EMOFILIA/ Nasce l’associazione per emofilici ed emopatici molisani



FROSOLONE (ISERNIA) – Nasce l’associazione “Amici degli emofilici ed emopatici molisani” onlus che va a colmare una grave lacuna di rappresentanza che interessava finora soltanto il territorio molisano. La sua creazione si è resa possibile grazie a liberalità erogate da privati, allo spirito di dedizione e sacrificio dei soci e con la collaborazione della ASReM che ha permesso l’utilizzo di alcuni locali presso l’ospedale di Termoli. Tutto il resto, compensi per consulenze di ematologi, spese occorrenti per le necessarie apparecchiature, corsi di formazione specialistici per medici e paramedici, ecc, sarà totalmente a carico dell’associazione alla quale è stato assicurato, sempre da parte di privati, un determinante contributo nel tempo.
L’attuazione di tale progetto eviterà ai pazienti molisani lunghi ed estenuanti spostamenti ad oggi necessari per i periodici controlli e per le cure del caso, potendosi esso avvalere di qualificati operatori del settore.
Segretario della neonata associazione è l’avvocato Gianluigi Ciamarra. “Intraprenderemo numerose iniziative al fine di assicurare, soprattutto ai piccoli pazienti affetti da emofilia e da altre malattie della coagulazione ed ai loro familiari, la dovuta assistenza e sostegno idonei a superare le obiettive difficoltà che una malattia rara, quale l’emofilia, comportano nell’affrontare i problemi connessi all’inserimento nel mondo scolastico e lavorativo – spiega Ciamarra.
Per questa nobile causa c’è la possibilità di effettuare donazioni (anche con la destinazione del 5 per mille) in favore dell’associazione. Per eventuali versamenti o bonifici: c/c postale: 91979039; IBAN: IT44D0760115600000091979039; Amici degli emofilici ed emopatici molisani onlus, piazza Cottini 7, 86095 Frosolone (Isernia), tel. 0874-890849-76222, cell. 339-5660159, e-mail: associazioneemo©gmail.com, codice fiscale: 90021920948.
Un importante primo appuntamento per la onlus è fissato al prossimo 17 aprile in occasione della Giornata mondiale dell’emofilia, quando a Termoli, presso l’unità ospedaliera Medicina trasfusionale dell’ospedale, avrà luogo la presentazione del Centro di riferimento per la diagnosi e la cura dell’emofilia. La giornata sarà caratterizzata dal convegno “L’emofilia oggi” (dalle ore 10 presso la sala conferenze del Cosib, zona industriale di Termoli). Il programma prevede gli interventi di Walter Antonio Romano, presidente dell’associazione “Amici degli emofilici ed emopatici molisani”, di Michele Iorio, presidente della Giunta regionale del Molise, di monsignor Gianfranco De Luca, vescovo della Diocesi di Termoli-Larino, di Nicola Passarelli, assessore alle Politiche della Salute della Regione Molise, di Angela Fusco Perrella, assessore alle Attività sociali della Regione Molise e di Roberto Centurame, presidente dell’associazione Aremeca di Pescara. A seguire gli interventi di Angelo Percopo, direttore generale A.S.Re.M., di Pasquale Spagnuolo, direttore U.O.C. Medicina trasfusionale dell’ospedale di Termoli, di Alfredo Dragani del Centro emofilia di Pescara, di Gabriele Calizzani, presidente Associazioni Emofilici (Fedemo), di Renza Barbon Galluppi, presidente della Federazione Italiana Malattie Rare onlus Uniamo. Coordinamento a cura di Lina D’Alò, dirigente regionale assessorato Politiche della salute del Molise.
L’emofilia – come spiegano alla Fedemo, Federazione delle associazioni emofilici onlus, cui aderisce l’Associazione degli emofilici ed emopatici molisani – è una malattia ereditaria dovuta ad un difetto della coagulazione del sangue. La coagulazione è il processo con cui, in caso di fuoriuscita dai vasi sanguigni, il sangue forma un “tappo” composto da piastrine, cellule del sangue e fibrina, un componente del plasma.
La coagulazione è un processo complesso, che comporta l’attivazione di numerose proteine del plasma in una specie di reazione a catena. Due di queste proteine, prodotte nel fegato, il fattore VIII ed il fattore IX, sono carenti o presentano un difetto funzionale nelle persone affette da emofilia.
