Anziani e società: una ricerca sul Molise



Anziani e società: una ricerca sul Molise

Lo studio che segue, a cura di Umberto Berardo e Cosimo Dentizzi, già pubblicato nell’ottobre 1998 sul quaderno della solidarietà “Camminare Insieme” della Caritas diocesana di Trivento (Cb) e successivamente nel mensile “La vianova”, è stato ora aggiornato nell’analisi e nei dati. Lo riportiamo di seguito nella sua interezza.
Nella nostra società l’uomo vive sicuramente più a lungo che in passato; basti pensare, infatti, che in duemila anni la durata media della vita è passata dai trenta a circa ottant’anni.
Secondo stime del 2011 per le donne la vita media è di 84,5 anni, mentre gli uomini è di 79,4.
In Italia attualmente ci sono 4.000 anziani che ne hanno superato cento.
Questo allungamento dell’esistenza, dovuto prevalentemente alla sconfitta di molte malattie ed al miglioramento dell’igiene e dell’alimentazione, va seguito dalla società con attenzione perché possa avere aspetti positivi per gli anziani.
L’invecchiamento o senescenza non ha una precisa età e varia, come è facilmente comprensibile, a seconda degli individui, della società di appartenenza e delle particolari condizioni di vita.
Possiamo, comunque, dire che una persona raggiunge la vecchiaia quando alcuni elementi fisici, psichici e sociali contribuiscono a produrre quel declino che rende l’anziano privo di autonomia e di ruoli nella società, determinando in lui una notevole crisi esistenziale.
L’appannamento delle forze psicofisiche, le malattie, l’allontanamento dal lavoro, l’assoluta insufficienza della pensione con cui è costretto a vivere, la dipendenza dagli altri per i più elementari problemi esistenziali, sono sicuramente tra i fattori più importanti del processo di invecchiamento della popolazione che definiamo come “terza età”.
Quando, poi, l’esistenza perde anche le forme più elementari di autonomia, come la deambulazione o l’auto alimentazione, si vive quella che potremmo definire la “quarta età”.
La popolazione del Molise, in continuo calo dagli anni ‘50, vede anche un progressivo invecchiamento della stessa al punto che la nostra regione ha un indice di invecchiamento molto alto tra le regioni italiane con 174 anziani per ogni 100 persone fino a 14 anni, a fronte di una media nazionale di 144.
Secondo le proiezioni Istat in Molise tale valore passerà dal 148,42 del 2001 al 309,8 del 2050.
Su tale questione facciamo riferimento alla scheda sociografica sulla diocesi di Trivento a cura del Centro Ricerche Sociali.
Nelle relative tabelle n. 2 e 4 si può vedere come il calo demografico della diocesi assuma gli aspetti di una vera e propria frana, perché, se escludiamo il comune di Trivento, in tutti gli altri la popolazione è diminuita in percentuali che vanno da -31,46% di Celenza sul Trigno a -76,59% di Molise.
Se analizziamo, poi, le tabelle relative alla popolazione residente della diocesi di Trivento per classi di età e per comune, possiamo leggervi con chiarezza il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione.
Il 24,5% di essa è costituito da anziani con più di 65 anni, contro il 16,5% del Molise ed il 14,8% dell’Italia.
I comuni col maggior tasso di invecchiamento risultano essere Castelverrino, Duronia, Pietracupa e Sant’Elena Sannita.
In qualche comune, come Duronia, la percentuale della popolazione ultrasessantacinquenne tocca addirittura il 39,07%.
Questi dati evidenziano il forte aumento del numero degli anziani nel Molise, soprattutto nei piccoli comuni montani delle aree interne, dove tale situazione è stata determinata dalla forte emigrazione, dalla mancanza di programmazione e di iniziativa economica e dal forte calo delle nascite.
