I gravi ritardi delle ferrovie molisane



ROMA – L’ultima la scorsa settimana: due treni (l’eurostar Torino-Lecce e l’intercity Milano-Crotone) bloccati per il maltempo. Dove? Lungo quei pochi chilometri che la linea adriatica percorre in territorio molisano. Tra Vasto e la pugliese Chieuti. Fatalità? Sfiga? La scienza parla di un fulmine. Vabbè, ci può anche stare.

Non s’è, invece, scomodato l’arto di Giove Pluvio in quel "memorabile" weekend autunnale del 2006. In Molise vanno in scena le amministrative. Iorio e Ruta. Dc contro Dc. Forse alle ferrovie non interessa poi tanto l’ancien regime. Però la concomitanza dei tanti rientri, certificato elettorale in tasca, getta i trasporti regionali nel caos. Centinaia di persone maledicono il tour dantesco, affrontato solo per compiere il proprio dovere nel seggio del comune d’origine. Rimangono tracce nella pioggia di lettere di protesta ai giornali.

Nei mesi a seguire le cose non vanno meglio. L’appuntamento con i disservizi è quasi fisiologico a Pasqua, Ognissanti, Natale. E in tutte le brave feste comandate. Cioè quando è abitudine rientrare nei paesi d’origine. Ma il viaggio in treno con direzione Molise comprende nel biglietto anche il brivido del rischio. Il commovente trenino è sempre lo stesso, vagone in più o vagone in meno. E viaggiare diverse ore come sardine va messo in preventivo.

Esempi? Basta rispolverare le amare cronache degli ultimi mesi.

Domenica 23 dicembre 2007, antivigilia di un Natale di martedì. Invitante per muoversi. Sette ore di vacanza investite per coprire Roma-Campobasso. Con un treno stracolmo. Dalla nascita alla resurrezione, da Natale a Pasqua. Anno nuovo, consuetudini vecchie. Si ripetono scene di protesta per le condizioni dei treni molisani. Ma i problemi non riguardano solo le festività. Anche i giorni ordinari. Racconta sarcastico Francesco Colavita: "Compro un biglietto per le 17,16. Il treno è talmente pieno che se si sta seduti si corre il rischio di avere il deretano di un altro passeggero in faccia per tutto il viaggio, e se si sta in piedi si rischia di tenere le proprie natiche sul viso di un altro fortunatissimo sconosciuto passeggero. Il biglietto è per le 17,16 ma si parte quasi un’ora più tardi: alle 18,08. Capita che il treno che arranca sulle rotaie arrivi a Cassino e che non riparta più. E per le Ferrovie dello Stato sia normale non spiegare a chi le finanzia lautamente con i soldi dei biglietti, il perché del disguido".

Siamo a fine 2008. Duemilaeotto. L’uomo ha conquistato la luna da un pezzo. Ma arrivare a Campobasso è un’impresa non meno ardua. La condizione degli obsoleti mezzi di trasporto in Molise continua a presentare evidenti lacune. In alcuni casi – paradosso dei paradossi – accentuatesi con gli anni. Sul banco degli imputati la sempre più impietosa politica dei tagli, che in Molise va a braccetto (e trova compiacenti giustificazioni) con lo spopolamento di alcune aree. La conseguenza è scontata: tante le stazioni molisane ormai dismesse. Le lacrime più fresche riguardano le polemiche per la ventilata chiusura della stazione di Roccaravindola. Ma anche serrata dei battenti per le biglietterie. E’ notizia di questi giorni la ventilata chiusura della biglietteria della stazione non di Pettoranello o di Cantalupo del Sannio (chiuse da anni) ma di Termoli.

