Primo maggio, concerto di San Giovanni: le proteste dei residenti del quartiere



ROMA – Sessanta persone arrestate, cinquantatre giovani segnalati e venti denunciati. E’ il bilancio del 2012 dell’operazione di controllo dei carabinieri in occasione del concerto del primo maggio a San Giovanni in Laterano. La punta di un iceberg del clima in cui viene “abbandonata” la zona di San Giovanni per l’appuntamento musicale del primo maggio: borseggi (quattro arrestati), rapine (tre), furti (cinque), resistenza a pubblico ufficiale (uno). Poi un lungo elenco di persone che si sentono male, sdraiate per terra, intente a vomitare (o peggio).
Tralasciando le discussioni e le polemiche – quasi sempre rituali – che accompagnano i costi (in carico al Comune, cioè a tutti noi), le presenze o la stessa opportunità di rinnovare questa kermesse, ci soffermiamo invece, sollecitati da molti lettori, sull’idoneità di un luogo, San Giovanni appunto, da tempo già messo a dura prova da tanti cantieri, da quelli per la costruzione della metropolitana a quelli per i “famigerati” Pup, cioè i box interrati (una trentina previsti nel IX Municipio). Una zona, insomma, sempre meno idonea per raduni che includono l’arrivo di decine di migliaia di persone (spesso “motorizzate”) da tutta Italia.
15 GIORNI DI “ASSEDIO” – In realtà la pressione su San Giovanni non si limita alla giornata del primo maggio. Prima e dopo, per giorni, ci sono le rumorose e altamente impattanti operazioni per costruire e smontare il palco. Spesso da parte, ironia della sorte, di operai precari. I resti dei pasti preparati dalla rosticceria “Papero giallo” di via Taranto sono ben visibili in piazza, cartoni compresi. E non è un bello spettacolo.
I romani abituati a fermarsi nello spazio antistante la basilica, ad esempio per leggere un libro o un giornale, ma anche per portare il cane a passeggio, sono costretti a rinunciare alle proprie abitudini e a trasferirsi altrove. Si tratta per lo più di anziani.
Le lamentele giungono anche dai tanti che utilizzano il benzinaio “vaticano” attiguo alla basilica, il cui ordinario accesso viene chiuso a causa del cantiere. Non va meglio ai turisti, costretti a mille slalom per raggiungere la basilica.
Il contorno è rappresentato dal via-vai dei camion, alcuni enormi, e dei muletti. E dall’impatto acustico provocato anche dalle prove musicali dei giorni precedenti.
I PARADOSSI DELLA KERMESSE – Mentre i sindacati richiamano i valori del lavoro, in un confronto kafkiano c’è una piazza composta da tanti presenti e futuri disoccupati. Mentre la politica – da che pulpito – invita alla legalità, in piazza la vendita di bevande è per lo più “a nero”. Mentre da una parte ci sono pezzi intramontabili della “Casta”, dagli stessi sindacalisti ad alcuni sponsors (non sempre etici), dagli “artisti” superpagati agli addetti stampa di società esterne che lavorano anche per multinazionali e ministeri, dall’altra ci sono tanti giovani che ripongono nei loro sogni proprio l’abbattimento di quel mondo. Insomma, questo spettacolo assomiglia sempre più ad uno show da prima serata (non a caso ripreso dalla Rai), mentre in tutta Italia fioriscono iniziative alternative che nascono realmente “dal basso”. Non avendo quindi bisogno delle scenografiche basiliche di San Giovanni per imporre il proprio “prodotto”.
LE MACERIE DI UNA GIORNATA – Le “tracce” del primo maggio rimangono in zona per giorni. I pezzettini di vetro delle migliaia di bottiglie frantumate, ad esempio, difficili da asportare anche con gli aspiratori ad aria. Restano non solo nell’area verde antistante la basilica, ma anche nel parco giochi dei bambini in via Carlo Felice o in piazza dei Re di Roma. Così le scritte sui muri e altri “segni” della giornata di “ordinaria follia”.
Non si tratta di moralismo o perbenismo, ci mancherebbe altro. E’ soltanto l’invito a spostare in sito più idoneo questo “caravanserraglio”. De Magistris ha proposto Napoli. Ben venga.

(Antonella Cifelli)

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