Ballottaggi di Milano/ All’ultimo rom…



Nei “Racconti di Canterbury” di Geoffrey Chaucer, che Pasolini portò sugli schermi nel 1972, si racconta di un ragazzo cristiano che mentre transita per il quartiere ebraico cantando l’antifona mariana “O alma redemptoris mater”, viene rapito, assassinato attraverso il taglio della gola e buttato dentro un pozzo.
E’ pratica antica la demonizzazione del “diverso” attraverso quella collaudata tecnica oggi denominata “fearmongering” (cioè la somministrazione di terrore per trarne vantaggi). Il “fattore paura”, specie in politica, ha pagato quasi sempre: la diga al comunismo – attraverso ad esempio la suggestiva immagine dei cosacchi che fanno abbeverare i cavalli in piazza San Pietro – ha caratterizzato per diversi decenni lo scenario elettorale italiano.
Esaurita la contrapposizione sul terreno della “guerra fredda”, specie dopo la caduta del muro di Berlino, lo scontro concettuale ha assunto come parametro il fenomeno migratorio, che il centrodestra ha strategicamente collegato, in modo prevalente, al tema dell’ordine pubblico. L’operazione ha contribuito a ribaltare – talvolta clamorosamente – equilibri politici soprattutto a livello locale. Si pensi alla “conquista” di Bologna nel 1999 da parte del sindaco di centrodestra Giorgio Guazzaloca, con una campagna elettorale contrassegnata dalla questione insicurezza. Fino alla “presa” di Roma nel 2008 da parte del sindaco Gianni Alemanno, cui hanno contribuito alcuni episodi di cronaca nera che hanno avuto per protagonisti giovani rumeni.
In fondo, il “fearmongering” è globalizzato: George W. Bush ha indubbiamente sfruttato l’effetto “post 11 settembre” per la riconferma alla Casa Bianca. Mentre in gran parte dell’Europa la “paura dello straniero” ha portato le formazioni di destra ad un numero di consensi senza precedenti dal dopoguerra ad oggi.
“La possibile deriva verso una politica centrata esclusivamente sull’ordine pubblico sembra essere un ulteriore portato di una società della molecolarizzazione esasperata, che piuttosto che scegliere la strada faticosa delle relazioni e della solidarietà, ripiega su se stessa chiamando in gioco le responsabilità del singolo e la necessità della pena – evidenzia il Censis in uno dei suoi Rapporti.
Anche in questi giorni a Milano, dove per la poltrona di primo cittadino è in corso uno storico ballottaggio che vede per la prima volta un candidato della sinistra antagonista davanti a quello del fronte moderato, la destra ha alzato i toni dello scontro riproponendo la “paura della diversità” come tema forte della campagna elettorale. L’esito delle urne sarà allora interessante non solo come fattore di analisi politica, ma anche quale elemento di osservazione sociologica sulla “presa” che nel 2011 possa ancora avere un tema del genere.
Anche perché la questione dell’immigrazione, rafforzata da quella dello scontro religioso, è stata davvero spinta al massimo. Al punto che il candidato della sinistra, Giuliano Pisapia, ha denunciato alla procura di Milano possibili “infiltrati” nei panni di nomadi e di giovani dei centri sociali che distribuiscono suoi volantini, o addirittura di uomini vestiti da operai che, in diversi quartieri, fingono di prendere misure, spiegando che servono per costruire la nuova moschea. Mentre Alberto Giannoni, sulle colonne del quotidiano “Il Giornale”, replica che “la linea del candidato sindaco della sinistra, in queste ultime ore, sembra dettata dall’esigenza di nascondere il proprio retroterra politico ed elettorale”. Edmondo Cirielli, presidente della Commissione Difesa della Camera, ha ripescato proposte di legge di Pisapia, quando era deputato di Rifondazione comunista, orientate ad introdurre nel nostro ordinamento incentivi per le popolazioni rom, a rendere possibile il voto agli immigrati, ad abolire la pena dell’ergastolo e a rendere più tenui i trattamenti sanzionatori. “Con Pisapia, Milano diventerebbe santuario di clandestini e delinquenti, dato che è sempre stato esponente di una cultura politica massimalista e radicale che ha sempre ostentato, anche in Parlamento, quando era deputato di Rifondazione comunista – è il commento del parlamentare del Pdl.
L’immigrazione diventa emergenza anche nel momento in cui viene percepita come tale dall’opinione pubblica. E’ su tale aspetto che si sta giocando la partita milanese. Il voto di domenica offrirà un importante contributo nell’accertare, di fronte alla stigmatizzazione della cultura straniera, se l’ormai acquisita convivenza nelle scuole, l’aumento di matrimoni misti, il boom della gastronomia etnica, il fiorire di iniziative multiculturali avrà attenuato la percezione negativa del fenomeno e quel senso di insofferenza e di inquietudine che ha contribuito ad orientare i risultati elettorali italiani degli ultimi anni.

(Giampiero Castellotti)

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