In una indagine dell’ufficio regionale dell’Istat risulta che l’80% degli anziani è privo di qualsiasi titolo di studio, il 69% vive in coppia, mentre il 31% è senza coniuge; il 34%, pur godendo di assistenza, vive distante dai figli o dai parenti.
Un problema che affligge molti anziani è quello della povertà, il cui indice tra gli anziani supera il 13% in Italia, mentre nel Mezzogiorno arriva anche al 25% per gli ultra sessantacinquenni ed è in continuo aumento soprattutto in questo periodo di forte recessione economica.
Va detto a tale proposito che, nel sistema generale delle pensioni relativo al 2011, in base ai dati INPS, su un totale di 5.269.493 pensioni di vecchiaia (il dato si riferisce al numero delle prestazioni), circa il 52% ha un importo inferiore ai 500 euro mensili. Relativamente invece alle pensioni di anzianità, più del 30% delle prestazioni non supera la soglia dei 900 euro.
L’importo medio della pensione di vecchiaia in Molise nel 2011 era di € 599,00.
Dati recenti del Sole24Ore ci dicono che attualmente in Molise i 93.000 pensionati sono i più poveri d’Italia con una media di 12.160 euro l’anno.
La maggiore spesa per gli anziani è del 47,8% per l’abitazione e l’energia e del 21,3% per l’alimentazione.
Inutilmente da anni la Caritas diocesana di Trivento chiede per i pensionati al minimo almeno la defiscalizzazione per le spese energetiche e da riscaldamento.
Anche le condizioni di salute degli anziani molisani sono peggiori della media nazionale; solo un terzo degli anziani (34,7%), infatti, dichiara di stare bene, mentre quelli che affermano di vivere in cattive condizioni di salute rappresentano il 20%.
Le malattie si presentano più frequentemente in forma cronica (79% dei casi, infatti, sono patologie non acute); una malattia è spesso accompagnata da altre forme morbose e le più frequenti sono le malattie degenerative (neurologiche, osteoarticolari, degli organi di senso) associate all’invecchiamento, le affezioni cardiorespiratorie, le patologie tumorali, le malattie cerebrovascolari, le forme di demenza.
Le caratteristiche principali di tali malattie sono la cronicità e la frequente associazione con la disabilità, causa della perdita di autonomia personale o non autosufficienza; perciò le risposte da dare agli anziani non autosufficienti devono costituire una priorità assoluta all’interno di un progetto per la tutela della salute degli ultrasessantacinquenni.
Passando in rapida rassegna le condizioni prevalenti di bisogno degli anziani molisani rispetto alla salute possiamo evidenziare: la mancanza diffusa della possibilità di differenziare e personalizzare le strategie di intervento e, per riflesso, un eccesso di ospedalizzazioni improprie; la mancanza totale di strutture semiresidenziali; la grave mancanza di strutture residenziali, sanitarie ed assistenziali nelle quali ospitare persone non più in grado di permanere nella propria abitazione ma non necessitanti di ricovero ospedaliero, pur avendo bisogno di trattamenti sanitari continuativi, specie riabilitativi, e di assistenza sociale; la mancanza di una adeguata assistenza domiciliare rivolta anche a situazioni di malattia e di non autosufficienza.
L’Azienda Sanitaria Regionale Molise ha un unico reparto di geriatria presso l’ospedale Cardarelli nel capoluogo di regione.
Se si esclude la RSA di Larino, tutte le altre strutture di accoglienza per gli anziani, come le tredici cooperative per l’assistenza domiciliare sono tutte organizzazioni private.
Su una popolazione di oltre 70.000 anziani, nel Molise al 2011 avevamo 46 strutture residenziali, rispettivamente 26 in provincia di Campobasso e 18 in quella di Isernia che accoglievano circa 1500 anziani.
L’attivazione del telesoccorso non ha avuto fin qui esito positivo se non in qualche realtà territoriale molto limitata, mentre nella provincia di Isernia è stato attivato un taxi della solidarietà per il trasporto gratuito di disabili ed anziani presso le strutture ospedaliere.
