Draghi e lo spread



Grandi lodi alla dichiarazione di Draghi: sull’’euro non si passa. La nettezza delle dichiarazioni di Draghi a difesa dell’’euro – con l’’aggiunta che la Grecia deve restare nella moneta unica – se paragonate alla confusione di chi ha la responsabilità politiche in Europa portano ad un comprensibile apprezzamento.
Preso da un eccesso Eugenio Scalfari ha attribuito a Draghi il ruolo di salvatore dell’’euro e dell’’Europa. Peccato che la Bce non sia una struttura di democrazia rappresentativa, ma una tecnocrazia che non risponde del suo operato se non ai governi, alle banche centrali dei Paesi aderenti, ai trattati istitutivi.
Di fronte al rischio di un’’impennata speculativa degli spread di Spagna e Italia la decisione della Bce di acquistare titoli del debito pubblico costituisce senza dubbio un muro di difesa, come Monti ha chiesto con insistenza.
Basterà a bloccare l’attacco all’’euro?
I fondi a disposizione fino alla decisione della Corte tedesca sono esigui e il rischio che questo non basti è concreto.
In ogni caso se lo spread italiano con i titoli tedeschi dovesse restare superiore ai 200 punti la febbre sarebbe scesa, ma resterebbe pur sempre il sintomo di una mancata guarigione. Gli interessi sul debito italiano continuerebbero ad essere molto pesanti e alla lunga insostenibili.
Le misure salva spread sono utili per l’’emergenza, ma in realtà un rimedio contro la febbre, non contro la malattia. Se lo spread è una dannazione per i Paesi sotto tiro della speculazione, è una manna per quanti beneficiano di tassi di interesse bassi o sotto zero. Il debito pubblico di Germania, Olanda, Francia, ecc. costa pochissimo o nulla e per sovrappiù anche il credito al loro sistema economico costa molto meno.
In altre parole le aziende italiane competono all’estero con con costi più alti di quelle di altri Paesi concorrenti.
Il fondo salva spread dovrebbe basarsi sulla solidarietà di chi riceve un beneficio nei confronti di chi subisce il peso della speculazione. Ma non è così.
Anche se contenuto dall’’intervento della Bce lo spread per Italia, Spagna, ecc. rimarrà alto, con il risultato che questi Paesi dovranno pagare troppo salato il loro debito.
Inoltre la Bce non si occupa della ripresa economica. Può spingere le banche a prestare alle imprese, ma per riequilibrare la situazione dovrebbe imporre tassi medi europei. Altrimenti il risultato non rimuoverà la disparità tra Paesi.
L’’esigenza di un intervento della Bce sugli spread è necessario anche perché il prestito di 1.000 miliardi alle banche è triennale e quindi i titoli pubblici a scadenza più lunga sono fuori dalla portata di questo denaro “facile” e conveniente.
Senza adeguate misure con l’’obiettivo di rilanciare la crescita economica e l’’occupazione l’’Italia rischia di non farcela. L’’Italia è in emergenza occupazione con 3 milioni di disoccupati e 1 miliardo di ore di Cassa integrazione. Non sempre la crescita economica dà buoni risultati sull’’occupazione, come non sempre è ambientalmente compatibile. Per ottenere questi risultati occorre una politica che ci prova.
I 130 miliardi dell’’Europa destinati alla crescita sono in buona parte un riutilizzo di fondi dell’’Ue e richiederanno tempo per essere efficaci. Nel frattempo la crisi si aggraverà.
A fine anno la recessione in Italia sarà peggiore del previsto, più vicina al 3% che al 2 e il 2013 sarà un anno senza crescita.
L’’Italia e i Paesi più colpiti non possono aspettare i tempi di altri Paesi oggi più solidi. Per una fase economica l’’Italia non potrà compensare i sacrifici con i proventi della ripresa, perché non ci sarà. Certo, il governatore Visco deve infondere fiducia, ma dubito che sia convinto che stando così le cose nel 2013 inizierà la risalita.
Come e perché questo dovrebbe avvenire? Arrivare ad un sistema bancario con regole europee può aiutare, ma il tira e molla sulla Tobin tax – a cui formalmente pochi si oppongono – conferma che siamo ben lontani da un sistema europeo di regole per metttere sotto controllo i mercati finanziari e i loro prodotti tossici.
Le banche hanno bisogno di fondi, ma truffano il mercato per miliardi come nel caso Libor.
Fintantochè che non vi saranno nuove regole si continuerà con lo stop and go di crisi finanziarie e Stati che ripianano le perdite, a spese dell’’occupazione e dello stato sociale. La svalutazione non è più monetaria ma meno salario e meno stato sociale.
L’’azione del governo Monti è centrata sull’’obiettivo di fare tornare i conti. La ripresa sembra delegata alla fortuna o all’’Europa, che a sua volta non perde occasione per rimproverare l’’Italia e gli altri paesi in crisi per il loro ritardo nello sviluppo. Come potrebbe essere diversamente visti i tagli sulla domanda?
L’’impostazione del governo Monti non realizza nemmeno l’’equilibrio dei tre pilastri dichiarati al suo insediamento. Per alcuni aspetti come innovazione, stato sociale, rinnovabili, redistribuzione del lavoro dimostra un’’arretratezza culturale preoccupante.
Per di più l’’Italia si è vincolata al rientro del debito in 20 anni attraverso il Fiscal compact. Più o meno il 5% l’’anno. Il risultato sarà un pesante impoverimento del Paese che non aiuterà certo la ripresa economica.
Anche quelli che vengono presentati come risultati sono pesanti fardelli che l’’Italia dovrà pagare in futuro e in particolare le nuove generazioni. Dopo tanti discorsi sui sacrifici da fare per dare una prospettiva ai giovani, questi in realtà stanno pagando le conseguenze dell’innalzamento secco dell’’età pensionabile e della riduzione dei posti di lavoro che non trovano un adeguato contrasto dal governo. Questa situazione colpisce chi era nel mercato del lavoro ma bastona pesantemente chi non riesce ad entrarvi.
Questa situazione avrebbe bisogno di un nuovo accordo tra i soggetti politici e sociali fondamentali, esattamente il contrario di quanto sta avvenendo. Per questo anche se Draghi riuscirà a fare diminuire la febbre dello spread, cosa importante per evitare il precipizio, ci sarebbe bisogno di curare la malattia, ma questo è un discorso che ormai solo un esito delle urne potrebbe portare avanti. A condizione che non si tentino soluzioni pasticciate.

Alfiero Grandi

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