settori individuati, dagli edifici a basso consumo energetico ai computer ad alta efficienza energetica, dai veicoli elettrici, ibridi o a basse emissioni all’energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili.
Le nuove politiche di Green public procurement poggiano su tre principali pilastri:
– l’obbligo di previsione nei bandi di gara dei “Cam”, cioè dei Criteri ambientali minimi per l´acquisto di determinate categorie di beni e servizi. In particolare, è obbligatorio per l’acquisto dei cosiddetti beni “energy-related”, cioè servizi energetici, prodotti elettrici ed elettronici e servizi d’illuminazione, e al 50 per cento per beni appartenenti ad altri settori (es. carta, prodotti per l’igiene, arredi per l’ufficio);
– l’analisi del ciclo di vita dei beni e/o servizi offerti, per la valutazione dei costi;
– le nuove Certificazioni di qualità in materia ambientale.
Il compito di vigilare sull’applicazione dei Cam spetta all’Osservatorio sui contratti pubblici della pubblica amministrazione.
La guida sottolinea poi i benefici per le aziende che si dotino volontariamente di certificazioni ambientali di prodotto, come l’Ecolabel europeo (che premia i prodotti e/o i servizi a migliore impatto ambientale), o di certificazioni ambientali di processo, come il Sistema di gestione ambientale registrato Emas o Iso 14001.
Altro importante riferimento per il Green public procurement è l’Iclei, l’Agenzia internazionale ambientale per le autorità locali, network con 1.227 membri di amministrazioni pubbliche di 70 Paesi fondato nel 1990. Per l’Italia ne fanno parte i Comuni di Ancona, Bologna, Roma, Rosignano Marittimo, San Giuseppe Vesuviano e Vignola, nonché il Coordinamento Agende 21 Locali Italiane.

(Maria Di Saverio)

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