Tra gli anziani molisani il 70% dichiara di essere cattolico praticante, ma è un dato troppo generale per poter analizzare la partecipazione alla vita parrocchiale.
Il tempo libero viene trascorso prevalentemente seguendo la radio o la televisione, ma sono in crescita gli anziani che si dedicano alla lettura o si cercano degli hobbies.
Se questa tendenza all’invecchiamento dovesse confermarsi, come sembra inevitabile, il Molise è destinato a conquistare il primato di regione “più anziana” dell’Italia.
Gli studiosi del Centro Ricerche Sociali, nello studio citato, arrivano a conclusioni ancora più negative e scrivono “Tali fenomeni demografici, spopolamento e invecchiamento, acuiscono e accelerano il calo della popolazione.
Molti paesi, data la mancanza di ricambio generazionale, rischiano di scomparire (secondo le proiezioni, se si continua con lo stesso andamento, nel 2040, nella migliore delle ipotesi, tali paesi dovrebbero scomparire)”.
La condizione di vita degli anziani nel Molise presenta aspetti preoccupanti, ormai di vecchia data, insieme a qualche segnale positivo di cambiamento.
Dal secondo dopoguerra fino alla fine degli anni settanta sicuramente nel Molise si è fatto molto poco per gli anziani.
Inizialmente l’unica forma di assistenza alternativa a quella familiare era unicamente il famigerato “ospizio”, da molti sentito come una vera e propria “anticamera della morte”.
Verso la fine degli anni sessanta alcune strutture ecclesiali, come le parrocchie, e dei privati hanno fatto sorgere in taluni centri delle case di riposo che, per quanto più accoglienti degli ospizi, restano in generale sicuramente un luogo di forte emarginazione.
Qualche comune, come quello di Capracotta, iniziava un’esperienza piuttosto interessante, di assistenza domiciliare integrata.
La Caritas diocesana di Trivento si è impegnata in passato per orientare gli obiettori di coscienza al servizio militare in un’opera capace di migliorare le condizioni di vita dell’anziano ed oggi ha diversi volontari che con le loro associazioni lavorano in tale direzione.
Sono, queste, forme di intervento apprezzabili, ma che ci sembrano francamente insufficienti, isolate e, comunque, troppo limitate.
L’attenzione per la terza età, almeno sul piano formale, ha visto un momento importante nel 1982, proclamato a livello mondiale, “anno internazionale degli anziani”.
Nel 1987 la regione Molise decideva di affidare alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma una ricerca Sulla condizione degli anziani nel Molise.
Nel 1988 ad Isernia veniva avviato, in un convegno regionale, il progetto di ricerca per le persone anziane “active aging” (vecchiaia operosa), i cui risultati sono stati, poi, pubblicati nello stesso anno.
La Regione Molise il 2 maggio 1990 ha varato la legge n. 21 per “interventi in favore delle persone anziane”.
Nonostante nelle finalità, all’articolo 1, si dica testualmente che la “Regione promuove e sostiene iniziative dirette a rivalutare la persona anziana nel contesto familiare e sociale ed a prevenire le alterazioni psicofisiche”, in realtà, poi, tutta la legge sembra interessarsi più delle forme strettamente assistenziali che non della ricerca ed enunciazione di sistemi in grado di ridare agli anziani un ruolo sociale nell’ambiente in cui vivono.
Nel 2004 il Consiglio Regionale del Molise approva il primo Piano Socio Assistenziale Regionale, che prevede la suddivisione del territorio regionale in ambiti territoriali. Tale necessità deriva dal carattere multidimensionale dei bisogni che richiede un approccio globale ed integrato. Attualmente gli ambiti territoriali sono sette e corrispondono ai distretti sanitari. Ogni ambito territoriale approva il suo Piano di Interventi e di Servizi, ma, vista la carenza di fondi, esso spesso non è altro che una promulgazione di desideri; per la popolazione anziana, infatti, non si va oltre l’erogazione del servizio di assistenza domiciliare che nel corso degli anni è diminuito sia per numero di utenti che per le ore erogate.