A causa di questo deficit gli emofilici subiscono facilmente emorragie esterne ed interne, più o meno gravi.
Nell’800 l’emofilia colpì molti membri delle famiglie reali di Inghilterra, Spagna, Germania e Russia. Tutti i soggetti colpiti erano discendenti diretti della regina Vittoria, la prima portatrice nota di emofilia nella sua famiglia. Forse il più famoso tra i discendenti di Vittoria colpiti dall’emofilia è il figlio dello Zar Nicola II, il piccolo zarevic Alexei, assassinato poi con la sua famiglia durante la rivoluzione bolscevica del 1917.
La frequenza: 1/5-10.000 maschi (emofilia A); 1/50-100.000 maschi (emofilia B)L’emofilia A, spesso definita anche emofilia classica, è la forma più comune di emofilia e colpisce uno ogni 5-10.000 maschi. L’emofilia A è dovuta ad una carenza del fattore VIII della coagulazione.
L’emofilia B, spesso definita malattia di Christmas, dal nome della famiglia nella quale è stata identificata per la prima volta, è provocata dalla carenza del fattore IX della coagulazione e colpisce uno ogni 50-100.000 maschi.
I sintomi delle due malattie sono praticamente identici e solo tramite gli esami di laboratorio, o conoscendo la storia familiare, il medico può differenziare questi due tipi di emofilia. Questa differenza è importantissima ai fini della terapia, perché determinerà quale delle due proteine carenti bisognerà somministrare alla persona malata.Un figlio maschio avrà una possibilità del 50% di ereditare l’emofilia in quanto erediterà uno dei cromosomi X della madre (si tratta del cromosoma Xe).
Una figlia femmina avrà il 50% di possibilità di essere portatrice del gene dell’emofilia, dato che erediterà uno dei cromosomi X dalla madre.
Tutte le persone subiscono danni minimi nel corso della loro vita quotidiana. Nella maggior parte dei casi questi danni vengono riparati automaticamente.
Anche nei soggetti affetti da emofilia, nella maggior parte dei casi, piccole ferite o graffi non creano problemi.
Ma il problema principale, nei casi di emofilia grave, è rappresentato dalle emorragie nelle articolazioni, nei muscoli e nei tessuti molli. Nei soggetti emofilici, infatti, piccole lesioni delle pareti vasali a livello di articolazioni (emartri) e muscoli (ematomi) possono continuare a sanguinare. Queste emorragie vengono talvolta definite “spontanee” in quanto è impossibile risalire alla causa che ha provocato il sanguinamento.
Precauzioni particolari vanno prese durante il parto, se esiste la possibilità che il nascituro sia emofilico. I neonati raramente presentano problemi sino a che non iniziano a stare seduti o a camminare, di solito attorno all’età di sei/nove mesi. I bambini con emofilia grave, inoltre, possono sviluppare ecchimosi (piccole emorragie sottocutanee) nelle parti del corpo in cui vengono sollevati o sorretti dai genitori.
Quando inizia a camminare è inevitabile che il bambino cada o prenda traumi, il che può causare la comparsa di ecchimosi o di emartri. Una tumefazione dolorosa o la riluttanza a muovere un braccio o una gamba sono il primo segno che ha avuto luogo un’emorragia.
Man mano che il bambino cresce impara a riconoscere un’emorragia; tuttavia, anche se la riconosce può non dire nulla ai suoi genitori per paura:
• di un’iniezione
• di non poter andare a scuola o a giocare
• di essere ricoverato in ospedale
• di dover rimanere immobile
Inizialmente a livello dell’articolazione colpita dall’emorragia si avrà dolore e irritazione. Senza trattamento, insorge dolore e rigidità, limitazione funzionale, rossore e tumefazione dell’articolazione.
Le articolazioni più comunemente colpite sono il ginocchio e la caviglia, in particolare nei bambini. È importante somministrare il fattore della coagulazione mancante e tenere a riposo l’articolazione. Oltre che il ginocchio e la caviglia possono essere interessate le articolazioni di gomito, spalla e anca.
Il numero di emorragie è imprevedibile: un emofilico può andare incontro ad un’emorragia tre o più volte alla settimana, un altro, tre o quattro volte all’anno. I bambini sono più soggetti degli adulti agli episodi emorragici. In assenza di un adeguato trattamento, emartri ripetuti a livello di una stessa articolazione provocano deformità e impotenza funzionale. Sono frequenti anche gli ematomi che, se non adeguatamente trattati, provocano danno muscolare.