Del resto, se mal comune è mezzo gaudio, le graduali riduzioni, che equivalgono più ad impoverimenti che a "razionalizzazioni", colpiranno presto anche Roma Tiburtina e Roma Tuscolana. Spariranno le biglietterie "umane" in nome dell’apoteosi dell’elettronica, in particolare dell’online. Biglietti alle biglietterie automatiche, quando funzionano, o al computer, per chi lo sa usare. Prendere o lasciare. Le "razionalizzazioni", così com’è stato per gli sportelli al pubblico dei servizi telefonici (finiti nei call center) o delle banche (in nome di qualche briciolo d’interesse in più), seguono perverse logiche comuni: si parte dalla "riduzione" per giungere gradualmente ma celermente alla totale "abolizione". Il caso delle biglietterie di Termoli (e di tante altre località) è esemplare: da tre sportelli s’è passati a due, quindi ad uno. E sempre meno a tempo pieno, proprio come la scuola della Gelmini. In attesa, molto probabilmente, di serrarne definitivamente i battenti.

Le urla nel silenzio rappresentano una costante nella rivendicazione di servizi migliori. E poi ci si mette anche l’antico male del Molise, il campanilismo: cosa c’è di meglio, per un amministratore locale, che alzare barricate per il proprio paese? Così c’è chi si straccia le vesti per la definitiva soppressione del servizio ferroviario notturno. Chi per la sparizione delle ultime due coppie di treni giornalieri sulla tratta Campobasso-Termoli (sostituite da autobus). Chi, come il consigliere regionale dell’Italia dei Valori, Massimo Romano, è costretto a prendere carta e penna per scrivere una lettera ai vertici di Trenitalia per "rappresentare i disagi riscontrati nella stazione ferroviaria di Bojano per la chiusura dei servizi igienici". Per la pipì, insomma, rivolgersi alla campagna matesina. Un altro consigliere regionale, Mauro Natalini, denuncia il progressivo aumento di personale ferroviario proveniente da fuori regione (Benevento e Napoli soprattutto) – in continuo subentro con i turnover – a discapito di quello molisano. Ed ancora la questione della scarsa pulizia dei treni, problema evidente a tal punto che Trenitalia indice una nuova gara per la pulizia dei treni nel Molise, adottando un capitolato "più vincolante" per la ditta aggiudicatrice del servizio.

Ben più grave, poi, il doloroso capitolo della sicurezza. A ricordarcelo, tra gli altri, c’è il comitato "Amici della famiglia Martino" di Isernia ([email protected]). Un organismo che avrebbe preferito non esistere. E’ nato, infatti, a seguito del disastro ferroviario di Roccasecca del 20 dicembre 2005, costato la vita a due molisani, Francesco e Antonio. Il treno 2361, partito da Roma e diretto a Campobasso, ha tamponato il convoglio che lo precedeva. Due morti e diversi feriti. Spiega Dante De Angelis, uno che i treni li guida, celebre per le denunce sulla sicurezza: "Il treno viaggiava a vista, con gli occhi, le mani e la destrezza del macchinista esattamente come facevano i musi neri delle vaporiere. Con la paradossale aggravante che sul tratto interessato, tra Roma e Cassino, il binario in realtà è attrezzato per trasmettere a bordo le informazioni ma le cabine di guida delle automotrici diesel 663, che collegano il Molise a Roma, non hanno a bordo l’apparecchio ricevente". Sentenzia: "L’assenza di ausili per la guida è stata una causa determinante".

Roccasecca non è un caso isolato. A chiusura del 2007 si registra il deragliamento, tra le stazioni di Guardiaregia e Campochiaro, del treno proveniente da Napoli e diretto a Campobasso. Altra strage sfiorata.

Continua De Angelis: "La differenza tra le sacche di arretratezza tecnologica e le punte avanzate dell’innovazione ferroviaria in Italia hanno raggiunto livelli intollerabili e producono effetti devastanti: da una parte vengono assorbite risorse ingenti per progetti faraonici mentre dall’altra i treni dei pendolari e della gran parte di viaggiatori italiani soffrono di carenze finanziarie, di minor attenzione alla funzionalità, al confort e addirittura alla sicurezza. E’ proprio il caso dei treni per Campobasso". E aggiunge: "Dalla responsabilità di queste scelte, occorre dirlo, non sono immuni le istituzioni regionali che hanno acconsentito che quei treni viaggiassero in condizioni di arretratezza e che non hanno obbligato le Fs all’interno dei contratti di servizio ad adottare tutte le tecnologia di sicurezza già in uso su gran parte della rete ferroviaria italiana".