Tra l’altro ricordiamo che l’assistenza è gratuita solo per chi ha una pensione minima, mentre gli altri sono tenuti a pagare ai Comuni un contributo proporzionale al reddito.
I servizi erogati dagli ambiti territoriali dei Piani Sociali di Zona dovrebbero integrarsi con quelli sanitari forniti dalla ASReM, ma l’integrazione avanza con grosse difficoltà.
Gli ultimi Piani Sanitari Regionali prevedono l’istituzione all’interno dei Distretti Sanitari di Unità Operative dedicate alla assistenza degli anziani, alle cure domiciliari, alla residenzialità, ma finora sono rimaste solo sulla carta.
Si prevede, inoltre, l’istituzione di residenze sanitarie assistite, strutture intermedie tra l’assistenza domiciliare ed il ricovero ospedaliero.
L’idea può essere utile per l’assistenza degli anziani non autosufficienti, solo a condizione che tali residenze sanitarie non siamo molto grandi e siano il più possibile diffuse sul territorio regionale.
Ci rendiamo conto che la diffusione sul territorio di tali strutture presenta dei costi elevati, ma ci sembra l’unico modo per mantenere anche all’anziano che vive la “quarta età” un livello accettabile di socializzazione e di relazioni con l’ambiente di vita.
Gli interventi, come si vede, vanno sempre nella direzione di una logica assistenziale, mentre, invertendo rotta, bisognerebbe cercare di ridare all’anziano un ruolo sociale, cercandogli occupazioni che lo facciano sentire utile per la società in cui vive.
Finalità precipua dell’assistenza all’anziano deve essere, dunque, il mantenimento del miglior livello di qualità di vita possibile in rapporto alle condizioni di salute psicofisica.
Per raggiungere tale obiettivo è necessaria una strategia operativa che comprenda: la prevenzione, tesa ad eliminare i fattori capaci di incidere negativamente sulla salute di una persona; la cura delle malattie; la riabilitazione; l’ottimizzazione dell’intervento globale.
E’ allora fondamentale un approccio unitario ed integrato alla persona, che individui le diverse componenti della compromissione e consenta la formazione di programmi di intervento individualizzati e continuativi.
L’obiettivo principale dei programmi deve essere quello di provvedere agli anziani mantenendoli all’interno della propria famiglia o della propria abitazione. Per coerenza, dunque, l’accoglimento in residenze o in altre soluzioni istituzionalizzate va considerato come ultima soluzione.
Integrazione, flessibilità e continuità sono le caratteristiche qualificanti dei servizi a favore degli anziani in modo da assicurare globalità ed articolazione dell’intervento.
Servizi organizzati a blocchi separati o a piramide non risponderebbero sufficientemente bene a queste esigenze quanto servizi organizzati a “rete”.
Il Comune, l’Azienda Sanitaria, il volontariato, le cooperative di servizio sociale costituiscono i nodi della rete: modalità di intervento, criteri di valutazione, raccordi informativi, piani di lavoro costruiti in collaborazione ne costituiscono le connessioni.
Il distretto socio-sanitario di base, con la presenza al suo interno di una Unità Operativa dedicata alle persone fragili, può divenire la struttura depurata alla funzione di governo della rete dei servizi, in definitiva una funzione di programmazione generale e di coordinamento.
Assistenza economica ed abitativa, aiuto domestico, assistenza domiciliare sanitaria, ospedalizzazione domiciliare, centri di aggregazione e centri diurni gestiti dagli enti o autogestiti, residenze protette possono costituire altrettanti momenti di una rete di servizi che offra risposte differenziate in rapporto alle esigenze degli utenti ed integrate in un progetto di intervento unitario.