Come fa il medico a diagnosticare l’emofilia?
Il test di laboratorio più utilizzato è chiamato tempo di tromboplastina parziale (PTT). Nelle persone affette da emofilia il tempo di tromboplastina parziale risulta più lungo del normale.
Altri valori, come il tempo di emorragia, il tempo di protrombina e la conta delle piastrine, sono normali.
La conferma e la tipizzazione dell’emofilia (se di tipo A o B, se grave, moderata o lieve) viene poi avvalorata dal dosaggio delle proteine plasmatiche carenti (il fattore VIII o il fattore IX), metodica ora abbastanza diffusa nei laboratori analisi di molti ospedali del territorio nazionale.
Il trattamento per l’emofilia consiste nella terapia sostitutiva, cioè nella somministrazione del fattore mancante (fattore VIII nell’emofilia A, fattore IX nella B).
Fattore VIII per l’emofilia A
Fattore IX per l’emofilia B
Dato che i fattori della coagulazione sono molecole di grandi dimensioni non possono essere assunte per via orale o con iniezioni sottocute, ma devono essere somministrate per iniezione endovenosa.
Il concentrato di fattore della coagulazione può essere: di derivazione plasmatica, cioè elaborando il sangue donato dai donatori di sangue oppure di derivazione sintetica, con tecniche di ingegneria genetica, il cosiddetto “fattore ricombinante”.
Fino a pochi anni fa la prima modalità era una pratica necessaria ma rischiosa, perché l’unico modo per ottenere questi fattori era quello di concentrarli partendo dal sangue di molti donatori, con elevato rischio di contrarre virus come l’HIV (il virus dell’AIDS), l’HBV o l’HCV (i virus dell’epatite).
In anni passati, molti emofilici sono stati contagiati dai virus presenti nel sangue dei donatori; oggi ciò è meno improbabile, grazie ai maggiori controlli ed ai trattamenti cui viene sottoposto il sangue dei donatori.
Inoltre, oggi le tecniche di ingegneria genetica permettono di ottenere gli stessi fattori in grande quantità, senza la necessità di ricorrere a donatori, evitando così ogni pericolo di infezione: una parte sempre maggiore di questi fattori sostitutivi viene prodotta tramite ingegneria genetica.
La complicazione principale della terapia sostitutiva è la comparsa, nel sangue dei riceventi, di anticorpi diretti contro il fattore VIII o IX detti “inibitori”, che ne neutralizzano l’effetto, e che possono rendere difficile la terapia.
Tutti i farmaci, come l’aspirina, che hanno un effetto negativo sulla coagulazione, devono essere sempre evitati.
La moderna terapia dei pazienti affetti da una forma moderata o grave di emofilia ha lo scopo di prevenire l’insorgere di un episodio emorragico, il dolore e l’impotenza funzionale a carico di un’articolazione. Ciò comporta un trattamento “profilattico”: iniezioni di concentrato del fattore mancante due o tre volte alla settimana allo scopo di mantenere i livelli di fattore della coagulazione ad un valore sufficiente a prevenire le emorragie spontanee.La profilassi rappresenta il metodo attuale per trattare i bambini affetti da emofilia grave. Grazie alla profilassi i bambini e le loro famiglie sono in grado di condurre una vita normale.
In caso di un trattamento di emergenza o di trattamento “al bisogno”, una singola somministrazione del fattore mancante è di solito sufficiente a controllare l’emorragia.
carenza di fattore della coagulazione rilevabile nel sangue.
Nell’emofilia grave l’attività di fattore (VIII o IX) è al di sotto dell’1% del normale
Nell’emofilia moderata tale attività è compresa tra il 2 ed il 5%
Nell’emofilia lieve, invece, è collocata tra il 6 ed il 25% “al bisogno”: il concentrato di fattore della coagulazione viene somministrato prima di un intervento chirurgico, dopo un trauma o una volta che è iniziata un’emorragia oppure “profilattico” il concentrato di fattore della coagulazione viene somministrato regolarmente per tentare di prevenire le emorragie. Nell’emofilia A viene somministrato tre volte alla settimana. Nell’emofilia B viene somministrato due volte alla settimana (o più frequentemente, se necessario).
