Che fine hanno fatto le politiche sociali?



Osservando l’attuale quadro politico, economico e sociale la domanda sorge spontanea: che fine hanno fatto le politiche sociali? Dove sono gli interventi a favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie? Perché non si parla più di politiche per l’abbattimento delle barriere architettoniche, per l’integrazione scolastica degli alunni disabili o di quelle per integrazione lavorativa e sociale delle persone con disabilità?
Per usare le parole di una bella poesia di Edgar Lee Masters, sembra che tutto ciò dorma sulla collina.
Le politiche sociali dormono, dormono sulla collina, espulse dai dibattiti sui giornali e dai talk show televisivi dove imperversa invece il vero loro killer: lo spread.
Lo spread, fino a poco tempo fa sconosciuto, figlio di quel letale fenomeno che è la vera causa della crisi del mondo occidentale: la finanziarizzazione dell’economia.
Fenomeno questo che, come si è visto, ha prodotto e sta continuando a produrre a livello mondiale quei guasti, dai contorni ancora non definiti, che nel nostro Paese rischiano di portare indietro di molti anni l’orologio della storia, rendendo sempre più drammatiche le condizioni delle fasce deboli della nostra società.
Sì, perché come dice un vecchio proverbio inglese: “quando piove sui poveri piovono pietre”.
Tali guasti si stanno scaricando come una pioggia di pietre su tutti i paesi europei, ed in particolare sul nostro, costringendoli ad adottare politiche sociali fortemente restrittive e lesive dei diritti e delle aspettative di tutti i soggetti deboli della società.
La politica sociale lasciata in eredità al Governo Monti dal Governo Berlusconi è in linea con tale fenomeno.
Il disegno di legge delega sulla riforma fiscale ed assistenziale, assunto dal Governo Berlusconi lo scorso luglio ed attualmente in discussione in Parlamento, ha l’obiettivo di ottenere dalla sola materia assistenziale risparmi di spesa per 4 miliardi di euro nel 2012 e per 20 miliardi di euro a partire dal 2013, togliendo di fatto risorse ad un settore già fortemente carente per ricavare risparmi che non supererebbero i 1.440 milioni di euro, pari al 7% del totale previsto.
Su tale disegno di legge delega la Corte dei Conti recentemente ha espresso un parere, richiesto della Commissione Finanze della Camera, con pesanti critiche sulla parte fiscale ed una sonora bocciatura della delega assistenziale.
Secondo la Corte, la proposta più che una riforma è un obiettivo di risparmio e di taglio dagli esiti incerti e dagli effetti imponderabili.
Nella spesa sociale ci sarebbe ben poco da risparmiare, secondo la Corte, essendo l’ammontare complessivo attestato sui 30 miliardi, 40 a voler considerare anche alcune prestazioni previdenziali come la reversibilità.
Scarsamente praticabile, a giudizio della Corte, sarebbe l’applicazione di limiti di reddito e patrimoniali per la concessione dell’indennità di accompagnamento e per le pensioni di invalidità; prestazioni monetarie queste che farebbero parte di “una politica ‘nascosta’ di contrasto alla povertà, compensativa di un’offerta di servizi non sempre adeguata e uniformemente distribuita sul territorio”.
Il rischio, secondo la Corte, è che il risparmio ottenuto si possa ripresentare come esigenza di servizi adeguati ad una prevedibile impennata del fenomeno della non autosufficienza.
Pesanti critiche sono espresse dalla Corte anche sul “fondo per l’indennità sussidiaria” che, in base al disegno di legge, dovrebbe essere ripartito fra le regioni con “standard definiti in base alla popolazione residente e al tasso d’invecchiamento della stessa nonché a fattori ambientali specifici”.
Il contingentamento della spesa per l’indennità di accompagnamento, secondo la Corte, scarica sulle regioni l’onere di compensazione di tutte le esigenze assistenziali e di sostegno che si presenteranno in futuro.
Quanto poi ai livelli essenziali di assistenza, essi non sono definiti e ciò rischia di portare ad una ulteriore grave limitazione delle politiche a sostegno dei non autosufficienti.
Infine, analizzando la storia recente, la Corte ricorda come gli interventi di assistenza abbiano subito negli ultimi anni tagli abbastanza pesanti: il mancato rifinanziamento del fondo per la non autosufficienza, la riduzione degli stanziamenti per il fondo politiche sociali e per la politica abitativa hanno già sensibilmente inciso sul quadro degli interventi in ambito locale.
Questo è il quadro poco edificante dell’attuale stato delle politiche sociali nel nostro Paese.
Il momento è molto difficile e richiede impegno da parte di tutti affinché non vengano vanificate le conquiste sociali conseguite dal dopo guerra ad oggi e per realizzare gli obiettivi della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità.
Per evitare quindi che la “finanza” internazionale possa dettare regole insostenibili per il nostro Paese tali da vessare ulteriormente i già defedati soggetti deboli della nostra società e tra di essi, in primis, le persone con disabilità e le loro famiglie.
Per ridare anima e voce al vasto mondo delle fragilità e far sì che la speranza di un domani migliore non venga anch’essa colpita a morte dallo spread e condannata a dormire per sempre sulla collina.

(Giovanni Scacciavillani)

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