Rapporto Inea: stranieri protagonisti in agricoltura



ROMA – Un’approfondita panoramica della realtà e delle tendenze del settore agricolo. E’ quanto offrono i volumi “Annuario dell’agricoltura italiana” e “Il commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari italiani”, presentati a Roma nei giorni scorsi dall’Inea presso la sala Cavour del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali.
Riflettori puntati sulla produzione, sul consolidato del sostegno pubblico, sul mercato fondiario e sugli immigrati. Il 2009 ha evidenziato un andamento negativo per il settore agricolo nazionale in linea con quello economico generale, sebbene con variazioni più contenute (-3,2% il valore aggiunto al costo dei fattori in termini reali), rispetto ad altri settori produttivi (industria -15%). In termini correnti la variazione che ha subito l’agricoltura è stata più accentuata di quella registrata dal totale dell’economia, tanto che il settore primario ha lievemente ridotto il proprio contributo alla formazione del Pil (2,2%).
La flessione dei prezzi dei prodotti agricoli ha contribuito a determinare un netto ridimensionamento del valore della produzione agricola nel suo complesso, scesa a 47.502 milioni di euro correnti (-8,3% rispetto al 2008).
Il commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari italiani testimonia il trend negativo dello scorso anno: le esportazioni si sono ridotte del 7,4% mentre per le importazioni la contrazione ha raggiunto quasi i dieci punti percentuali. Proprio la maggiore riduzione dei flussi agroalimentari in entrata rispetto a quelli in uscita ha prodotto un miglioramento sia del saldo agroalimentare (da -7.638 nel 2008 a -6.233 milioni di euro nel 2009) sia di quello normalizzato, che si attesta a -11,1%.
Sul fronte del sostegno pubblico al settore agricolo, nelle sue due componenti fondamentali – trasferimenti e agevolazioni – emerge anche per il 2009 il permanere di un aiuto ragguardevole pari a 15,5 miliardi di euro (+10,7% rispetto al 2008), di cui il 78,7% rappresentati da trasferimenti reali e il restante 21,3% sotto forma di agevolazioni (trasferimenti virtuali). Il sostegno all’agricoltura ha costituito il 65% del valore aggiunto e il 34% della produzione, con un significativo incremento rispetto all’anno precedente (rispettivamente +13,4% e +5,8%), anche per effetto dell’andamento particolarmente sfavorevole del settore agricolo nel 2009.
All’interno della composizione del sostegno, si registra un forte ridimensionamento del ruolo rivestito dalle agevolazioni, a causa della diminuzione delle agevolazioni sull’Irpef. Si conferma, come per gli anni passati, il peso preponderante dei trasferimenti connessi all’attuazione della Pac (per ogni 100 euro ricevuti dagli agricoltori 60 provengono dall’Unione europea), al cui interno spicca per rilevanza la dimensione della spesa connessa al pagamento unico. Nel contempo, si assiste a un progressivo ridimensionamento della spesa connessa alle politiche nazionali, che si riducono sia in valore assoluto che in peso percentuale.
In sostanza, l’Unione europea assicura circa il 65% del sostegno complessivo, le Regioni il 28% e l’insieme dei ministeri ed enti nazionali il restante 6,8% (di cui il 5,8% imputabile al ministero).
Le spese provenienti dal Feaga (primo pilastro della Pac) rappresentano ben l’88% dei trasferimenti a decisione Unione europea, mentre quelle Feasr (secondo pilastro della Pac) non raggiungono neppure il 12%, a riprova del peso preponderante del primo sul secondo pilastro.
Per quanto riguarda le agevolazioni, quelle contributive costituiscono la voce più rilevante (43,4%), seguite dagli sgravi sui carburanti (24,8%), dalle agevolazioni sull’Irpef (14,9%) e dall’Iva (6,9%).