Alcuni pazienti con emofilia A di tipo lieve vengono trattati con un farmaco chiamato desmopressina: si tratta di un ormone sintetico, non di un prodotto del sangue. La desmopressina stimola l’organismo a produrre fattore VIII, in presenza però di una certa quantità residua di questo fattore.
Per questo i pazienti con emofilia di grado lieve, di solito, vengono trattati con concentrato del fattore mancante solo in caso di interventi chirurgici o dopo un incidente o un trauma importante. Le piccole ferite o i graffi di solito non rappresentano un problema: per fermare l’emorragia è sufficiente esercitare una leggera pressione ed apporre un bendaggio.
Tuttavia i pazienti con emofilia lieve possono andare incontro a problemi seri soprattutto perché non riescono a riconoscere subito i segni ed i sintomi di un’emorragia, data la rarità di quest’evenienza. Se un episodio emorragico non viene riconosciuto, quindi non trattato entro breve tempo, si possono avere conseguenze inabilitanti ed il loro trattamento può essere lungo e doloroso. Questi pazienti spesso vengono sottoposti ad intervento chirurgico senza l’adeguata copertura con il fattore carente o mancante.Un trattamento efficace dell’emofilia è disponibile solamente dagli inizi degli anni ’70. Sfortunatamente molte persone più anziane con emofilia, che sono cresciute senza il moderno trattamento profilattico, soffrono di danni irreversibili a livello delle articolazioni sede di ripetute emorragie, a differenza delle generazioni più giovani che hanno tratto un notevole beneficio dalle più nuove terapie.
La frequenza della terapia sostitutiva va decisa dal medico in funzione del caso specifico. In genere, le persone affette da forma grave necessitano di una terapia continua, mentre nelle forme lievi la terapia sostitutiva si effettua generalmente solo in seguito a traumi, o in previsione di eventi come operazioni chirurgiche, estrazioni dentarie etc…
Molti centri hanno organizzato programmi domiciliari che consentono ai pazienti di ricevere l’infusione ai primi sintomi.Quali altri trattamenti esistono?
Nelle forme lievi di emofilia A, per episodi emorragici minori si può usare la desmopressina, un farmaco capace di determinare un aumento del 25-30 per cento del fattore VIII nel plasma.
I fattori della coagulazione ricombinanti, prodotti sinteticamente, offrono un margine di sicurezza ancora superiore rispetto agli emoderivati, prodotti elaborando il sangue di donatori. I prodotti sintetici si avvalgono di tecniche di ingegneria genetica che richiedono solo piccolissime quantità di sangue umano nel processo di produzione.
La tecnologia dei prodotti ricombinanti è in continua evoluzione: l’ultima generazione di prodotti della coagulazione ricombinante viene sintetizzata senza l’impiego di cellule umane o animali. Non esistono fattori ricombinanti per il trattamento della malattia di von Willebrand o di altri disordini emorragici rari.
Un’emorragia non trattata comporta un dolore esacerbante, per lo stato di distensione cui vengono sottoposti i tessuti circostanti. Nel lungo periodo, un’articolazione colpita da un’emorragia può divenire artritica, con conseguenti dolore ed inabilità cronici.
Ogni singola persona ha una soglia del dolore differente. Ciò che sembra “tremendamente doloroso” per una persona può essere “appena dolente” per un’altra. Ciò dipende da come il nostro organismo “legge” il dolore, dalla nostra risposta emotiva al dolore (e dalla risposta di coloro che ci circondano) e da come gestiamo il dolore. Non esiste un’unica soluzione che si adatti a tutti.
La maggior parte delle persone trova giovamento dall’assunzione di farmaci antidolorifici. Tuttavia i pazienti con dolore cronico sono restii ad assumere farmaci ogni giorno. Alcuni pazienti emofilici che hanno assunto antidolorifici per prolungati periodi sono diventati fisicamente ed emotivamente dipendenti da questi farmaci.
Possono essere prese in considerazione altre strategie di controllo del dolore. Va ricordato che lo stress può aggravare il dolore e che le malattie fisiche spesso possono essere aggravate da una sottostante condizione di stress.
