Molise, l’assistenza ai malati di Alzheimer al tempo della crisi (e della malapolitica)



Nel periodo più acuto della recessione economica, cioè dal 2007 al 2015, il Molise ha bruciato circa un quinto del suo Pil. Si tratta di un salasso economico e sociale tra i peggiori dell’intero Paese. Le conseguenze più visibili investono soprattutto l’occupazione, il cui tasso è oggi di poco inferiore al 50 per cento, circa sette punti al di sotto della media nazionale. Il tasso di disoccupazione è attualmente ad un preoccupante 14,3 per cento (11,9 in Italia), con quella di lungo periodo che rappresenta ben il 67,7 per cento del totale.
Inoltre, tra il 2007 e il 2014, il Molise ha registrato un calo della produzione del 14,8 per cento, molto più marcato rispetto a quello medio del Mezzogiorno e del Paese, rispettivamente del 12,7 e del 9,0 per cento. La regione ha pagato principalmente la crisi strutturale dei comparti tradizionali di specializzazione, come l’avicolo in provincia di Campobasso ed il tessile in provincia di Isernia.
Questa dissoluzione economica genera ovviamente conseguenze drammatiche sul piano sociale. Emblematici due dati: la quota dei debiti finanziari delle imprese, secondo la Centrale dei rischi, è salita dal 50 al 63 per cento tra il 2008 e il 2015; le immatricolazioni all’università di giovani molisani di 18-20 anni sono diminuite di ben il 20 per cento tra il 2007 e il 2014, più della media nazionale (-8,0 per cento) e del Mezzogiorno (-16,2 per cento).
Si tratta di freddi numeri che però spiegano bene lo sconvolgimento sociale di un territorio, per lo più montano, che già storicamente ha pagato un prezzo elevato alle difficoltà quotidiane e alla scelta obbligata di emigrare altrove. La regione ha appena 310mila residenti, di cui molti tra l’altro vivono altrove, mentre nel mondo ci sono circa 900mila persone d’origine molisana.

UNA SANITA’ MALATA DI CRISI – Uno dei comparti dove è particolarmente evidente lo scadimento dei servizi è quello sanitario. Il Molise è una delle sei regioni italiane a cui dal 2006 è stato imposto un piano di rientro economico, che equivale a onerosi ticket, a pesanti tagli all’assistenza, nonché al blocco del turnover per il personale. Il debito del comparto, a causa soprattutto della cattiva politica, era infatti arrivato a sfiorare un miliardo di euro, pari a 3.300 euro a residente. Per cui si è reso necessario il commissariamento nel 2009. Per far scendere il debito agli attuali 400 milioni di euro, i tagli sono stati pesantissimi.

