Guardialfiera (Cb): “Cristo si è fermato ad Eboli”



Guardialfiera (Cb): “Cristo si è fermato ad Eboli”

“C’è un tempo che tace oltre quel debole argine di pacifiche chiose che chiudono strofe.
C’è un tempo che sa ascoltare oltre quelle pietre d’amore, che hanno sete di maree stringono alla bocca un letto d’autunno, dove il poeta vuole tornare.
C‘è un tempo muto di suoni e parole che giace soffuso su sponde d’argento.
E’ il tempo che non mente, il tempo eterno della Poesia che in Guardialfiera siede vegliardo su un tramonto di rafia, affacciato nel sorso del lago, per scrutare gli azzardati orizzonti che, come velieri, navigano i moti del cuore”.
Ventottesima giornata Mondiale della Poesia, in Molise, a Guardialfiera, laddove terra e cielo sembrano incontrarsi sul lago in un abbraccio di serafica pace.
Ogni anno è così, sospinti da una strana emozione che ci pervade e ci rende amorevoli “pellegrini” verso Guardialfiera. Sicché, alle prime luci dell’alba, accompagnati dai carezzevoli rumori del nuovo giorno che nasce, veniamo acciuffati già dalla sapiente del Cav. Giuseppe Barra, Direttore Editoriale de “il Saggio”, Presidente del Centro Culturale Studi Storici, studioso e tenace meridionalista.
Il viaggio è quello d’un gruppo di amici, viandanti di “versi “, in cerca di mete. Le meravigliose mete della poesia, che a Guardia, sembrano schiudersi come gemme di primavera, promettendo alle nostre rime, approdi sicuri e donando odor di patria ai moti del cuore che trovano, nella magnifica capitale mondiale della poesia, libertà ed esilio.
Sul pullman, oltre al cav. Barra, c’è l’Assessore Comunale Ennio Ginetti, il quale – con tutti noi – non smetterà di magnificare il Sindaco Cariello, per la vicinanza affettiva ed istituzionale, a tutte le vivacità artistiche e letterarie, sublimate nell’Italia del sud.
Durante il tragitto, aleggiamo in riflessioni, sul nostro ruolo d’ambasciatori della letteratura, di trasmettitori involontari e privilegiati, dell’avventura umana, di due voci fra le più alte e libere del novecento letterario italiano: Francesco Jovine e Carlo Levi autore, quest’ultimo, anche del superbo e fumante ritratto del “suo amico”. . , congiunti fra questi due nomi. Fra due lottatori della libertà: “i poeti della prosa”. Due lirici del riscatto e della commossa mitizzazione del mondo contadino. Legati da due figure che, alla maniera di Silone, son “cristiani senza Chiesa e comunisti senza partito”. Ed essi, misteriosamente, si svelano e s’incrociano sui cieli del Cilento e del Molise perché, in realtà, Vigorelli, Sapegno, Salinari, Savarese ne plasmano d’amicizia e di affabilità. Due romanzieri dallo spiritualismo concreto, dalla religiosità laica e dal nascosto pudore irriducibile cristiano. Due immagini di ribelli idealisti nell’Italia totalitaria e ignorante di 80 anni fa. Come Silone insomma – Carlo Levi e Francesco Jovine – esprimevano gli scomodissimi “puri” del pensiero, ed i mistici fuori dell’ortodossia. Carlo Levi ha titolato “Eboli” il suo romanzo più grande, Francesco Jovine, ancora oggi rappresenta la disadorna limpidezza di Guardialfiera. Egli è l’Omèro inquieto e inquietante, nato per tramandare ai secoli le radici possenti ed il lirismo del suo Molise.
Dopo qualche ora di queste elevate piacevolezze, ecco uno spiraglio di luce che s’affaccia in lontananza. E’ Guardialfiera: si erge materna ed altèra dalle secolari pietre, su cui si compie la storia che nasce e rinasce ogni giorno, donando forza di eterno alla vita.
Ad accoglierci, il sorriso ammiccante di un’uggiosa brezza autunnale e l’elegante stretta al cuore dell’amico di sempre, il caro Vincenzo di Sabato, fondatore del Centro Studi Molise, pioniere ardito di intramontabili manifestazioni di classe.
Incominciano così, in un clima amicale, le celebrazioni della ventottesima giornata mondiale della poesia, istituita dalla sana utopia del Prof. Domenici Simi de’ Burgis, barese al Lido di Venezia, il quale ha affidato”la metrica”, alla protezione degli Angeli Custodi, la cui memoria liturgica ricorre, appunto, il 2 ottobre. Giorno di Angeli e di Poesia. E’ una chiave di violino, insomma, che l’ideatore e patriarca dell’evento mondiale, ha calato per sempre sul pentagramma stellato della storia, persuaso che sia essa la musa ispiratrice di melodie consolanti all’umanità.