Anzitutto in paesi di piccole dimensioni e dispersi sul territorio, come quelli del centro e alto Molise, non si può pensare ad una seria organizzazione di servizi per gli anziani prescindendo da un discorso consociativo tra i Comuni, premiando con finanziamenti aggiuntivi quelli che tentano di realizzarlo.
La Regione ed i Comuni, poi, devono pensare necessariamente, per chi vuole dedicarsi al servizio di assistenza agli anziani, a seri corsi periodici di formazione ed aggiornamento, tenuti da psicologi e geriatri che mettano gli operatori in grado di avere con gli assistiti un rapporto legato a principi scientifici e diano loro la capacità di organizzare attività di tipo culturale ricreativo per migliorare la qualità della vita degli anziani stessi.
Fuori da un’ottica di efficienza produttivistica, è necessario vedere la questione della terza età nel quadro più generale del rispetto per la vita in ogni sua fase.
Se l’obiettivo primario è, dunque, come dicevamo, la qualità della vita, bisogna lavorare, a livello legislativo, amministrativo, culturale, educativo, perché la persona abbia, soprattutto nell’ultima fase della sua esistenza, la salute fisica e mentale, un’accettabile condizione socio-economica ed un ambiente sano ed accogliente; per questo è necessario promuovere istituzioni, programmi, centri ed attività, non solo di tipo assistenziale, ma anche di carattere educativo, ricreativo e culturale in grado di preparare e qualificare le persone anziane a svolgere nuovi e più specifici ruoli nella società in cui vivono.
Ci pare che alcuni punti fermi per andare incontro ai bisogni della terza età siano quelli di evitare anzitutto che l’assistenza all’anziano continui ad essere un grosso business; si tratta, poi, di eliminare le case di riposo, o almeno ridimensionarne il ruolo, perché esse, comunque, segnano l’allontanamento dell’anziano dal suo ambiente, dalla sua casa, dagli affetti e dalla sua identità.
Ha ragione Luce D’Eramo nel suo romanzo “Ultima luna” a definire le case geriatriche luoghi in cui vengono rinchiusi e segregati fino alla morte “tutti i vecchi attruppati a pagamento in quelle aree di parcheggio dai nomi promettenti”.
Anche in una recente indagine condotta in Umbria i giudizi degli anziani sulle case di ricovero risultano totalmente negativi.
Sul piano sociale e politico-amministrativo riteniamo si debba intervenire prioritariamente per una efficace organizzazione del territorio e per creare strutture edilizie adeguate.
La nascita di spazi attrezzati per la terza età, come, ad esempio, giardini con panchine comode e tavoli, centri sociali o circoli ricreativi con sale per lettura, il gioco o la proiezione di film, rappresenta sicuramente un primo passo importante per evitare l’isolamento e stimolare l’aggregazione tra gli anziani.
In questa direzione un ruolo importante hanno le associazioni di volontariato che, in collaborazione con il personale adibito all’assistenza, possono, ad esempio, organizzare gite, escursioni, passeggiate ed esperienze di animazione musicale.
E’ urgente, poi, secondo noi, che la Regione faciliti, con aiuti economici, quegli anziani che vogliono ristrutturare le proprie abitazioni, eliminando delle barriere architettoniche, come ad esempio le scale, o munendole di servizi, come ad esempio l’impianto di riscaldamento.
Una seria attenzione per gli anziani non può prescindere, poi, secondo noi, dalla creazione sul territorio di efficienti strutture mediche ed infermieristiche, soprattutto a livello di piccoli centri interni, dove spesso manca anche la guardia medica in loco.
Avere il riferimento costante di un medico o di un infermiere per un anziano diventa importante, soprattutto sul piano della tranquillità psicologica.