A pagare questa situazione è ovviamente la qualità delle prestazioni sanitarie. Il Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei “Lea”, cioè dei “livelli essenziali di assistenza”, nell’ultimo rapporto relativo all’anno 2013, ha valutato l’assistenza ospedaliera molisana di molto inferiore alla media nazionale.
Non passa, quindi, giorno in cui i cittadini denuncino un profondo decadimento dell’offerta sanitaria in regione, nonostante siano presenti centri di eccellenza come la Cattolica a Campobasso e la Neuromed a Pozzilli. Di fatto, però, la cosiddetta “mobilità passiva”, cioè i viaggi della speranza di malati costretti a cercare risposte in altre regioni, è un fenomeno nuovamente in crescita. Nel contempo molti medici preferiscono trasferirsi fuori regione, non appena si presenta loro un’opportunità.
Tra i casi rappresentativi di questa difficile condizione di deterioramento sanitario, ci si può soffermare sulle problematicità legate alla principale malattia neurodegenerativa, cioè l’Alzheimer. Un male verso il quale le istituzioni non sempre dimostrano la necessaria sensibilità.
Eppure il piccolo Molise, caratterizzato da una netta maggioranza di comuni sotto i mille abitanti, esente quindi dalle complessità imposte da una diffusa urbanizzazione e forte di un rapporto altamente armonico tra uomo e ambiente, potrebbe costituire un’oasi di eccellenza nell’assistenza ai malati di Alzheimer. A supporto di ciò c’è anche una radicata prassi culturale, di tradizione contadina, secondo la quale l’assistenza dell’anziano o del malato è compito principalmente dell’universo familiare.
Ed in effetti il Molise, almeno sul piano delle intenzioni, nel periodo pre-crisi ha mostrato un buon attivismo progettuale per l’assistenza domiciliare. Nel 2005, ad esempio, con le delibere 542 e 543 del 9 maggio 2005, la Regione ha dato impulso all’innovativo modello “Ada”, Assistenza domiciliare Alzheimer, con lo scopo di fornire un servizio a chi accudisce in prima persona i propri cari. E’ stato creato un Gruppo di coordinamento delle malattie neurovegetative, promotore soprattutto di piani operativi, mentre per alcuni servizi è stata coinvolta direttamente l’Aima Molise, la dinamica sezione regionale dell’Associazione italiana malati di Alzheimer.
In particolare la Giunta ha approvato l’istituzione – in via sperimentale per sei mesi sull’intero territorio regionale – del Servizio di assistenza domiciliare ai cittadini affetti da Alzheimer con l’intenzione di ampliare l’esperienza del Centro Alzheimer attivo presso la Asl Centro Molise. La regione poteva contare su tre Unità valutative Alzheimer (Uva), cioè tre centri specialistici finalizzati a diagnosticare e valutare lo stato della malattia, a stabilire la terapia appropriata, ad attivare le iniziative più idonee per il sostegno alle famiglie.
Nonostante le buone intenzioni, i progetti hanno subito un lento e inesorabile declino, causa soprattutto i tagli economici. Con il passare degli anni, tante “buone intenzioni” degli amministratori sono venute meno. La maggior parte dei progetti finalizzati al sostegno familiare è diventata carta straccia. Quanto previsto dallo stesso Piano sanitario regionale è stato disatteso. La situazione è via via peggiorata, con risvolti persino paradossali.
Il professor Cosimo Dentizzi, tra i più noti ‎geriatri molisani, già nel 2011 denunciava l’esistenza, su tutto il territorio regionale, di un solo centro diurno a Campobasso ed una “parvenza di assistenza domiciliare”, cioè otto ore alla settimana per sole cento persone affette da Alzheimer, “esperienze che faticosamente sono portate avanti soltanto grazie all’impegno generoso ed intelligente di tanti operatori, la maggioranza dei quali sono retribuiti male e sempre con mesi di ritardo”. Dentizzi invitava i politici locali a “passarsi una mano sulla coscienza”, spronandoli ad adoperarsi per garantire l’assistenza basilare a tutti i malati molisani e, nel contempo, ad attivare un servizio di sostegno e supporto ai familiari.
Nello stesso periodo, a conferma della denuncia del professore, la cooperativa molisana “Centro servizi sanitari” (Css), una delle più attive sul fronte dell’Alzheimer, manifestava tutto il proprio sconforto nell’assistere al decadimento dell’assistenza domiciliare in Molise, passata da “un modello d’avanguardia”, ad una realtà “da ultimo posto”. Conseguenza anche di una situazione lavorativa totalmente precaria per gli operatori sanitari, con stipendi “conquistati” con diversi mesi di ritardo. Condizione che ovviamente ha portato allo svilimento del modello sperimentale “Ada”, cioè l’Assistenza domiciliare Alzheimer, finita addirittura in un contenzioso nazionale con rilievi e sanzioni da parte dei Tavoli tecnici ministeriali, diffide alla Corte dei Conti e un braccio di ferro economico tra l’Azienda sanitaria regionale (Asrem) e l’assessorato regionale alle Politiche sociali su “chi dovesse pagare cosa”. Motivo del contendere proprio le prestazioni del modello sperimentale “Ada”, secondo le accuse non contemplate pienamente nei livelli essenziali di assistenza causa le differenze medico/infermieristico/riabilitative e quelle sociale/assistenziali.
Insomma, tanta burocrazia sulla pelle soprattutto dei malati di Alzheimer – settemila nel piccolo Molise dai tanti abitanti anziani – e dei loro familiari.
A nove anni dall’attivazione, il progetto “Ada” ha conosciuto la fine il 31 dicembre 2014. Il 3 febbraio 2015 la Giunta regionale ha approvato un nuovo piano triennale di presa in carico dei pazienti affetti da Alzheimer stanziando un milione e 350 mila euro e incaricando l’Asrem a ripristinare il servizio socio-sanitario a domicilio per tutti i soggetti seguiti. Fondi davvero scarsi, per cui oggi l’assistenza registra spesso risposte inadeguate per l’esercito dei malati di demenza. La rete di sostegno continua ad essere carente, le diagnosi sono talvolta tardive e le famiglie vengono spesso lasciate sole.

