Roma: scoperte le immagini più antiche degli apostoli
ROMA – Gli antichissimi cubicoli delle catacombe di Santa Tecla, sulla via Ostiense a Roma, costituiti da 22 camere sepolcrali, continuano ad offrire uno straordinario patrimonio d’arte paleocristiana e di archeologia iconografica, riscoperto soltanto negli ultimi tre secoli, da quando vi entrò Giovanni Marangoni nel 1703 e successivamente Marcantonio Boldetti nel 1720 ne pubblicò la pianta.
Dopo la recente emersione di un’icona con il volto di San Paolo, resa nota dal quotidiano della Santa Sede “L’Osservatore Romano” esattamente un anno fa, ora la nuova scoperta riguarda le più antiche immagini di tutti gli apostoli: risalirebbero alla fine del IV secolo.
L’annuncio è avvenuto da parte di Fabrizio Visconti, sovrintendente ai lavori archeologici delle catacombe, che ha reso pubblica la scoperta delle icone di Pietro, Paolo, Andrea e Giovanni, le prime raffigurazioni del volto dei quattro apostoli. A firmare l’eccezionale intervento è però la restauratrice quarantenne Alma Ortolan di Vittorio Veneto (Treviso), la quale ha operato con un laser da restauro, strumento innovativo messo a punto da lei stessa in collaborazione con l’Università di Venezia e il Cnr di Firenze. La restauratrice, tra le più note a livello internazionale, aveva anche riprodotto i dipinti decorativi dei palchi del teatro La Fenice di Venezia a seguito del drammatico rogo.
La scoperta è stata resa nota al grande pubblico dopo due anni di ricerche, anche se nel giugno scorso, appunto, il quotidiano della Santa Sede anticipò il ritrovamento della prima icona di San Paolo scrivendo: “Mentre si procede a un lento e accurato restauro della decorazione pittorica di un cubicolo delle catacombe romane di Santa Tecla sulla via Ostiense, una sensazionale scoperta impressiona gli archeologi che seguono il lavoro da più di un anno. Nella mattinata il laser mette in luce il volto severo e ben riconoscibile di san Paolo, tra i più antichi e i più definiti che ci abbia consegnato la civiltà figurativa dell’antichità cristiana. Anzi, per le sue caratteristiche può essere considerato la più antica icona dell’apostolo finora conosciuta. Il volto di Paolo che tanto ha emozionato i restauratori delle catacombe di Santa Tecla e primi visitatori presenta i caratteri fisionomici tipici del filosofo di plotiniana memoria, con un ovale asciutto, desinente nella scura barba a punta, il naso pronunciato, gli occhi maggiorati e fortemente espressivi, le tempie interessate da un’importante calvizie; la fronte attraversata da profonde rughe di atteggiamento”.
“Avevamo intuito – ha detto la restauratrice Alma Ortolan – che vi fosse un dipinto sotto un cospicuo strato di incrostazioni calcaree che si erano andate ispessendo nel corso dei secoli. Rimuoverle con l’ausilio di strumenti tradizionali avrebbe però voluto dire compromettere l’affresco. Così sono ricorsa ad applicazioni laser medicali, simili a quelle usate sulla retina dell’occhio umano. Lo strumento, che ho messo a punto in collaborazione con l’università di Venezia e il Cnr di Firenze, aveva già dato esiti positivi. In questo caso è stato il veicolo di una scoperta davvero straordinaria, che ha permesso di portare alla luce integralmente e con uno sfavillio di colori sgargianti il volto di San Paolo”.
E pensare che gli affreschi della catacomba di santa Tecla si trovavano in uno stato di conservazione tale che l’Armellini nell’Ottocento li aveva definiti “le pitture più brutte della Roma sotterranea”. Del resto l’area veniva utilizzata come cantina per le botti di vino e olio.
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