Pal condicio



Centotrentadue, tra comitati e associazioni, aggregatesi da tempo nella Rete contro l’eolico selvaggio in Molise e che da tempo si oppone alla proliferazione selvaggia delle torri eoliche, non hanno ancora, evidentemente, sufficiente legittimazione per poter sedere al tavolo della discussione in un convegno recentemente organizzato da un organo di stampa e da un’emittente televisiva a Castelpetroso, nel Molise.
Solo a seguito delle vibrate proteste della Rete dei comitati, è stato ad essa concesso un breve spazio d’intervento in un evento che avrebbe potuto, invece, segnare l’occasione buona per una completa informazione verso l’opinione pubblica sui pro ed i contro di tale opzione energetica. Ma tant’è.
Dinnanzi all’affollata platea, composta quasi esclusivamente da politici, amministratori locali e da operatori del settore, i relatori (anch’essi della stessa estrazione) hanno dimenticato di toccare un punto saliente della questione: “Ma l’eolico è davvero il toccasana contro la futura crisi energetica? E’ forse in grado di produrre energia sufficiente al fabbisogno nazionale?”
Si sono, contrariamente, ben guardati dal riportare ciò che attualmente vien detto, anche e soprattutto da studiosi del settore, sulle reali possibilità di questa fonte di energia alternativa, ciò è a dire del suo apporto dalle irrisorie percentuali di produzione, ed inidoneo, pertanto, alla vera risoluzione dei problemi energetici. Eminenti personaggi del mondo scientifico, italiani ed esteri, politici e ministri della Repubblica, concordano in ciò (Tremonti definisce l’eolico una “balla” e, addirittura, “uno degli affari di corruzione più grandi”).
Ma l’approfondimento di tale tema – già di per sé imbarazzante per i relatori stessi -, li avrebbe posti innanzi ad un quesito: “Ma allora, il gioco vale la candela?”.
Argomento, quindi, scottante e da evitare in assoluto; inopportuno e controproducente, non in linea con lo spirito di un convegno finalizzato, invece, a magnificare le centrali eoliche ed il loro inserimento nel territorio, ma rilevatosi, agli occhi di osservatori obiettivi, un maldestro tentativo di coinvolgimento della opinione pubblica sulle scelte dell’eolico che la Regione Molise ha già imprudentemente abbracciato e che intende ancor più ampliare.
Più che porre tali interrogativi, era necessario, evidentemente, far giungere alla plaudente platea un messaggio tranquillizzante in contrapposizione alle proteste (notizie terroristiche …!) di chi vuole tutelare il proprio territorio dallo scempio ambientale e paesaggistico che l’eolico selvaggio e industriale, come concepito nel Molise, sta producendo.
Il nostro paesaggio, unanimemente riconosciuto di particolare bellezza, è stato, nell’occasione, ridotto a rango di optional ed assimilato ad un ingombrante fardello per lo sviluppo della regione, declassificandosi il suo ruolo di scrigno della memoria storico-culturale e giungendosi persino a snaturare il significato racchiuso nel dettato costituzionale per il quale il paesaggio ed il patrimonio storico-artistico della Nazione sono oggetto di tutela in assoluto.
Un convegno, in conclusione, snodatosi lungo un tracciato disseminato da segnaletiche indicanti divieti di accesso, divieti di svolta e di inversioni; un convegno dove finanche alla natura è stata attribuita la complicità di favorire la propria manomissione laddove, a detta di un Sindaco, essa non ha permesso, in un’area montana, di mettere a dimora piantine di alberi che, “bruciate” dalla violenza del vento, sono state opportunamente sostituite da torri eoliche (sic!).
Un convegno da dimenticare. O da riproporre per la affermazione di altre verità.
Come nella maggior parte delle cose che non funzionano, il difetto sta nel manico. Ed il manico è la incapacità politica, ora di questo, ora di altro schieramento (bipartisan, quindi), di individuare ed assegnare al Molise il ruolo che effettivamente gli compete e per la sua vocazione naturalistica, e per il suo contesto ambientale, per le sue prerogative e tipicità, per le potenzialità che è in grado di offrire.
Si tratta, quindi, di decidere cosa il Molise vorrà fare “da grande” e come aiutarlo a crescere. Ove si opti per un (impensabile) sviluppo industriale o anche per una politica del “tirare a campare”, si faccia senza esitazioni la scelta dell’eolico e del fotovoltaico a terra, continuando ad affidare ai Signori del Vento, odierni predatori del territorio, la occupazione di ogni angolo di questa regione. Contrariamente, l’alterazione ambientale non potrà più essere condivisa e accettata, ma salvaguardato ogni lembo di terra, al di là degli sterili e risibili conteggi sul numero effettivo di torri impiantate o da impiantare (4000 o 1200 che differenza fa, consigliere Berardo?), e, soprattutto, pretendendo l’attuazione di quanto già previsto dalla normativa statale in ordine alla ripartizione regionale, per quote ed in base alle caratteristiche di ciascuna regione, del contributo da fonti rinnovabili per il raggiungimento del 17% di energia da fonti rinnovabili nel 2020 da parte dell’Italia (burden sharing).
E ci meraviglierà scoprendo che il Molise tale quota ha già ampiamente superato e come esso sia tra le regioni che, proporzionalmente al suo territorio, ha il numero di torri eoliche più alto.

(Gianluigi Ciamarra)

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