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E’ giorno di festa. In Cattedrale don Antonio Antenucci celebra la Messa e, subito dopo si trasloca in Sala “Mons. Conedera” laddove viene siglato il “Patto di Fratellanza” fra tre Regioni e quattro Comuni, avvinghiati da uguali passioni e aspirazioni. Enti e Genti che credono nel futuro della civiltà e della libertà conquistata dai padri, con la dignità e con quella fierezza che ha inizio da lontananze remote; che intendono perpetuare l’opera della storia in un mondo più vasto e moderno, e mantenere legami permanenti tesi a sviluppare – in una migliore reciproca comprensione – il sentimento vivo della fraternità europea. Il dott. Vincenzo Cotugno, Presidente del Consiglio Regionale del Molise; il dott. Maurizio Varriano, colonna de “i Borghi d’eccellenza”; il Cattedratico Francesco D’Episcopo; le tante Autorità religiose, civili, militari, presenziano – in piedi – alla ratifica dell’Atto, siglato dalle Città di Atri, Eboli, Larino e Guardialfiera e acclamano la poesia, ma quella poesia abbeverata di sole, che non conosce distanze e che costruisce ponti di civiltà e di attese fra i popoli.
Segue la sfilata nel labirinto dei vicoli a Piedicastello, in mezzo ad una coltivazione di silenzio, frusciante di rime, vergate da 51 autori venuti d’ogni parte d’Italia. 70 componimenti, tutti incastonati fra nastri e fiori sbocciati dai costoni di rocce cenozoiche, nel delizioso borgo antico. Un cammino romantico attraverso il quale si sgocciola il significato della riflessione e che, poi, si stenderà per dieci giorni a beneficio di cultori e stuoli vivaci di scolaresche. Un omaggio raccolto di rose e di pensieri, viene officiato al rasentare della casupola di Madre Maria Caterina Procaccitto, la Badessa Benedettina guardiese, scoglio di abnegazione e spiritualità ad Eboli durante l’infuriare dell’ultimo sanguinoso conflitto mondiale. E, proprio sotto la sontuosa lapide, deposta lo scorso anno dalle autorità di Eboli e Guardialfiera, volano il 2 ottobre i nostri primi umili versi.
Poi, nel piccolo parco comunale, la posa a dimora dell’albero, sintesi armoniosa del creato: “L’Albero della Poesia”. Con un rituale identico a quello già celebrato 21 marzo ad Eboli fra rappresentanze ebolitane e guardiesi e fra centinaia di scolari che, sulle braccia dell’Albero, hanno appeso ed affidato i loro immacolati messaggi in versi, davvero alla mantra della poesia.
Potenza e tenerezza e bellezza della poesia al pomeriggio, con l’amabilità ed il compiacimento del Senatore Roberto Ruta e l’imbandigione di musica etnica: zampogna del M° Luca Casparro; tamburello e tamorra di Antonello Iannotta. E, …a rapirci l’anima e i sensi: la purezza e la grazia del fanciullo Francesco Scarselli, matesino, campione del Mondo di organetto.
Cavalcata di poesie (ornate da una cromìa di tele), declamate dagli autori o interpretate da Michela Cirella e dall’attrice e danzatrice Filomena Gumina. Rapidi ornamenti critici ed estetici da parte del Saggista Antonio Mucciaccio o dalla Scrittrice Simonetta Tassinari. Ed il senso, poi, e la sensazione d’un “premio” personalizzato conferito ai cantori di Calliope: Una bomboniera, artisticamente involta da testi antichizzati di lirici greci e latini, contenenti tre semi di alloro e l’esortazione: “disSEMIna poesia”.
E, “il Gran Finale!” Per , giunge da “Buona Domenica” (l’intrattenimento televisivo di Canale 5) Monsieur David, istrione intercontinentale, a travolgerci con i “i suoi piedi”, con il suo irresistibile “teatro dei piedi” e con l’efficacia del tema “il Sogno è sempre Poesia”.
E, finalmente, il saluto che non è mai addio. E, come fratelli di semi divelti che attecchiscono le loro radici su semi di alloro, così i poeti allignano e diventano costruttori di convivenze e di pace. E torneranno, perciò, a Guardialfiera a respirare l’aroma dei suoi boschi e specchiarsi nell’azzurro del lago dove la poesia è serva e regina.

