M5S, un’illusione arsa a fuoco lento



I vertici e gli adepti dei Cinque Stelle per anni hanno denunciato le “cattive abitudini” della politica tradizionale. Hanno attaccato, certamente con poco stile, parlamentari rei di svolgere il ruolo come “professione”, con collezioni di mandati alle spalle. Hanno cavalcato il crescente tsunami anti-Casta, garantendo di “aprire le istituzioni come scatole di tonno” non appena vi avessero messo piede in forze. Hanno soprattutto promesso cambi di passo, discontinuità, sbandierando un ampio ventaglio di valori da recuperare, tra cui la trasparenza e la coerenza.
A distanza di un anno e mezzo dalla messe di voti raccolti soprattutto nel Mezzogiorno (Molise compreso), tra italiani esasperati ormai da tutto, persino dall’abitudine di offrire il voto al solito mammasantissima di turno, è andata totalmente a farsi friggere la speranza riposta da molti italiani in questo movimento nato dalle strategie avanguardiste di un guru e dalla collaudata simpatia carismatica di un ricco comico.
Avevano promesso, ad esempio, di voler governare da soli, senza apparentamenti. Proprio per mantenere integra la propria “unicità”. Invece già all’indomani del voto del 4 marzo 2018 è andato in scena l’avvicinamento ad una Lega ormai portabandiera della destra più estrema, forte dell’efficacia comunicativa del suo leader. Nel giro di pochi mesi è stato evidente l’errore commesso: un movimento frutto della connessione di bacini elettorali completamente differenti – da Rifondazione fino all’estrema destra – da una parte ha perso per strada l’elettorato di sinistra, disgustato ad esempio dalla scelte sull’immigrazione, e dall’altra ha ceduto alla Lega l’elettorato di destra. 
Nel giro di appena un anno, il Movimento Cinque Stelle ha perso la metà dei consensi, sgonfiato sia nelle numerose consultazioni regionali e locali sia nel voto europeo. Nonostante ciò, Luigi Di Maio – principale colpevole del disastro – è rimasto al suo posto, questa sì una vera anomalia nella storia delle debacle elettorali.
Ora il M5S si rende protagonista di una nuova e inedita stagione, caratterizzata da un inaspettato quanto opportunistico flirt a sinistra. Una svolta radicale pur di mantenere le poltrone e non affrontare il giudizio (severo) degli italiani. Partner principale è proprio con quel Pd che è stato sempre il primo bersaglio delle invettive politiche di Grillo & company.
Certo, in politica s’è sempre visto di tutto. Ma un ribaltone così clamoroso è davvero una novità.
Siamo certi che, così come avvenuto con Salvini, anche con Zingaretti andrà in scena il suicidio politico, cedendo altre ampie fette di elettorato. Insomma, come ha ben scritto Sergio Rizzo, per i pentastellati è finita l’innocenza tanto sbandierata nelle ultime stagioni.
Piccola digressione per il Molise: avere tutti i parlamentari con la casacca dei Cinque Stelle potrebbe rappresentare un’opportunità. Invece di questi signori, almeno per noi che siamo a Roma, non abbiamo traccia.
Ed il fatto che persino il capoluogo molisano Campobasso, in totale controtendenza (al solito) con il resto d’Italia, si sia donato alla causa pentastellata pur di punire amministratori regionali che perpetuano gli errori e le loro drammatiche conseguenze, la dice lunga sullo stato comatoso di un territorio che meriterebbe ben altro. Ma è un discorso che ormai è una sorta di amaro ritornello…

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