Alcune delle strategie sottoelencate per alleviare il dolore possono risultare utili.Un’emorragia non trattata comporta un dolore esacerbante, per lo stato di distensione cui vengono sottoposti i tessuti circostanti. Nel lungo periodo, un’articolazione colpita da un’emorragia può divenire artritica, con conseguenti dolore ed inabilità cronici.Ogni singola persona ha una soglia del dolore differente. Ciò che sembra “tremendamente doloroso” per una persona può essere “appena dolente” per un’altra. Ciò dipende da come il nostro organismo “legge” il dolore, dalla nostra risposta emotiva al dolore (e dalla risposta di coloro che ci circondano) e da come gestiamo il dolore. Non esiste un’unica soluzione che si adatti a tutti.La maggior parte delle persone trova giovamento dall’assunzione di farmaci antidolorifici. Tuttavia i pazienti con dolore cronico sono restii ad assumere farmaci ogni giorno. Alcuni pazienti emofilici che hanno assunto antidolorifici per prolungati periodi sono diventati fisicamente ed emotivamente dipendenti da questi farmaci.Possono essere prese in considerazione altre strategie di controllo del dolore. Va ricordato che lo stress può aggravare il dolore e che le malattie fisiche spesso possono essere aggravate da una sottostante condizione di stress. Alcune delle strategie sottoelencate per alleviare il dolore possono risultare utili.
Un’emorragia deve essere trattata nel più breve tempo possibile, con il fattore della coagulazione carente. Ciò aiuta ad arrestare l’emorragia e quindi ad alleviare il dolore.
E’ importante tenere l’articolazione a riposo sino a che l’emorragia si è arrestata ed il dolore alleviato.
Il riabilitatore può suggerire alcune posizioni antalgiche ed esercizi particolari che aiutano l’articolazione ed i muscoli a ritornare nelle condizioni pre-emorragia.
Camminare o nuotare possono alleviare la rigidità a livello articolare. Una regolare attività fisica è inoltre importante per combattere lo stress.
Il sonno è un grande “guaritore” sia fisico che psichico.
I massaggi possono alleviare il dolore a livello articolare.
L’applicazione di impacchi caldi o freddi può ridurre il dolore e la rigidità articolari.
Il nostro sistema immunitario ci protegge da “invasori” estranei quali i virus ed i batteri, riconoscendoli come estranei ed eliminandoli. Tuttavia il sistema immunitario non può conoscere la differenza tra proteine estranee utili (come i fattori della coagulazione) e quelle dannose (i batteri, i virus).
Nel 15-25% circa degli emofilici l’organismo riconosce il fattore della coagulazione, somministrato a scopo terapeutico, come estraneo e sviluppa anticorpi contro il fattore stesso. Questi anticorpi vengono definiti “inibitori” in quanto si combinano con il fattore della coagulazione e ne inibiscono l’azione, annullandola. In alcuni casi questi inibitori possono essere temporanei.
Nella maggior parte dei casi gli inibitori si sviluppano in bambini affetti da emofilia A di tipo grave. Gli inibitori di solito compaiono dopo i primi 10-20 trattamenti.
Negli ultimi anni sono stati compiuti molti progressi nel trattamento dei pazienti con inibitori. Il trattamento per l’evento emorragico è tuttora un problema, anche se nella maggior parte dei casi un’emorragia può essere trattata efficacemente nonostante la presenza di inibitori.
Un’indagine genetica è importante per chiunque ritenga di essere portatore di emofilia.
Lo scopo di questa indagine genetica è quello di fornire informazioni sufficienti sui fattori di rischio in modo che le coppie, nelle quali le donne sono portatrici del gene per l’emofilia, possano prendere una decisione informata se avere figli o meno.
La diagnosi dovrebbe essere effettuata prima della gravidanza, ad un’età relativamente giovane.
Va ricordato che si tratta di una decisione personale, nellla quale il medico non può e non deve intervenire: il compito del medico è quello di fornire tutte le informazioni corrette ed esaurienti sull’emofilia, così da mettere le coppie nelle condizioni di prendere una decisione.
Va ricordato che lo screening dell’emofilia di solito viene effettuato solo in presenza di una storia familiare di emofilia.
La diagnosi prenatale dovrebbe essere pianificata prima del concepimento per ottenere i migliori risultati. A chi si possono rivolgere le coppie che temono di trasmettere la malattia ai figli?
Le coppie che temono di poter trasmettere l’emofilia ai propri figli possono rivolgersi ad un centro di consulenza genetica, dove nel corso di un colloquio potranno essere informati in modo preciso sulle possibilità di dare alla luce figli malati o portatori, dopo aver eventualmente eseguito gli esami ritenuti opportuni.
