Abbiamo più volte scritto dei pericoli involutivi della democrazia verso forme di oligarchia o di plutocrazia.
Sappiamo bene che un sistema di governo democratico non può essere considerato conquistato o compiuto; la storia, infatti, ci insegna come le sue forme di realizzazione abbiano visto conquiste ed arretramenti perfino verso il baratro delle dittature.
Dunque la democrazia è in itinere e va continuamente difesa ed attuata sul piano formale, ma soprattutto sostanziale.
In rare occasioni di democrazia diretta, realizzata su esperienze di scala assai ridotta, siamo riusciti a fondare il principio di unanimità; poi abbiamo dovuto accettare quello di maggioranza e di rappresentanza che tuttavia, se non sono fondati sui principi di “una testa, un voto” e cioè sulla sovranità di tutti e di ciascuno, sono sempre forieri di rischi di totalitarismi.
Chi pensa che basti scrivere una buona legge costituzionale alla base di uno Stato per avere democrazia è un illuso, perché ci sono popoli che hanno promulgato ottime Costituzioni, ma di fatto non le vedono applicate, perché l’autonomia di base della “crazia” è messa in discussione o tra parentesi ed i diritti fondamentali del cittadino sono calpestati.
A livello mondiale la globalizzazione si è realizzata per la circolazione delle merci, ma non certo per la realizzazione dei diritti dell’uomo sul piano della libertà, dell’uguaglianza, della fratellanza e della giustizia sociale.
La politica, come arte e tecnica di governo secondo sistemi di rappresentanza capaci di garantire la voce di tutti e di ciascuno, dovrebbe garantire la democrazia, ma essa ormai è schiava del potere economico gestito da lobbies più potenti delle stesse organizzazioni statali o sovranazionali.
A tutto questo ci ha portato una corruzione, figlia di una voglia smisurata di potere, di denaro e di prestigio, che è stata capace di seppellire il principio etico dell’onestà che ha ispirato sempre i tanti uomini e donne giusti che hanno vissuto su questa Terra e che sono riusciti a realizzare percorsi di costruzione di una società vicina alla condivisione dei beni del Pianeta.
Nell’orizzonte storico attuale la speculazione finanziaria e la ricerca ossessiva dell’arricchimento anche a spese del prossimo stanno sotterrando l’etica e demolendo la democrazia.
A livello mondiale ormai l’autonomia di gestione del potere da parte del popolo è ridotta al lumicino ed i sistemi reali di governo democratico stanno rasentando la finzione.
In Italia, poi, i sistemi di leggi elettorali di livello nazionale e locale hanno decisamente quasi annullato per l’elettore il potere di scelta della rappresentanza, sostituendolo con una plutocrazia partitocratica soggetta in generale a lobbies economiche e perfino alla criminalità ed alla malavita organizzata, come testimoniano con chiarezza i recenti episodi nei consigli regionali del Lazio e della Lombardia ed in quello comunale di Reggio Calabria che potrebbero essere solo le punte di un iceberg del malaffare costruito attraverso il voto di scambio con cittadini disposti purtroppo a farsi ghettizzare in un’esistenza solo privata e senza più sovranità, come ad esempio è avvenuto con il cosiddetto governo dei tecnici.
Non solo nulla si muove nel parlamento e nei consigli regionali sul piano del ritorno a leggi elettorali che rifondino il principio della sovranità popolare, ma ci sono, a nostro parere, tentativi di riforma delle organizzazioni delle amministrazioni locali che, con la scusa della necessità della spending review, rischiano seriamente di ricostituire un potere verticalizzato capace di negare quel tanto di autonomia del governo locale che la nostra Costituzione garantisce.
Tanto per essere chiari, come abbiamo già scritto in qualche precedente editoriale nel quale abbiamo delineato proposte concrete, non possiamo, ad esempio, comprimere la rappresentanza eliminando la voce delle minoranze, né a livello parlamentare, né tantomeno sul piano dei Consigli Regionali o delle “Unioni Municipali”.
Eliminiamo pure Enti ed istituzioni superflue o inutili, ma stiamo attenti a non affossare quel tanto di democrazia diretta che talune forme amministrative garantiscono.
Se questi, come noi crediamo, sono aspetti di un degrado della politica e della democrazia, noi da cittadini abbiamo il dovere della presenza attiva, non più solo sul piano dell’indignazione sterile, ma anzitutto su quello della rivolta pacifica, ma dura contro il malaffare, l’ingordigia verso l’arricchimento, il prestigio ed il potere, così come nei riguardi dell’incapacità di una classe dirigente assolutamente inefficiente a livello nazionale e locale.
Molti si affacciano sulle piazze della protesta o rifluiscono nell’astensionismo dal voto o nelle lotte appaltate alle organizzazioni sindacali e politiche o più in generale alla collettività o alla moltitudine.
Tutto questo può essere solo un momento della rivolta contro il degrado, ma non esaurisce l’impegno del cittadino nella lotta per la costruzione della democrazia che va rifondata sui suoi elementi di base che sono l’etica dell’onestà e della condivisione, sul rispetto della verità e della legalità, sui principi di libertà, di uguaglianza e giustizia ed ovviamente sulla coerenza degli stili di vita e sulla necessità per ciascuno di un impegno di cittadinanza attiva fondato sulla capacità di elaborazione di proposte politiche a livello di base .
Per tutto questo non possiamo arrenderci al potere plutocratico, ma dobbiamo difendere quello di tutti e di ciascuno organizzando forme efficaci di partecipazione in una cittadinanza che deve ispirarsi sempre al pensiero critico.
Possiamo anche accettare che la videocrazia dei soliti noti costruisca il pensiero unico, come purtroppo avviene quotidianamente, ma dobbiamo convincerci che con tali meccanismi lontani dalla sovranità popolare la democrazia collasserà.
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