Dal punto di vista territoriale, l’analisi del consolidato consente di evidenziare il permanere di modelli differenziati di agricoltura tra le aree del Centro-Nord e del Sud del paese, con le prime in grado di sfruttare meglio le opportunità provenienti dalle politiche comunitarie e le seconde più dipendenti dalle politiche regionali, che però sono in progressiva diminuzione. Questo divario pone degli interrogativi sui meccanismi di funzionamento delle politiche e che dovrebbe far riflettere sulle future decisioni in materia di revisione della Pac.
“Purtroppo, i consumi ristagnano e alcuni settori produttivi non superano positivamente la crisi – sottolinea Lino Carlo Rava, presidente dell’Inea. “Emerge ormai un riorientamento dei consumi, che tra l’altro mette in evidenza uno sviluppo significativo dell’agricoltura sociale, un aumento delle vendite dirette e dell’acquisto solidale da parte delle famiglie. L’agricoltura comunque rimane un settore significativo in funzione anticiclica. I segnali di ripresa ci sono, anche se piuttosto pallidi. Dopo la crisi del 2009, che ad ogni modo ha colpito il settore in maniera meno profonda rispetto ad altri comparti dell’economia, l’agricoltura italiana prova a riemergere. E lo fa soprattutto con l’export. Rimangono aperti nell’agroalimentare e nell’agricoltura i grandi temi emersi con la grave crisi del 2009 e della sua capacità di conquistare nuovi mercati emergenti: la distribuzione degli scambi con l’estero si concentra prevalentemente in quattro regioni del Nord. Questo non costituisce una novità, ma deve fare riflettere sulle politiche che in futuro dovremo adottare per incentivare l’export – incalza il presidente. E conclude indicando la strada da percorrere: “Gli spazi di crescita ci sono. Bisogna puntare sull’aumento dell’export, specie per le piccole e medie aziende e verso i Paesi extra-Ue, sulla ripresa dei consumi, sul credito e su altri fattori di sviluppo, come la multifunzionalità, l’agricoltura sociale e le rinnovabili”.
Dall’annuario dell’Inea emerge un altro dato significativo: cresce il numero di stranieri impiegati nel settore agricolo del nostro Paese. Secondo l’Inea, nel 2009 i lavoratori extra-italiani sono stati 184.877, con un aumento di quasi il 5% rispetto all’anno precedente e un’incidenza sulla manodopera totale pari a quasi il 21%. In parallelo, aumenta anche la regolarizzazione dei contratti di lavoro, il cui peso si attesta al 67,1% del totale. Ciò non nasconde il permanere di situazioni di irregolarità, quali la sottoremunerazione del lavoro e orari di lavoro superiori ai limiti contrattuali. Le situazioni di totale irregolarità sono presenti con più evidenza nel Sud (66,3%) e nelle Isole (59,1%). In generale, gli stranieri vengono impiegati in attività a modesta specializzazione e a intenso sforzo fisico, ma emerge anche il riconoscimento di elevate capacità professionali.
Tra gli stranieri continua a essere di rilievo la presenza dei lavoratori neocomunitari (circa 60mila), di provenienza principalmente rumena bulgara e polacca. Per quelli extracomunitari l’analisi delle provenienze continua a evidenziare un processo di stabilizzazione dei nordafricani, degli albanesi e dei cittadini dell’ex Jugoslavia, oltre che un aumento, per quanto modesto, di asiatici e sudamericani.
L’indicatore di utilizzazione dei lavoratori stranieri, dato dal rapporto tra le unità di lavoro equivalenti e il numero di occupati, mostra come in alcuni contesti regionali (Marche, Lazio, Campania, Toscana, Valle d’Aosta) vi sia un utilizzo intensivo della forza lavoro straniera, dovuto a una maggiore continuità dei rapporti di lavoro, un più elevato orario medio giornaliero e un impiego in aziende dove la diversificazione delle attività agricole è tale da consentire la distribuzione del lavoro in più comparti e in diverse tipologie di operazioni nel corso dell’anno.

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