Una decisione che va presa con ogni sollecitudine, vista l’incidenza della malattia di Alzheimer, ci sembra l’istituzione di moduli dedicati all’assistenza di pazienti con demenza all’interno delle RSA, per evitare non solo che un anziano malato del morbo di Alzheimer, ad esempio, sia ricoverato impropriamente presso i reparti di psichiatria, dove sicuramente vivrebbe in una situazione di grande difficoltà psichica, ma anche per fornire loro prestazioni qualificate.
In relazione all’assistenza sanitaria ed alla funzione di altri servizi sociali, si deve studiare un sistema di trasporto, interno ai Comuni e da questi verso il capoluogo di provincia, più aderente alle necessità degli anziani, anche attraverso la creazione di un eliporto almeno presso gli ospedali provinciali per i ricoveri urgenti ed immediati, soprattutto nella stagione invernale, quando la neve crea seri problemi di collegamento.
Un invito pressante va rivolto, poi, alle associazioni sindacali perché si crei sul territorio regionale una rete ramificata di servizi di consulenza e disbrigo di pratiche varie. A tale proposito è auspicabile un rapporto sempre più stretto tra i servizi comunali di assistenza domiciliare agli anziani e gli enti di patronato per la soluzione di tutti quei problemi burocratici che si presentano nel corso dell’anno (compilazione e spedizione del 740, pagamento imposte, ecc.).
Abbiamo delineato sin qui taluni elementi che a nostro avviso caratterizzano l’esistenza di un anziano e certo tra questi vi è la solitudine.
Quando gli anziani vivono in condizione di isolamento sono depressi, hanno la sensazione di sentirsi inutili, vuoti, inariditi, hanno poco interesse per ciò che li circonda, appaiono chiusi e annoiati, sono scontenti anche per ciò che viene loro offerto e mostrano scarsa capacità di trarre piacere da qualsiasi attività; spesso rinunciano a vivere perfino i propri sentimenti e i propri stati d’animo. Se non vengono stimolati, tendono a regredire ad una condizione di passività e di mancanza di autonomia, a rinchiudersi in se stessi ed a rinunciare a vivere le proprie emozioni.
L’isolamento, la depressione, l’abbattimento, il venir meno della speranza e il disinteresse per percorsi di vita che di solito danno gioia sono sicuramente tra le cause più diffuse della solitudine degli anziani, ma non v’è dubbio che l’elemento scatenante di tale condizione è l’assenza, la riduzione o la rarefazione delle relazioni familiari e la scomparsa progressiva dei rapporti di amicizia e di vicinato.
Ovviamente la condizione di solitudine ha connotati diversi a seconda che si viva in un istituto o nella propria abitazione.
La sensazione di inutilità e di non essere desiderati è causa, come si vede, di gravi problemi di ordine psichico, che possono essere superati solo cercando di ridare fiducia nella vita a chi vive in tale situazione.
Gli antidoti alla solitudine si chiamano anzitutto compagnia, considerazione, affetto.
Nel vasto universo della popolazione anziana esistono persone in condizioni fisiche e psichiche di disagio estremo ed altre autosufficienti ed attive.
A tutti si tratta di dare condizioni di vita dignitose sul piano umano e sociale e ruoli possibili in relazione alle capacità ed alle forze disponibili.
Quali sono le vie per realizzare un tale disegno sul piano esistenziale?
L’anziano potrebbe organizzare il servizio di sorveglianza davanti alle scuole, come già viene fatto presso amministrazioni comunali di altre regioni, per impedire incidenti ed evitare o ridurre il traffico della droga, che anche da noi sta diventando un problema serio.
Quelli più efficienti potrebbero essere impegnati, in maniera singola o associata, nell’organizzazione, direzione e gestione dei servizi per la terza età o di centri ricreativi, sociali e culturali.
Anche nelle strutture ecclesiali potrebbero dare un apporto di grande utilità nella catechesi, nell’amministrazione economica delle parrocchie e nella preparazione dei riti religiosi.
