Addio caro “tubo di Torricelli”…



ROMA – Ha resistito oltre quattrocento anni l’invenzione del fisico romano Evangelista Torricelli, studi dai gesuiti e assistente nientemeno che di Galileo Galilei. Ora quei “tubi di Torricelli”, come venivano chiamati tecnicamente gli strumenti con la colonnina di mercurio, stanno per finire in soffitta. Con quel loro sfruttare il fenomeno fisico della dilatazione termica di un liquido al variare della temperatura.
Dal prossimo 3 aprile potremmo dare il definitivo addio al termometro tradizionale, compagno di tante influenze. Poi, ad ottobre, sarà la volta dell’ultimo saluto al barometro. Motivo? Il mercurio inquina troppo. Certo, non costituisce una minaccia immediata quello chiuso nel vetro di un termometro. Nemmeno in caso di rottura, come spesso avviene quando ci sono ragazzini in casa. Ma i danni all’ambiente e alla salute arrivano per via indiretta. Il problema nasce soprattutto dallo smaltimento non adeguato: il mercurio disperso nell’ambiente si trasforma in metilmercurio che si concentra negli organismi viventi seguendo la catena alimentare, raggiungendo concentrazioni pericolose soprattutto in alcuni pesci. L’uomo, ultimo anello della catena, lo può ingerire mangiando pesci contaminati.
L’Unione europea, sulla base di numerosi studi in materia, ha legiferato già dal 2007 per mettere al bando l’uso di questo metallo da tutte le attività umane. Certo, la data limite è il 2020. Ma si comincia proprio dagli oggetti d’uso quotidiano. Quindi parola fine per le apparecchiature di misura e di controllo contenenti mercurio, destinate all’uso di privati e, con alcune eccezioni, nel settore sanitario.
L’Italia, anche in questo caso, si adegua. Mettendo da parte la nostalgia per quei film in cui la colonnina di mercurio attestava un po’ di sacrosanta febbre per tentare di evitare servizi militari o perfino corride, come nel caso di Totò in “Fifa e arena”. E seppellendo anche un po’ di nazionalismo per lo scienziato romano d’origine romagnola: di Torricelli, forse, ricorderemo solo l’Eulalia da Forlì citata in un noto valzer.
Il decreto ministeriale ammazza-termometri tradizionali è impietoso: datato 30 luglio 2008, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 20 ottobre 2008, fissa inesorabilmente la data del 3 aprile 2009. Mettendo definitivamente la parola fine alla commercializzazione di termometri a mercurio. Ma non al possesso. Le famiglie non dovranno buttare i termometri al mercurio che hanno in casa: la norma riguarda solo quelli che saranno fabbricati. E sono esclusi dalla disposizione tutti gli oggetti contenenti mercurio che risalgono a più di 50 anni fa.
In molte farmacie, dove la missione sanitaria va di pari passo con quella commerciale, è già in atto una campagna per promuovere la sostituzione dei termometri a mercurio con altri di moderna concezione. Le alternative? Quelli a contatto, a infrarosso, digitali. Insomma, quelli che anche per una febbre rispondono alla logica del “tutto e subito”. Per i quali, la moderna scienza, assicura che non ci sono controindicazioni. Ma non sono soli. Perché, per i tradizionalisti che invece si vogliono godere anche quei tre minuti per avere un responso, sensazione che garantiva il vecchio caro mercurio, si ripropone la barretta di vetro ma con dentro una lega di gallio, indio e stagno.
Le iniziative dei negozi sanitari, oltre a promuovere il nuovo, si occupano anche del vecchio. Puntano infatti sulla raccolta “differenziata”, consentendo di convogliare i vecchi termometri a ditte specializzate per lo smaltimento dei rifiuti tossici, evitando un’eliminazione inadeguata in caso di rottura. Anche perché un liberarsi in massa dei termometri tradizionali a mercurio, soprattutto in modo non corretto, comporterebbe subito più danni all’ambiente di quanti ne potrebbe subire in un lungo futuro.
Siamo poi davvero sicuri, com’è accaduto con le vecchie lire, che gli italiani si separeranno definitivamente da quel pezzo di storia familiare, sia pure relegandolo in qualche cassetto dei ricordi insieme alle cinquecento lire d’argento della nonna?

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