Povero Molise



Male il saldo naturale e male anche il saldo migratorio. Cioè più o meno il doppio dei decessi rispetto alle nascite e un numero crescente di persone costrette a fuggire via in cerca di migliore sorte. E’ questo il Molise di oggi, governato da Di Laura Frattura, che somiglia tanto al Molise dell’altro ieri, quando dalla provincia unica di Campobasso s’emigrava in massa all’estero, in Argentina, in Brasile, negli Stati Uniti, in Australia, e poi in Canada, in Svizzera, in Germania, in Belgio, ma anche nelle grandi città italiane, Roma e Napoli in primis.
L’Istat certifica l’inesorabile declino del numero dei residenti, ormai poco al di sopra delle 310mila unità. Situazione simile ad un insignificante Municipio romano, uno dei quindici spicchi in cui è divisa la Capitale.
La piccola regione che beneficia da poco più di cinquant’anni dell’autonomia, che nel 1970 ha avuto in “regalo” la seconda provincia con capoluogo poco al di sopra di 20mila abitanti (numero rimasto pressoché fermo in tutti questi anni), che ha usufruito di un fiume di denaro pubblico tra Cassa per il Mezzogiorno e altri rivoli di fondi nazionali e comunitari, compresi quelli per il terremoto di San Giuliano (e “tanti” Comuni dei dintorni), che ha attratto risorse private provenienti dall’esercito degli emigrati, non è riuscita a pianificare un reale sviluppo collettivo: il benessere è stato per lo più individuale – ovviamente ottimo risultato rispetto alla povertà del passato – ma quei tanti sprechi in piani industriali mai decollati lasciano macerie oggi rese simboliche e visibili dai tanti capannoni vuoti e cadenti. Per non parlare degli uffici pubblici imbottiti all’inverosimile con gente non qualificata (le classihe braccia strappate all’agricoltura), che hanno garantito “posti fissi” e reddito per tante famiglie, ma hanno di fatto spento ogni ambizione alla crescita, all’immagine, alla professionalità.
Il Molise, per molti (soprattutto al di fuori di esso), è principalmente una meteora e un “peso”. Fatto di incertezze, di anacronismi, di tanta rabbia, di promesse mancate, di occasioni perse, di valori sempre più sbiaditi, di una mobilità terzomondista, di beni materiali (e immateriali) di cui diventa difficile sbarazzarsi. Quel poco di buono che è stato prodotto risulta spesso lacerato dall’incompetenza pubblica e dall’invidia sociale. Le poche “eccellenze” sono costrette a trovare altrove terreni più fertili o a “resistere” decontestualizzandosi, evitando apparentamenti, rifiutando le sempre più necessarie sinergie.
E’ il Molise delle eterne sagre dai piccoli contributi pubblici, dei riti consumati, degli egoismi diffusi, delle maestranze, dell’approssimazione. Dell’amore-odio che produce irrequietudine.
A guidare questo carro c’è un governatore, Di Laura Frattura, che ha deluso persino tanti che lo hanno votato. Povero Molise. Aggettivo sempre più letterale.

Peppe Eterno

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