OPINIONI/ La Roma “che non è”
Quando si parla di calcio, specie nell’inflazionata babele di discernimenti e di convinzioni che è la piazza di Roma, è inevitabile il rischio di ripetere frasi dette e sentite mille volte. E di rinnovare banalità. La misura è colma nella diffusa inquietudine che aleggia da settimane nel ventre della città giallorosa. Cioè nei tavolini dei bar arricchiti dalla copia consunta del Messaggero e del “Corriere”. Negli uffici decorati da poster e gagliardetti. Nei mercati rionali dove il commerciante bengalese non è tale se non ha il cappello giallorosso. Ma anche – naturalmente – in quel popolo tra il virtuale e il reale che si snoda dagli spalti dell’Olimpico all’etere giallorosso fino ai forum pepati con i bit delle nuove tecnologie per dire che i contratti vanno fatti a rendimento, che Pizarro è il metronomo del centrocampo e, talvolta, che la legge Bosman è una boiata pazzesca. Dna de’ noantri.
Per esaminare, decifrare e anatomizzare ciò che sta proponendo in campo la Roma di queste ultime settimane, è allora necessario – per evitare la convenzionalità – rompere gli indugi e compiere un’operazione un tantino inconsueta: ma quali arringapopolo, primi tifosi, radio capitali, qui occorre rispolverare nientedimeno che il filosofeggiare presocratico. Cioè dar voce a teste finalmente (e finemente) pensanti. Olimpiadi della riflessione, insomma. Da Mileto ad Elea. Millenni di proficua stagionatura. In attesa, anche per loro, del Panathinaikos.
Esercizio indubbiamente un po’ elitario. Ma davanti al basso svilire della superba fede giallorossa, la nobiltà della meditazione potrebbe rivelarsi la controindicazione più idonea. Persino una medicina prodigiosa. E, chissà, forse contagiosa.
Onorevole (sul serio) oltre che tonificante è quindi riesumare, per il bene della Roma, quel gruppone di simpatiche canaglie del pensiero “made in Greece”. Colpevoli, tra l’altro, di rovinare ai nostri liceali interi pomeriggi, spesso sottratti al produttivo apprendimento del verbo dei quotidiani sportivi. Corrente filosofica dei primordi, che include anche nomi non proprio da ufficio anagrafico odierno, come Alcmeone, Anassimene, Anassimandro, Filolao e via di questo passo.
Al di là del non-gioco, quasi un omaggio ad Augè (comunque opinabile, perché rimane il masochista che s’esalta di fronte al realismo dello zero-tre di Genoa o del due-zero di Roma-Parma, rigore virtuale compreso), dei risultati altalenanti (specie tra primo e secondo tempo) o della posizione di classifica (che potrebbe persino accendere invidie da parte, ad esempio, di un Bari o di un Cesena), il segno dell’esaurimento finale dell’As Roma è nell’inedita messa sotto accusa, per la prima volta congiuntamente, di società, allenatori, staff tecnico, giocatori, preparatori, intermediari, procuratori, bibitari, bagarini, donne dei cessi e persino tifosi eternamente polemici e scontenti (e un tantino violenti). Nessuno “se sarva”. Un buon viatico per la proiezione futura di una squadra dove la contraddizione è regola totale: antinomia tra organico (o meglio, singoli giocatori) e spettacolo, incompatibilità tra sedili dello stadio e numero di tifosi paganti, inconciliabilità tra grado di esultanza dopo un gol giallorosso da parte di entrambi gli allenatori della stagione (praticamente nullo) e tasso di parolacce dagli spalti della Sud per alcuni fine-partita.
Parmenide (nome che determina anche freschi brividi emiliani), uno degli atleti della squadra presocratica, già cinquecento anni prima della miracolosa nascita del rivoluzionario di Betlemme aveva capito che “i mutamenti del mondo fisico sono illusori”. E la Roma di Montella, probabilmente, non ne sarà esente. La sua più celebre affermazione, “il non-essere non è, e non può essere”, potrebbe incarnare lo slogan per la prossima campagna abbonamenti. In alternativa, una massima senza copyright di Talete di Mileto ricorda che “l’essere più saggio è il tempo, perché tutto rivela”. Si provi a contraddire, specie di fronte ad una squadra dai continui passaggi al portiere. Zenone va oltre: “Il movimento non esiste, è soltanto un concetto che noi percepiamo”. Sembra scritto apposta per gli straordinari contropiedi giallorossi. E mentre i consulenti della Roma sfoggiano da qualche stagione miracolose statistiche e tabelle di marcia (oltre che giacche da mille euro), da un po’ più di tempo Eraclito “l’oscuro” profetizzava che “sapere tante cose non insegna ad avere intelligenza”. Chissà, profeticamente, a che squadra si riferiva.
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