In effetti la stessa Trenitalia non nasconde questo dualismo. L’assessore molisano ai Trasporti, Luigi Velardi, nel corso di una recente conferenza stampa dove ha illustrato i risultati di un incontro con i vertici delle Ferrovie, ha fatto emergere il quadro preoccupante, causa la riduzione di fondi da parte del governo centrale. Quest’anno, per la prima volta nella storia di Trenitalia, sul prospetto dell’orario ufficiale è specificata la sua provvisorietà, la cui conferma dipende dai fondi che la finanziaria metterà a disposizione per mantenere attivi i servizi. Trenitalia lamenta come attualmente le risorse destinate ai trasporti su rotaie siano minori del 25% rispetto alle effettive necessità. Ecco perché di fronte alle richieste avanzate dal minuscolo Molise c’è da aspettarsi le classiche orecchie da mercante. Del resto l’assessore usa la parola "irremovibili" parlando dei vertici di Trenitalia.

"Con la Finanziaria 2008 – ha ricordato Velardi – sono stati erogati 324 milioni di euro in meno rispetto al 2007 e 144 milioni in meno rispetto alle previsioni. Per riconfermare e mantenere gli attuali servizi in Molise sono necessari 2 milioni e 500 mila euro, senza poter neanche parlare di miglioramenti".

Scrive Giuseppe Tabasso, autorevole voce del giornalismo molisano: "Ad una regione come il Molise, affamata di infrastrutture e col minor sviluppo di rete ferroviaria in rapporto al territorio (370 chilometri), la lenta deriva delle "reti non commerciali" fa correre il rischio di un ulteriore peggioramento logistico ed economico. Perciò – continua Tabasso – le autorità regionali, che finora hanno concentrato i loro interessi sul trasporto su gomma, dovrebbero puntare di più a quello su ferro (magari evitando di farsi rifilare delle "bufale" come il tanto decantato Minuetto) e aprire una vera e propria vertenza".

Di fronte a tale quadro, il "salvataggio" dello scalo commerciale di Roccaravindola, la "promessa" dei vertici di Trenitalia di accelerare le procedure di collaudo per l’apertura dello "scalo merci" di Bojano (!) e l’aumento da tre a quattro delle carrozze nel treno domenicale Campobasso- Roma delle 16.30 appaiono dei timidi palliativi. Così come i nuovi scambi nella stazione di Rocca d’Evandro, che permettono – teniamoci forte – una velocità massima di 100 chilometri orari rispetto ai 30 (sì, trenta massimi, in vigore fino a settembre 2008!) che consentiva la vecchia infrastruttura.

Ben diverso, per peso, il tema dei rapporti tra Regione Molise e Trenitalia. Sul bilancio corrente, secondo il Dpef della Regione, la spesa trasporti pesa per 34 milioni di euro, il 16,7% sul totale del bilancio, cifra che arriva a ben 50 milioni nel bilancio preventivo (voce più ragguardevole dopo la sanità e il personale della Regione (quasi 59 milioni di euro l’anno). E la notizia più rilevante è che la Regione Molise versa tra i 20 ed i 22 milioni di euro all’anno all’azienda che, con circa 140 operatori, assicura i servizi di trasporto locale in tutto il territorio della regione. Trenitalia offre ai molisani una media di 49 treni al giorno. Secondo molte "malelingue", con tali soldi l’azienda dei treni coprirebbe ampiamente tutti i costi sostenuti nel territorio molisano. Addirittura ci guadagnerebbe.

Non solo. La Regione Molise ha tirato fuori moneta contante ("quota di compartecipazione") per l’acquisto dei Minuetto. Il marchio della Regione ora troneggia fiero sulle fiancate del convoglio. Ma i treni, i cui interni sono disegnati nientemeno che da Giorgetto Giugiaro, alimentano polemiche a non finire.