ALTRI DISORDINI EMORRAGICI E CARENZE PIÚ RARE DI FATTORI DELLA COAGULAZIONE
Emofilia acquisita
Si tratta di un disordine molto raro, circa due nuovi casi ogni milione di persone all’anno. In questi casi il sistema immunitario dell’organismo sviluppa anticorpi contro il fattore VIII in una persona che non ha storia familiare di disordini emorragici. Di solito è la conseguenza di alcune malattie (ad esempio alcuni tipi di cancro) e talvolta può essere secondaria ad una gravidanza.
Carenza di fattore I
Di solito definita carenza di fibrinogeno, è un raro disordine emorragico ereditario, provocato da un basso livello di fibrinogeno nel sangue o dal fatto che il fibrinogeno non agisce adeguatamente. Il fibrinogeno è una proteina del sangue che aiuta le piastrine nella coagulazione del sangue.
Carenza di fattore II
Definita anche come carenza di protrombina, è provocata da una quantità inferiore al normale di protrombina nel sangue o da un’alterazione strutturale della protrombina che ne compromette la funzionalità. La protrombina è una proteina del processo della coagulazione. Il fattore X attivato trasforma la protrombina in trombina che a sua volta permette la prosecuzione del processo della coagulazione. In assenza di trombina il processo si interrompe.
Carenza di fattore V
È un raro disordine emorragico ereditario, noto anche come malattia di Owren o paraemofilia. Il fattore V accelera la formazione di protrombina. Nel mondo sono stati descritti solo 150 casi di questa malattia.
Carenza di fattore VII
È un disordine emorragico raro noto anche come malattia di Alexander. Il fattore VII viene attivato dalla tromboplastina tessutale e si trasforma in fattore VII attivato che a sua volta attiva il fattore X ed il fattore IX, permettendo al processo della coagulazione di continuare.
Carenza di fattore X
Noto anche come malattia di Stuart-Prower è un disordine emorragico ereditario dovuto ad una carenza di fattore X o ad una sua alterazione funzionale.
Carenza di fattore XI
Nota anche come emofilia C. Il fattore XI facilita l’attivazione del fattore IX. Colpisce una persona ogni 100.000.
Carenza di fattore XII
È una malattia ereditaria nota anche come fattore d Hageman. Solo molto raramente provoca emorragia.
Carenza di fattore XIII
Perché la malattia venga trasmessa entrambi i genitori devono essere portatori del gene deficitario. Colpisce una persona ogni 3 milioni, maschi e femmine in eguale proporzione.
Tromboastenia di Glanzmann
È una condizione ereditaria che colpisce sia i maschi che le femmine. Può essere in forma lieve o in forma grave. Le caratteristiche diagnostiche di questa malattia sono un normale numero di piastrine con un prolungato tempo di emorragia. Possono aversi ecchimosi, epistassi e gengivorragie, che possono essere gravi. Nelle donne si osservano mestruazioni abbondanti.
Sindrome di Bernard-Soulier
È un disordine emorragico ereditario che colpisce sia gli uomini che le donne. In questa malattia le piastrine perdono la loro capacità di aderire alla parete di un vaso leso. Ciò significa che non può formarsi un coagulo adeguato. I sintomi di questo disordine sono epistassi e gengivorragie, ecchimosi ed emorragie dopo traumi.
La malattia di Von Willebrand
È un disordine della coagulazione, di solito ereditario. Prende in nome da Erik von Willebrand, che lo descrisse per primo. Il fattore di von Willebrand è una delle proteine del sangue che partecipano al processo della coagulazione. Nella malattia di von Willebrand si ha o una carenza del fattore o una sua inadeguatezza funzionale. A causa di ciò il coagulo impiega più tempo del normale a formarsi e quindi un episodio emorragico impiega più tempo ad arrestarsi. Il fattore di von Willebrand agisce anche come “portatore” del fattore VIII; pertanto alcuni pazienti con bassi livelli di fattore di von Willebrand possono avere anche bassi livelli di fattore VIII. La malattia di von Willebrand è la malattia emorragica più comune, colpisce circa l’1% della popolazione (1 ogni 800-1.000 nati). Il gene difettoso, a differenza del gene dell’emofilia non è situato sui cromosomi sessuali ma su uno degli altri cromosomi, pertanto la malattia colpisce in eguale misura gli uomini e le donne.
