Svimez, non studia e non lavora un giovane meridionale su tre



ROMA – Un Mezzogiorno che continua a presentare forti criticità, mentre Abruzzo, Sardegna e Calabria vanno in controtendenza e mostrano qualche indicatore positivo. E’ la sintesi di “Nord e Sud: insieme nella crisi, divergenti nella ripresa”, testo che anticipa i principali indicatori economici del Rapporto Svimez 2011 sull’economia del Mezzogiorno, che sarà presentato a Roma il prossimo 27 settembre.
Secondo la Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, l’area che desta le maggiori preoccupazioni è quella della disoccupazione giovanile. Nel Mezzogiorno il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) è sceso nel 2010 ad appena il 31,7% (il dato medio del 2009 era del 33,3%). Il dato delle donne è ancora più drammatico, non raggiungendo che il 23,3% e segnando un divario di 25 punti con il Nord del Paese (56,5%).
Tra coloro che non lavorano, crescono quelli con alto livello di istruzione. Quasi un terzo dei diplomati ed oltre il 30% dei laureati meridionali under 34 non lavora e non studia. Sono circa 167mila i laureati meridionali fuori dal sistema formativo e del mercato del lavoro, con situazioni molto critiche in Basilicata e in Calabria. Tra il 2003 e il 2010 al Sud gli inattivi (né occupati né disoccupati), sono aumentati di oltre 750mila unità.
Rilevante anche il tasso di disoccupazione, che nel Sud è al 13,4% nel 2010, contro il 12% del 2008, più del doppio del Centro-Nord (6,4%, ma nel 2008 era il 4,5%). Ma, considerando i disoccupati e coloro che cercano lavoro non attivamente, il tasso di disoccupazione corretto salirebbe al 25,3% nel Sud (quasi 12 punti in più del tasso ufficiale) e del 10,1% nel Centronord.
La Svimez fornisce anche un quadro della situazione economica, sottolineando che l’area che nel 2010 ha trainato il Paese è stata il Nordest (+2,1%), seguita da Centro (+1,5%) e Nordovest (+1,4%).
Tra le regioni, la crescita più rilevante del Pil si ha in Friuli-Venezia Giulia, Marche e Abruzzo con un +2.3%, poi l’Umbria con un +2,2%. Crescita anche per il Lazio (+1,8%), Lombardia e Trentino-Alto Adige (+1,7%), Emilia-Romagna (+1,5%), Valle d’Aosta (+1,4%), Piemonte e Sardegna (+1,3%) e Calabria (+1%). Segni negativi, invece, per Puglia (-0,2%), Molise e Campania (-0,6%) e Basilicata (-1,3%), dove il calo più rilevante è quello del settore edile (-8,4%).
In valori assoluti, nel 2010 la regione più ricca è la Lombardia, con 32.222 euro, seguita da Trentino-Alto Adige (32.165 euro), Valle d’Aosta (31.993 euro), Emilia-Romagna (30.798 euro) e Lazio (30.436 euro). Il Mezzogiorno è guidato dall’Abruzzo (21.574 euro), quindi il Molise (19.804), la Sardegna (19.552), la Basilicata (18.021 euro), la Sicilia (17.488), la Calabria (16.657) e la Puglia (16.932). La regione più povera è la Campania, con 16.372 euro.
Lo studio segue il volume “150 anni di statistiche italiane: Nord e Sud 1861-2011”, promosso sempre dalla Svimez ed edito da Il Mulino.
Anche qui numeri indicativi per l’economia del Mezzogiorno, oggi sempre più distante da quella del Centronord. Se nel 1861 il Pil tra le due aree era simile, cioè pari a 100 per entrambi, dopo 150 anni, nel 2009, il Pil del Mezzogiorno risulta pari soltanto al 59% del Centronord. Un risultato negativo nonostante i forti investimenti industriali al Sud, cresciuti del 7,9% dal 1952 al 1973, contro il 6,3% del Centronord.
Inoltre il tasso di occupazione del Mezzogiorno, che nel 1951 era pari all’81% del Centronord, oggi (2009) è sceso al 68,9%.
Vengono evidenziati, inoltre, i quattro milioni e 200mila meridionali diretti al Centronord dal 1950 al 1974.
Uno dei pochi indicatori positivi per il Sud rispetto al Nord riguarda la speranza di vita. Nel 1910 il divario tra Nord e Sud era molto forte. In Veneto si viveva quattro anni in più che in Campania (47,8 rispetto a 43,6), otto anni più che in Puglia (47,8 rispetto a 39,2). Sessant’anni dopo, nel 1970, la situazione si ribalta: la speranza di vita al Sud arriva in media a 69,9 anni contro i 69 della media nazionale, due anni in più del Nordovest (68).
Sulla stessa linea i risultati ottenuti dai meridionali nel campo dell’istruzione. Nel 1861 gli analfabeti al Sud erano pari all’87% della popolazione meridionale, con picchi vicini al 90% in Sardegna, Basilicata Calabria, contro il 67% del Centronord, e il 57% della Lombardia. Con il passaggio di secolo, sul fronte universitario, il Sud ha registrato un sorpasso sul Centronord: nel 2001 il tasso di iscrizione all’università era del 33,5% al Sud e del 33,1% al Centronord; nel 2009 il Sud ha raggiunto quota 51,5% contro il 42% del Centronord.

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