Scrive Fabio Antonilli su "Politica Domani": "Con 3,15 milioni di euro, la giunta molisana ha contribuito ad acquistare, insieme a Trenitalia spa, cinque modelli dell’ultima creazione della Alstom, assicurandosi una buona dose di visibilità e di pubblicità presso i cittadini molisani, ma procacciandosi anche un continuo fioccare di critiche da parte dei molisani che su quel modello di treno effettivamente viaggiano. Un treno – continua Antonilli – che è un vero e proprio inno all’estetica quanto un esempio palese di inefficienza. I treni "vecchi" – ci dicono alla stazione ferroviaria di Isernia – se uniti in 3 carrozze assicurano ai viaggiatori 179 posti a sedere, più i sedili ribaltabili, i cosiddetti "strapuntini", tre bagni e aria condizionata; i Minuetto, invece, possono garantire al massimo 122 posti a sedere (compresi quelli ribaltabili) e hanno un solo bagno". Insomma, alla fin fine, hanno accentuato il problema del sovraffollamento.

Osserva il pragmatico Pietro Colagiovanni, direttore di "Prima Pagina Molise", che ha dedicato all’argomento un’articolata inchiesta: "La dotazione infrastrutturale dei trasporti molisani segnala squilibri e arretratezze che anche l’evidenza empirica di ciascuno di noi già conosce perfettamente. Il Molise ha solo 267 chilometri di rete ferroviaria, sui 15.000 totali dell’Italia, ma di questi 267 solo qualche decina, quelli del litorale adriatico sono elettrificati, ossia adatti ad una percorrenza a media o alta velocità. Fatto 100 l’indice di dotazione di rete ferroviaria italiana, così come calcolato dall’Istituto Tagliacarne, il Molise arriva appena a 43,3". Continua Colagiovanni: "Una situazione grave, gravissima, che certamente non è di oggi, ma che comunque la Regione, cui spetta principalmente il compito di affrontare un tale deprimente stato di cose, dovrebbe mettere rimedio, porre in cantiere iniziative e progetti per portare il Molise almeno a raggiungere la media italiana".

Del resto, come rileva lo stesso direttore di "Prima Pagina Molise", il problema non è sconosciuto alla stessa amministrazione regionale. Dal Documento Programmatico redatto dalla Regione e approvato dall’Unione europea per la nuova programmazione dei fondi Por 2007-2013 testualmente si legge: "La dotazione infrastrutturale del territorio molisano mostra evidenti carenze, suscettibili di costituire un freno allo sviluppo economico regionale sia dal punto di vista della crescita endogena sia in termini di attrattività del territorio per i capitali esterni".

Che futuro c’è allora da aspettarsi per le tratte cosiddette "secondarie", come quelle molisane, proprio mentre gli investimenti si concentrano su quelle principali attraverso l’alta velocità, indubbiamente più remunerativa? Il treno può continuare a rappresentare un servizio pubblico, pagato dal cittadino con le tasse, o una sorta di business da concentrare lì dove c’è mercato?

Giuseppe Tabasso propone un’idea già sperimentata con successo in altre regioni: recuperare la vantaggiosa modalità ecologica, turistica e gastronomica di trasporto ferroviario. In molte aree del Paese, soprattutto in quelle non toccate dalle tecnologie più avanzate, si riscoprono i suggestivi treni a vapore, armonizzandoli con territori integri e suggestivi. Lo fanno in Toscana, collegandolo ad esempio ai circuiti del tartufo nel Senese e delle castagne nel Mugello, in Lombardia, in Sardegna. "Anni fa Fulco Pratesi – ci ricorda Tabasso – dedicò un’elegia alla Sulmona-Carovilli-Pescolanciano-Carpinone decantando gli strepitosi paesaggi che si susseguono dal finestrino (e che si perdono da Pendolini e Intercity). Oggi quel tragitto è desueto e le stazioncine sono decrepite. Ci si può rassegnare a farle liquidare come rami secchi? Perché non rilanciarle? In fondo, come disse uno scrittore, "il tragitto seduce il viaggiatore più della meta".

Speriamo allora in un ben diverso "colpo di fulmine" rispetto a quello che ha fermato i treni sulla costa molisana. Cioè l’attrazione verso soluzioni geniali e sicuramente remunerative rispetto all’umiliante e spesso inutile difesa del (misero) esistente.

(Giampiero Castellotti)

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