PICCOLE MA MERITORIE ESPERIENZE – In un quadro generale non esaltante, dove l’assistenza domiciliare è decisamente carente, vanno comunque registrate iniziative meritorie che mirano soprattutto a sensibilizzare la popolazione sui temi delle demenza, a dare consigli utili per adottare stili di vita preventivi, ma anche a promuovere attività psicoterapiche e motorie.
“Conosciamo l’Alzheimer” è, ad esempio, una campagna informativa itinerante organizzata dal Centro Alzheimer di Campobasso, in collaborazione con il Centro clinico psicologico Gea. L’iniziativa sta toccando numerosi comuni della provincia di Campobasso in questo 2016. L’obiettivo è quello di divulgare la conoscenza sulla tematica ad uso di coloro che sono interessati sia su un piano professionale sia come utenti.
Il Centro Alzheimer di Campobasso (tel. 0874-409135/8), con sede in via Toscana 79, è presente nella Asrem dal novembre 2002. L’obiettivo principale degli approcci assistenziali della struttura è quello di garantire un continuum assistenziale e risposte alle esigenze dei malati e dei loro familiari. L’equipe multidisciplinare è composta da un geriatra, tre psicologi, un assistente sociale e una segretaria. Il Centro è aperto tutti i giorni dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 13.30.
Altra esperienza positiva, attiva da meno di un anno, è il “Caffè di Enrichetta” ([email protected]), piccolo centro di supporto socio-psicologico con sede a Campobasso in contrada Colle dell’Orso. Qui i malati lievi di Alzheimer, i familiari e i loro accompagnatori svolgono per due giorni alla settimana (il mercoledì e il giovedì) varie attività psicoterapiche e motorie (orientamento alla realtà, ginnastica dolce, musicoterapia), laboratori e incontri. In particolare si punta molto alla terapia di orientamento alla realtà di tipo formale e informale, all’attività motoria, alla ginnastica dolce, alla musicoterapica, alla socializzazione e all’attività di supporto per i familiari, sia individuali sia di gruppo con la presenza di una psicologa. Non mancano incontri di informazione con gli specialisti.
“Dopo l’inaugurazione abbiamo ricevuto molte telefonate da parte di medici, sociologi e assistenti sociali che hanno manifestato la loro volontà a svolgere attività di volontariato nella struttura – spiega Antonio D’Ambrosio, presidente dell’Amma, l’associazione molisana malati di Alzheimer. Attualmente il centro ha sei operatori che si occupano di una quindicina di malati. “La nostra speranza è che, raccogliendo fondi e coinvolgendo soggetti disponibili a lavorare in questo campo, si possa arrivare anche ad allargarci su Termoli e Isernia – continua D’Ambrosio.
La Fondazione Unicredit ha finanziato questa ed altre undici strutture in Italia dedicate ai disturbi neuro-vegetativi, per lo più al centro-nord: Campobasso, con Napoli, è l’unica nel Mezzogiorno.
Un’altra realtà particolarmente dinamica che opera nell’ambito dell’Alzheimer è la Onlus “Panta Rei Ama Molise” ([email protected]) di Monteroduni, in provincia di Isernia, presieduta da Domenico Esposito.
Il Molise, che si caratterizza – per peculiarità anagrafica – con una percentuale di popolazione anziana tra le più elevate a livello nazionale, è particolarmente coinvolto quindi nella tematica dell’Alzheimer. Il grande lavoro di assistenza svolto dalle famiglie, spesso coadiuvate da associazioni e cooperative sociali, deve essere sostenuto dalle istituzioni affinché si garantisca sempre un’assistenza di qualità ai malati ed un sostegno concreto alle realtà familiari, alleggerendo loro il carico di cura.
Un malato di Alzheimer, infatti, ha bisogno di cure costanti, i cui costi, tra l’altro, gravano quasi esclusivamente sulle famiglie. Ecco perché cresce, da più parti, la richiesta di una maggiore vicinanza da parte delle istituzioni, finora decisamente latitanti.

(Giampiero Castellotti)

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