Roma, pietra per Gesmundo, il professore partigiano



ROMA – La Sezione Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia) “don Pietro Pappagallo” “Esquilino-Monti-Celio” parteciperà alla cerimonia di collocazione della pietra d’inciampo, creata dall’artista Gunter Demnig, in memoria del professor Gioacchino Gesmundo, amico di don Pietro con cui condivideva le comuni origini pugliesi e insegnante presso il liceo Cavour del rione Monti di Roma.
Arrestato il 28 gennaio del 1944, dopo delazione, venne condotto in Via Tasso dove rimarrà per quaranta giorni, in cui resistette in maniera eroica alle terribili torture dei nazisti di Kappler e Priebke. Fu ucciso alle Fosse Ardeatine.
La pietra d’inciampo verrà posta in via Licia 56, il giorno lunedi 14 gennaio 2013 alle ore 16.30 davanti a quella che era la sua casa, e che durante l’occupazione tedesca ospitò dapprima la redazione clandestina del giornale l’Unità e successivamente l’arsenale dei GAP romani ai quali aderiva.
L’iniziativa è nell’ambito della IV edizione di Memorie di inciampo a Roma, iniziativa sotto l’alto patronato della Presidenza della Repubblica.
A seguire, un breve reading tratto dallo spettacolo “Quelli dell’Alberone” di Massimiliano Coccia, musiche Valentina Lupi, con Antonio De Matteo.
Il progetto è a cura di Adachiara Zevi. L’organizzazione è a cura dell’ Associazione Arteinmemoria.
Gioacchino Gesmundo. Medaglia d’oro al valor militare: «Comandante, in territorio occupato dal nemico, di una zona clandestina insurrezionale ed in seguito responsabile di importante ufficio di controspionaggio, esplicava preziosa attività organizzativa e partecipava a numerose azioni di sabotaggio che incidevano sensibilmente sullo spirito e sulla efficienza delle unità nazifasciste. Orientava ogni sua attività al potenziamento degli organi preposti alla guerra partigiana, sfidando costantemente ogni insidia e pericolo. Catturato dalle SS. fasciste e tedesche durante l’esercizio del suo incarico, venne sottoposto per un mese intero ad inenarrabili torture, stoicamente sopportate a tutela del segreto militare e politico che custodiva. Condannato dal tribunale di guerra tedesco alla pena di morte, con la fermezza degli Eroi affrontava la morte alle Fosse Ardeatine tramandando ai posteri fulgida prova di fede nella dura lotta per la conquista della libertà».

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