Gli anziani, poi, possono essere facilmente inseriti in attività di volontariato per la difesa dell’ambiente nel quartiere ed in commissioni o comitati per l’organizzazione di festività civili o religiose.
Di grande rilievo ci sembra l’inserimento dell’anziano in attività di animazione musicale, articolata su diversi livelli: ascolto, ballo, canto. Questo permette non solo di stare insieme agli altri e di divertirsi, ma anche di recuperare il patrimonio personale e collettivo attraverso la musica e le canzoni del passato, perché queste consentono di riprovare dentro di sé le emozioni vissute in gioventù e che sono state tanta parte della propria vita.
Un ruolo di grande rilievo, tuttavia, l’anziano può averlo inserendosi, insieme ai giovani, in attività culturali tendenti al recupero ed alla valorizzazione delle tradizioni locali e dei dialetti. La lingua, le tradizioni, gli usi, i costumi e le vicende storiche sono aspetti fondamentali della cultura di un popolo. Chi può aiutarci a recuperarle, se non quelli che, affondando nel ricordo, riescono a far rivivere il passato?
Utili appaiono anche corsi di alfabetizzazione informatica che i giovani potrebbero tenere ritessendo in tal modo relazioni intergenerazionali importantissime.
Ci sembra di grande interesse, infine, sottolineare l’importanza di riunioni periodiche tra gli anziani, anche di comunità e paesi diversi, per discutere, insieme ai giovani, della vita e dei suoi valori, perché siamo convinti che spesso la loro sapienza abbia tante cose da dire.
Sia chiara una cosa, però.
Una qualità di vita significativa ed ottimale si può raggiungere per ogni anziano solo se sarà lui stesso a cercarla con una volontà ottimistica di dare un senso attivo continuo ai propri giorni.
Un grande teologo in un recente volume scrive testualmente che “… una vita dotata di bellezza e razionalità … ha bisogno della consapevolezza che la vita stessa esiste solo se è un processo ancora in atto”.
Nulla può fare più paura, credeteci, neppure la malattia o la morte quanto la mancanza di senso della propria esistenza.
Questa allora bisogna cercare sempre.
La condizione dell’anziano ha bisogno di grande attenzione da parte dell’opinione pubblica e di quelli che hanno scelto o avrebbero dovuto scegliere di impegnarsi nell’attività politica per il servizio agli altri, perché il valore della vita non cambia nelle diverse età, giacché essa esige rispetto, comprensione ed amore sempre, in ogni fase del suo svolgimento.
Compito di queste riflessioni è quello di suscitare attenzione verso i problemi della vecchiaia e molto in questa direzione può fare il mondo della scuola e del volontariato.
Noi tutti abbiamo il dovere di aiutare gli anziani a valorizzare e dare un senso alla propria vita passata ed al tempo che resta ancora da vivere.
Una società non impegnata nella difesa dell’esistenza, soprattutto nei momenti in cui questa richiede più attenzione, non crediamo si possa considerare progredita.
Anche se in modo insolito, chiudiamo queste riflessioni con una bellissima lirica del grande poeta indiano Rabindranath Tagore, in cui si legge di una vecchiaia vissuta con ricchezza e speranza, quale dovrebbe essere per noi quella di ogni essere umano.
IL GIORNO DELL’ADDIO
Il giorno dell’addio
dirò
che non ho parole per narrare
ciò che ho vissuto e che ho
ricevuto.
Benedetto
perché in questo oceano di luce,
ove regna il loto,
ho bevuto dolce miele,
ho giocato tra le bellezze
dell’universo
I miei due occhi
hanno visto
cose meravigliose.
Mi hai fatto toccare Te,
che non puoi essere toccato,
in tutte le creature.
Qui puoi por fine
ai miei giorni.

(Umberto Berardo e Cosimo Dentizzi)

<div class="

Articoli correlati