I sintomi che si osservano nella malattia di von Willebrand sono meno gravi dei sintomi dell’emofilia classica. I pazienti affetti da questa condizione vanno facilmente incontro ad ecchimosi anche dopo traumi di lieve entità; per ridurre l’emorragia da un taglio superficiale può essere necessario applicare una certa pressione. In alcuni casi si possono avere epistassi (sangue dal naso), che possono anche essere intense e prolungate. Le mestruazioni di solito sono molto abbondanti. Una malattia di von Willebrand grave è molto rara, ed in questo caso i sintomi sono paragonabili a quelli dell’emofilia classica, anche se le emorragie a livello articolare sono piuttosto rare.
In caso di problemi emorragici minori, ad esempio le ecchimosi, può non essere necessario un trattamento. I sanguinamenti da naso, bocca o lingua possono essere trattati con l’acido tranexamico. Nelle donne con malattia di von Willebrand lieve può essere sufficiente solo una terapia con contraccettivi orali. Per il trattamento della malattia di von Willebrand viene usata anche la desmopressina, che è, in effetti, la terapia più frequentemente impiegata.
Problemi emorragici più gravi possono richiedere la somministrazione del fattore carente. Attualmente il fattore impiegato viene estratto dal plasma umano, dato che solo il plasma umano contiene il fattore di von Willebrand; non è disponibile un concentrato di fattore di von Willebrand ricombinante.
VIVERE CON L’EMOFILIA
L’emofilia influenza l’intera vita di un paziente e quella della sua famiglia. Gli attuali trattamenti non solo salvano la vita dei pazienti ma anche migliorano enormemente la qualità della vita stessa, riducendo al minimo il dolore, l’immobilità e limitando i problemi a scuola, nel lavoro e nella vita sociale di ogni giorno.Attualmente i bambini con emofilia possono crescere senza l’incubo di un danno permanente a livello articolare o di contrarre un’infezione quale l’epatite o l’HIV.
Anche se l’emofilia, con le attuali conoscenze, non può essere guarita, può essere trattata in maniera efficace sì da permettere una vita normale.
Bambini ed emofilia
I genitori devono normalmente affrontare alcuni problemi nel crescere i loro figli; nell’emofilia si aggiungono altri problemi ed altri dubbi. Per prima cosa i genitori non devono sentirsi in colpa se il figlio è emofilico. Per un bambino molto piccolo il trattamento può fare paura: è importante che i genitori gli stiano accanto e lo rassicurino che va tutto bene.
È di fondamentale importanza spiegare al bambino la sua malattia, in modo che sappia affrontare un eventuale problema che potrebbe insorge a scuola, lontano dai genitori, ma è altrettanto importante che venga trattato esattamente come gli altri bambini, che non venga iperprotetto, dato che il sentirsi “differente” o “speciale” può essere dannoso non solo per lo sviluppo neuromotorio ma anche per lo sviluppo psicosociale del bambino.
Lavoro
Non esiste alcun motivo per nascondere sul posto di lavoro il fatto di essere emofilico. Anzi! Il fatto che i colleghi lo sappiano può essere d’aiuto in caso di necessità.
Se si intraprende un viaggio, è opportuno informarsi sui centri emofilia esistenti nei luoghi nei quali ci si intende recare, per lavoro o per svago.
Attività fisica
Una certa attività fisica è salutare sia per il corpo che per la mente. Camminare, nuotare, correre, possono aiutare ad irrobustire la muscolatura e a stabilizzare le articolazioni. Tranne alcuni sport (quali il rugby, il pugilato, lo judo ed il karate, non consigliabili per l’alto rischio di lesioni che possono provocare emorragie interne), è possibile praticare qualsiasi sport.
Stress
Un metodo per mantenere uno stile di vita sano e ridurre lo stress, è quello di imparare quanto più possibile sul proprio disordine emorragico e capire che impatto può avere sulla propria vita: conoscere i propri limiti permette di evitare rischi inutili.
Entrambe i tipi di emofilia colpiscono solo i maschi, mentre le femmine possono essere portatrici sane. Solo in rarissimi casi le femmine possono presentare i sintomi della malattia.
Esiste un’altra malattia simile all’emofilia (la malattia di von Willebrand) che colpisce sia i maschi che le femmine.
Si tratta di un difetto di un altro fattore della coagulazione (il fattore di von Willebrand) e di solito provoca sintomi meno gravi e meno invalidanti.
I LIVELLI DI EMOFILIA
L’emofilia A e l’emofilia B vengono classificate in grave, moderata e lieve, a seconda della carenza di fattore della coagulazione rilevabile nel sangue.
