I riti e le loro funzioni



Fondamentalmente i riti corrispondono a quell’insieme di atti che gli esseri umani compiono per esternare la loro religiosità, per sostenere la propria identità, per propiziarsi la felicità o per rafforzare i tratti essenziali della comunità cui appartengono.
Da ciò si desume che, pur essendo associabili il più delle volte alle manifestazioni religiose, non sono comunque ad esse riducibili, perché riguardano anche aspetti importanti della vita personale, civile e sociale.
I riti sono nati con la stessa comparsa dell’uomo sulla Terra, possono essere di natura personale o collettiva, ma sicuramente hanno una rilevanza notevole in tutte le comunità.
Secondo gli studiosi la loro funzione è molteplice e serve all’uomo per avviare o rafforzare processi esistenziali, per difendersi dalle avversità, per rinsaldare legami sociali, per facilitare scelte di vita e perfino per esorcizzarne taluni aspetti ritenuti negativi, quali il dolore o la morte.
La struttura, i simboli e le regole di adesione variano rispetto alle credenze ed alla cultura delle popolazioni; ovunque, tuttavia, presuppongono una partecipazione convinta e legata ad una profonda reattività emozionale.
Possono essere semplici, essenziali, ma anche molto complessi e plateali, soprattutto quando sono legati a cerimonie o festività. Nel secondo caso generano consuetudini e tradizioni ripetibili periodicamente e collegate a forti richiami turistici. Per alcuni psicanalisti esiste anche una ritualità inconscia che accompagna molti momenti dell’esistenza, come scendere dal letto sempre con lo stesso piede, spingere comunque la porta dopo averla chiusa o salutare le persone con modalità diverse a seconda del sesso o della categoria sociale.
In relazione al fine che vogliono raggiungere i riti si definiscono di iniziazione, di passaggio, di propiziazione, di espiazione, festivi o funebri.
È chiaro che la loro accettazione e la conseguente partecipazione varia in ragione del modo di pensare e della sensibilità di ciascuno; ci sarà pertanto chi aderirà ad una parata militare e chi invece la diserterà per ragioni esattamente opposte.
Rispetto ad una tale linea di analisi ne consegue che non è possibile esprimere sui riti un giudizio complessivo ed unanime, ma esso varia secondo i principi ed i valori di riferimento di ciascuno.
Certo tutti abbiamo il dovere di riflettere sulla disumanità di tanti riti che ci auguriamo appartengano definitivamente alla memoria storica come i roghi contro streghe ed eretici o quelli dell’avvio alle camere a gas all’interno dei lager nazisti; ma non dimentichiamo anche altri che purtroppo permangono come l’infibulazione, le lapidazioni o altre forme di condanne a morte.
Talune prassi rituali sono davvero espressioni profonde di convincimenti personali di tipo religioso o civile e servono a potenziare e testimoniare fede religiosa, valori etici e convincimenti socio-politici; altre possono essere, invece, esaltazioni individuali e collettive o semplici esternazioni di tipo folcloristico.
Nelle manifestazioni religiose cattoliche, ad esempio, i riti legati all’amministrazione dei sacramenti o a momenti liturgici come quelli legati al Natale ed alla Pasqua appartengono sicuramente al primo tipo, quando servono all’intera comunità per esprimere la propria fede rispetto a momenti fondamentali dell’esistenza; talora, tuttavia, essi stessi, ma anche talune processioni non ci appaiono sempre il frutto di una piena maturità di testimonianza o di devozione, quanto piuttosto espressione troppo elementare di una religiosità popolare che forse andrebbe diversamente manifestata.
Noi pensiamo anche che una certa sobrietà nell’utilizzo di materiali, paramenti e simboli concreti, soprattutto nel culto e nella pratica devozionale, darebbe prima di tutto a chi non crede l’esempio di una fede diversa da quella che oggi molto spesso appare.
Gli stessi esempi potremmo citare per il mondo islamico in cui costumi e riti sono ancorati ad un tradizionalismo che sfuma pericolosamente nel fanatismo e nel fondamentalismo.
Il medesimo discorso andrebbe ripetuto per certe manifestazioni civili come le parate militari che appaiono più come dimostrazioni di forza muscolare che testimonianza dei valori della pace.
Non ci interessa, sia ben chiaro, alcuna forma di discorso dissacrante, anche se la conservazione di talune cerimonie andrebbe sicuramente ripensata.
In buona sostanza ciò che ci preme sottolineare non è l’eliminazione dei riti, che costituiscono anzi momenti importanti della vita dell’uomo, ma una loro evoluzione sostanziale, formale ed estetica che permetta ad essi di avere un’adesione larga e di conservare un significato ed un ruolo positivo per le comunità che si esprimono anche attraverso queste manifestazioni. È ciò che potrebbe aiutarci a mantenerne l’essenza più profonda.
Purtroppo i riti un po’ ovunque ed anche nel nostro Molise molto spesso hanno perso la connotazione di eventi cui partecipa l’intera cittadinanza per trasformarsi in una sorta di spettacolo tenuto da figuranti che recitano per il resto della popolazione, la quale assume solo il ruolo di spettatrice talora anche molto distratta. In questo caso possiamo parlare più di rievocazioni o spettacoli che di veri e propri riti legati alla vita presente. Siamo come di fronte ad uno svuotamento del loro proprium e ad una conseguente trasformazione in vetrine folcloristiche, in parate o moltiplicatori di identità per soggetti che se ne servono per finalità che spesso nulla hanno a che fare con le funzioni originarie dei riti stessi.
In tal modo si capisce bene come essi possano costituire momenti utili di attrazione turistica, ma hanno perso il ruolo religioso e sociale di sempre, perché una cosa sono i riti ed un’altra le reminiscenze e le riproposizioni degli stessi o peggio ancora la loro banalizzazione.

(Umberto Berardo)

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