(Filomena Domini)


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Qualche riflessione sulla giornata mondiale della poesia

di Lio Fiorentino

Si è svolta lo scorso 2 ottobre, la 28esima giornata mondale della poesia, nel piccolo comune di Guardialfiera (CB), dedicata, quest’anno alla poesia religiosa, pensando a suor Maria Caterina Procaccitto, esempio di preghiera,di abnegazione e di dedizione al prossimo (secondo le regole benedettine).
Forse Papa Francesco la inserirà tra le benefattrici da canonizzare.
Guardialfiera, arroccata nei suoi secoli di sincerità culturale e poetica, diventa il luogo della creatività,della libera espressione dell’animo, la capitale del mondo della Poesia, dove noi poeti ci rechiamo per attingervi e poi spargere semi poetici ed emozioni, in ogni dove.
Anch’ io quest’anno ispirandomi indegnamente a suor Procaccitto mi sono unito ai poeti ebolitani con una mia lirica a lei dedicata, ricordandola con amore semplice e annoverandola tra le suore benedettine che hanno apportato cambiamenti e respiro di apertura alla regola stessa.
Ecco quindi il collegamento: poesia e religione,emozioni e spirito che si uniscono e all’unisono, invocano inni di gioia alla vita.
Ancora una volta la poesia avvicina e non divide, la poesia crea rapporti, relazioni piene di emozioni e di inspiegabili sensazioni.
Mi sembra di tornar alla storia di Peleo e Teti e al loro mito, dove Peleo (umano), simboleggia la tenacia, la costanza dell’uomo che vuole amare a tutti i costi.
Di Teti, la più bella delle Nereidi, dotata di poteri soprannaturali di metamorfosi, si era invaghito Zeus, signore dell’Olimpo, ma quando gli predissero che il figlio che ne sarebbe nato sarebbe diventato più forte e più potente di lui, questi optò per una soluzione più conveniente e. su consiglio di Era, decise di dare Teti in sposa a Peleo, un uomo nobilissimo e conosciuto per le sue doti di buon guerriero. Di qui hanno inizio le tempestose e temerarie vicende di Peleo, volto alla conquista del cuore di Teti. Questi, consigliato dal centauro Chirone, che sapeva del rifiuto possibile di Teti, si nascose dietro ad un cespuglio di mirto con variopinte bacche adagiato su una spiaggia di un isola dove Teti si recava su un delfino per riposarsi. E quando Teti vi sopraggiunse,
Peleo cercò in tutti i modi di avvicinarla per stringerla col suo abbraccio, ma la Nereide, per sfuggire al suo amore, si trasformò prima in fuoco, poi in acqua, in leone ed in serpente. Tuttavia, Peleo, pieno di forza e di caparbietà insistette per conquistarla. E, sebbene ustionato, pieno di ecchimosi e ferito, sporco d’inchiostro, che Teti gli aveva spruzzato trasformandosi in seppia, alla fine la spuntò e riuscì ad avvolgere in un abbraccio di meraviglioso amore, intriso di passione, la bellissima Nereide… Nell’era del pensiero liquido di Bauman tutto è cangiante, tutto è mutevole, tutto è pieno d’inchiostro (di seppia appunto), di confusione e di nebbia.
Il nostro mondo interno trova così ricomposizione attraverso i versi della Poesia e tesa verso la religione.
Nella vita l’aver tenacia, l’aver amore per le proprie passioni e l’aver coraggio portano necessariamente allo sviluppo della creatività, che plasma la parola in Poesia, e la parola che si fa poesia genera la vita. Lio Fiorentino, psicoterapeuta e poeta a tempo perso
Pulsano:
E il monaco papa
costrui’ le strade
del silenzio che in estasi
incontro’ la Madre odigitria
del raccoglimento.
E gli Equizi
della sua famiglia anicia,
Divennero anacoreti e cenobiti
musici del silenzio meditativo
dove nulla accade.
Poi il santo Giovanni da Matera
passato li’ per micaelica strada
Indice della stessa Madre,
ricostruì il tutto dopo
il cluniacense periodo.
Tanti secoli di meditazione
dove ascolti ogni giorno
il silenzio di Dio
che parla…
Poche parole della Lectio divina
e il cuore si rinfranca per secoli
Poi l’austero Giovanni abate anche lui santo,
non si sa come,qui arrivo’
fondo’ i Pulsanesi eremi
dopo abbandonici tempi
dei monaci che nulla chiedono…
Se non ascoltar la Sua Voce
Perché periodo di abbandono? cosa successe?
Vennero I Pulsanesi
Scalzi quindi,
figli del Benedetto
Santo e delle sue regole
e qui rimasero ancora per secoli
Poi nulla più,scomparvero
e al lor posto nessuno.
i Cistercensi i francescani
Domenicani,
E i celestini a custodir i luoghi
della pace immensa furon
Le guide.
E a salir quel diroccato convento
arrivo’ il genio della montagna
A cercar con oli e tele la tanto
Agognata pace.
Scese poi a valle e forse la trovo
‘.

(Lio Fiorentino)

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