Nell’emofilia grave l’attività di fattore (VIII o IX) è al di sotto dell’1% del normale
Nell’emofilia moderata tale attività è compresa tra il 2 ed il 5%
Nell’emofilia lieve, invece, è collocata tra il 6 ed il 25%
Nei portatori sani i livelli medi di fattore VIII o IX sono compresi tra il 26 ed il 50%. Molti portatori presentano valori normali dei fattori della coagulazione (al di sopra del 50%).
Forma grave, in cui l’attività coagulativa è inferiore all’1%:
gli emofilici con forma grave rischiano di avere gravi emorragie in seguito ad estrazioni dentarie, piccole ferite o in seguito ad operazioni chirurgiche. Un pericolo serio è la possibilità di emorragie interne apparentemente spontanee, anche dopo traumi talmente lievi da passare quasi inosservati. Altamente invalidanti possono risultare anche traumi banali sui muscoli (detti ematomi), mentre microtraumi possono causare ripetute emorragie nelle articolazioni (chiamate emartri), causando dolori e rigidità articolare.
Altri sintomi più rari sono la presenza di sangue nelle urine (ematuria) o emorragie intracraniche, che sono estremamente pericolose.
La forma grave colpisce circa il 60-70 per cento delle persone affette da emofilia ed i primi sintomi si verificano in genere quando il bambino comincia a stare seduto o a da poco iniziato il cammino.Forma moderata, in cui l’attività coagulativa è compresa tra il 2 e il 5% e forma lieve, in cui l’attività coagulativa è compresa tra il 6 e il 25%:
gli emofilici affetti da queste due forme mostrano emorragie spontanee molto meno frequenti, così come i problemi articolari. Alcune persone hanno una forma talmente lieve di emofilia che può passare inosservata ed essere diagnosticata per caso in età adulta.
Quali sono le cause genetiche dell’emofilia?
I due tipi di emofilia A e B sono causate dall’alterazione di due geni diversi, situati entrambi sul cromosoma X; per questo l’emofilia è classificata tra le malattie congenite recessive legate al sesso. Si conoscono diverse alterazioni in questi geni, ma tutte portano alla produzione di fattore VIII o IX carenti o difettosi, oppure ne impediscono del tutto la produzione.
L’EREDITARIETA’ DELL’EMOFILIA

L’emofilia è una malattia genetica: di solito è presente una storia familiare di emofilia, anche se un bambino emofilico su tre nasce in una famiglia nella quale non è possibile individuare una storia di emofilia.
L’emofilia è una malattia recessiva legata al sesso: le cellule che formano il nostro organismo sono prodotte su istruzione di altre cellule, derivanti sia dal padre che dalla madre, dette geni. I geni sono contenuti in strutture definite cromosomi.
Ciascun essere umano possiede 46 coppie di cromosomi; due di questi cromosomi determinano il sesso, il cromosoma X ed il cromosoma Y. Le donne hanno due cromosomi X (XX) e gli uomini un cromosoma X ed un cromosoma Y (XY).
Ogni essere umano eredita un cromosoma di ogni coppia dal padre ed uno dalla madre. I maschi ereditano il cromosoma X dalla madre ed il cromosoma Y dal padre, le femmine ereditano un cromosoma X da ciascuno dei due genitori.
I geni che codificano la sintesi dei fattori della coagulazione VIII e IX sono situati sul cromosoma X. Non esistono geni per i fattori della coagulazione sul cromosoma Y.
Per chiarezza, il cromosoma X, portatore del difetto di coagulazione che determina l’emofilia, viene identificato come “Xe”. Nella maggioranza di casi quindi, l’altro cromosoma X non colpito compenserà la produzione di fattore VIII o IX.
In altre parole solo i maschi, portatori di un cromosoma Y normale e del cromosoma Xe “difettoso”, sono colpiti dalla malattia che viene trasmessa dalla madre portatrice, dotata di un cromosoma X sano e del cromosoma Xe “difettoso”. Quindi l’emofilico sarà identificato con XeY, mentre la madre portatrice con XXe.
È estremamente raro che una donna sia colpita da emofilia; perché ciò accada, il padre deve essere affetto da emofilia e la madre portatrice sana.
Molte donne portatrici possono presentare livelli di fattore della coagulazione relativamente bassi e presentare i segni di una “lieve” emofilia.

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