Bangladesh preda di violenze: il racconto di un sacerdote molisano



CHUKNAGAR (BANGLADESH) – Lo scorso 5 gennaio si sono svolte le elezioni politiche in Bangladesh, che sono state precedute e accompagnate da un clima di disordine e di violenze senza precedenti nella sua storia, che comincia nel 1971 con la guerra di liberazione dal Pakistan. Il clima rimane teso anche dopo le elezioni con scioperi ad oltranza e blocchi stradali, che continuano ormai da mesi, causando disagi enormi alla povera gente che vive del lavoro. Grazie a Dio, noi qui a Chuknagar abbiamo potuto trascorrere un Natale sereno, anche se per due o tre giorni abbiamo avuto un nutrito cordone di polizia, ma altrove si sono registrati episodi di violenze con morti, feriti, incendi e saccheggi.
Chi è fuori del Bangladesh non può comprendere questa situazione di anormalità che accompagna tutta la breve storia di questo paese. Il governo, che ha indetto le elezioni, era formato dal maggiore partito politico, che è l’Awami League, sostenuto da altri partiti minori. Il premier è una donna, Hashina, figlia di Mujibur Rahaman, padre della patria, assassinato in un colpo di stato nel 1975. L’Awami League è un partito di ispirazione laica e quindi aperto alle altre realtà presenti nel paese. Per tradizione è legato all’India, che aveva sostenuto il Bangladesh nella lotta di indipendenza dal Pakistan.
Il maggior partito all’opposizione è il BNP (Bangladesh National party), capeggiato anch’esso da una donna, Kaleda Zia, vedova di Ziaur Rahaman, fondatore del BNP, un militare andato al potere nel 1976 in un colpo di stato e assassinato, a sua volta in un colpo di stato nel 1982.
La scena politica degli ultimi decenni è dominata da queste due figure di donne che si alternano al potere.
Il BNP è per tradizione alleato al Jamaat-e-Islami, che è un partito fondamentalista islamico, alleato a suo tempo al Pakistan nella guerra di liberazione e ancora adesso strettamente legato al Pakistan e ai paesi arabi da cui viene finanziato. Il Jamat-e-Islami è stato recentemente messo fuori legge per la sua attitudine alla violenza. La rabbia è esplosa negli ultimi mesi da quando un tribunale speciale ha condannato a morte alcuni esponenti del suo partito, che nel 1971 si erano macchiati di crimini di guerra. Da allora, in continuità, hanno invaso le strade quasi in ogni parte del paese, bruciando e saccheggiando perché la sentenza di morte non venisse applicata. Ma lo scorso 16 dicembre, che in Bangladesh viene ricordato come il giorno della vittoria sul Pakistan, c’è stata l’esecuzione capitale per impiccagione di Quader Mollah, uno dei maggiori criminali. Da allora in poi le violenze non hanno avuto più tregua e si sono rivolte soprattutto contro le minoranze Hindu e Cristiane, ree di appoggiare l’Awami League.
Poi ci sono state le elezioni a senso unico, boicottate dai partiti all’opposizione, che volevano che le elezioni si svolgessero sotto un governo provvisorio, formato da esponenti di tutti i partiti, che garantisse la libera partecipazione alle elezioni. L’Awami League invece ha sostenuto che le elezioni debbano svolgersi secondo la costituzione, che prevede lo svolgimento sotto l’egida del governo al potere. C’è stata una lunga trattativa, ma le parti sono rimaste fisse sulle loro posizioni. Così il 5 gennaio ci sono state le elezioni con percentuale di partecipazione molto bassa, anche perché in tanti posti ci sono state minacce e violenze contro chi andava a votare.
Si è creato così uno scenario, che rispecchia a più di 40 anni di distanza quello della guerra del ’71. Come allora, l’Awami League si fa forte dell’appoggio dell’India, la quale non ha nessun interesse a vedersi stretta da due stati islamici, cosa che accadrebbe se il BNP andasse al potere con l’appoggio del Jamaat-e-Islami. D’altra parte l’America e l’Occidente in genere, che non vogliono rompere con il Pakistan, sembrano parteggiare per il BNP. Da parte nostra e con noi tutte le minoranze da sempre siamo con l’Awami League, che è un partito laico e garantisce le libertà fondamentali. In questa situazione chi ci va di mezzo è sempre la povera gente, perché da mesi ormai il paese è paralizzato da scioperi, blocchi stradali, assalti diurni e notturni. C’è un diffuso senso di paura. Sembra di trovarsi in un vicolo cieco e non si sa che sbocco possa avere il bel tutto. Noi speriamo, speriamo e crediamo che alla fine prevalga il buon senso e si ritorni ad un clima di serenitè e di reciproco rispetto.

Padre Antonio Germano Das, sx (originario di Duronia-CB)

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