Il restauro di Santa Brigida a Civitanova del Sannio



Franco Valente (www.francovalente.it), uno dei maggiori esperti di antichità molisane, interviene con la sua competenza sul restauro di un’importante testimonianza storica a Civitanova del Sannio.
Ricordiamo, tra l’altro, che l’architetto Valente è uno dei candidati alle Primarie del Partito democratico in provincia di Isernia (e su questo torneremo).

Il restauro di Santa Brigida a Civitanova del Sannio (Isernia)

Qualche settimana fa ho scritto cose velenose sugli attori di un convegno dove si sarebbero ripetute, come è accaduto, cose già dette da altri a proposito di Santa Brigida di Civitanova. L’occasione era il completamento di una parte dei lavori di restauro all’antico monumento, uno dei più importanti della nostra regione. Sulla questione tornerò con un approfondimento che farà piacere agli amministratori di Civitanova del Sannio che potranno utilizzarlo per dare maggiore importanza al lavoro che stanno facendo per la valorizzazione del loro territorio. Se Santa Brigida, come sostiene Vito Saulino (sindaco di Civitanova), non viene a far parte di un circuito culturale, tutte le opere fatte per salvare il monumento non saranno servite a nulla. Avrò modo di tornare sulla questione storica a tempo opportuno soprattutto perché sono tanti gli interrogativi a cui si deve dare una risposta per dare una esatta collocazione sull’origine di questo misterioso edificio che con un po’ di fretta è stato identificato nel famoso S. Benedictus de Jumento Albo la cui storia si lega ad un documento benedettino sottoscritto due anni dopo l’inizio dell’anno Mille.
La torre campanaria di S. Brigida prima del restauro

Non voglio anticipare le mie considerazioni su alcuni degli aspetti più singolari del complesso e che sono determinanti per una datazione che tenga conto dei cosiddetti caratteri stilistici dell’architettura. Ma un elemento è degno di nota: si tratta di una rarissima basilica con presbiterio a forma di tricora nel vastissimo scenario delle chiese absidate di Oriente e di Occidente.
Una forma di architettura che è, invece, consueta nel nostro territorio nell’epoca di maggiore sviluppo di San Vincenzo al Volturno. Basti pensare alla chiesa di S. Maria in Insula con la tricora che sovrasta la cripta di Epifanio o l’altra di Santa Maria del Ponte con la tricora che sopravvive a Ponte Latrone sul Volturno. E’ invece utile fare qualche considerazione sul metodo di restauro che il progettista e il direttore dei lavori hanno deciso di seguire e quali sono le prospettive di valorizzazione del luogo.
La torre  campanaria di Santa Brigida prima del restauro

Metto subito in evidenza i due aspetti negativi del restauro perché, dopo, voglio complessivamente parlare bene dell’intervento. La critica è di natura puramente filologica.
Il primo riguarda la pendenza delle quattro falde della nuova copertura che doveva essere più pronunziata. Si può condividere (ed io condivido) l’idea di ricostruire una copertura anche se è del tutto scomparsa quella originaria, ma falde così poco inclinate non esistono nella storia dell’architettura.
Comunque si può sempre rimediare con un po’ di buona volontà.
Il secondo riguarda l’applicazione di finestre alle monofore della torre campanaria, delle quali si poteva fare a meno. Mi sembra poco corretto mettere vetrate ad un edificio che è una cassa armonica fatta per ospitare campane.
Anche in questo caso si potrà rimediare eliminandole.

Purtroppo il progetto è stato redatto da una Soprintendenza ai Monumenti che mi costringe a ripetermi.
La mentalità delle Soprintendenze molisane (e non solo) è quella di considerare i monumenti allo stesso modo in cui il macellaio considera un vitello: ne apprezza la quantità e il valore puramente commerciale. Le questioni estetiche e l’anima del monumento (o del vitello) sono accidenti che non interessano. Solo la Soprintendenza del Molise può pensare di mettere una vetrata alla monofora di un campanile e solo la Soprintendenza non conosce analoghi monumenti a cui far riferimento per ricostruire un tetto.
Invece credo che un apprezzamento particolare debba essere fatto al direttore dei lavori che è stato l’architetto Piergiorgio Lastoria e all’impresa di Ugo Antenucci che ha eseguito l’opera. Certamente l’esiguità del finanziamento non poteva permettere di fare un lavoro definitivo. Leggere dal cartello che l’importo dei lavori era di 200.000,00 euro mi costringe a qualche considerazione su come si possa ottenere un ottimo risultato con pochi soldi. Faccio il paragone con il disastro fatto alla Torricella di Venafro dove si è speso malissimo il doppio dei soldi per un lavoro che era molto più semplice.
Quando ci si trova di fronte a monumenti così mal ridotti è certamente arduo decidere cosa fare e se il progettista non ha l’autorevolezza culturale per sostenere le sue scelte, qualsiasi critica potrebbe diventare devastante. In questo caso il rischio era grande e (a parte la copertura e le finestre) la decisione di ricostruire in stile le parti mancanti può essere considerata filologicamente corretta. La torre campanaria di S. Brigida è particolarmente imponente ed è tra le poche che abbia caratteri stilistici che, sebbene eseguiti fin dall’origine con tecniche rudimentali, rivela la conoscenza di stilemi architettonici di prestigio dei quali non si può non tenere conto. Fortunatamente, e questo è il motivo dell’apprezzamento, non si è fatta la solita opera di ricucitura con materiali violentemente diversi secondo una moda che non è stata seguita. Ciò non significa che non si è tenuto conto della necessità di lasciare ai posteri la possibilità di capire quali sono le parti di integrazione. Osservando, infatti, con attenzione i particolari, le parti aggiunte sono state rese opportunamente riconoscibili.
Anche il colore della malta utilizzata per ricostituire la listatura è sostanzialmente appropriato. Alla ricostituzione dell’epidermide antica penserà il tempo. Pretendere di utilizzare gli stessi materiali originari è cosa improponibile. In questo caso ci si trova di fronte ad un monumento sicuramente importante per la storia del Molise, ma immaginare di intervenire come se si trattasse di un’opera scultorea avrebbe portato alla caduta dell’edificio in attesa di trovare le risorse economiche per restaurarlo. Il colore della malta appare compatibile con il colore naturale della pietra e complessivamente il restauro appare rispettoso dei suoi caratteri antichi. Gli amministratori dovranno preoccuparsi in futuro di evitare le voglie delle cosiddette “sistemazioni esterne” con la realizzazione di quelle pavimentazioni ignobili e con la costruzione di casotti che piacciono tanto a chi non ha alcuna cultura del paesaggio e che nel nostro Molise sono sempre più diffuse. Spero che Internet permetta di osservare qualche immagine di rudere inglese se proprio non si avrà il buon senso di mettere a frutto quanto scrisse John Ruskin a proposito della conservazione dei monumenti non più riutilizzabili: “Nel salvare l’oggetto l’uomo salva in primo luogo la memoria della propria esistenza. Se egli nulla può aggiungere alla propria esistenza, non gli rimane che conservare, come memoria di sé, l’opera che dà testimonianza della sua presenza sulla terra. L’oggetto diviene testimonianza della vita umana. L’onestà verso il manufatto comporta di non tradire l’autenticità della sua natura. Come esso ha avuto un inizio e uno sviluppo, così ha un declino e un annientamento“. A Santa Brigida di Civitanova si è già fatto più di quanto sarebbe stato necessario fare.
Ora la comunità locale deve pretendere che sia conservata esclusivamente la sua memoria storica rispettando anche il suo declino.

(Franco Valente – www.francovalente.it)

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