“Abbracciamo la cultura”, dal Colosseo a Santa Maria della Strada



ROMA – “Abbracciamo la cultura” è una coalizione che sotto il segno della difesa del nostro patrimonio culturale riunisce importanti organizzazioni del settore (tra le altre: Acli, Associazione italiana biblioteche, Associazione nazionale archeologi, Arci, Arr, Auser, Cgil, Cia, Fidac, Fitel, Iacs, Legambiente, Uil, ecc.).
Il “cartello” ha diffuso, di recente, alcuni dati significativi sullo stato dei nostri beni culturali.
Il più emblematico riguarda gli stanziamenti per la cultura: dai 2.171 milioni di euro del triennio 2003-2005 si è scesi ai 1.719 dell’attuale programmazione.
Di contro, i dati del nostro patrimonio sono eloquenti: 46.025 i beni architettonici sottoposti a vincolo, 5.668 i beni immobili archeologici, 44 i siti patrimonio dell’umanità per l’Unesco (primato italiano nel mondo, pari al 5% del totale), più 2 immateriali (l’Opera dei pupi siciliani e il Canto a tenore del pastoralismo sardo). Il Colosseo registra quasi cinque milioni di visitatori l’anno, gli scavi di Pompei oltre due milioni, la Galleria degli Uffizi un milione e mezzo. Cifre importanti anche per la Galleria dell’Accademia, Castel Sant’Angelo, Boboli, Villa d’Este, la Reggia di Caserta, Galleria Borghese, Galleria Palatina e Galleria d’Arte Moderna.
E ancora: 12.388 biblioteche (46 statali, 6.372 di enti pubblici, 2.056 degli atenei, 1.258 di enti ecclesiastici), oltre 60mila archivi (145 di Stato, 8.224 di enti pubblici territoriali, 50mila di enti pubblici non territoriali – Università, istituzioni culturali, Camere di commercio -, 3.800 privati “vigilati”).
Rapportando tali dati al numero dei Comuni italiani (8.094), si deduce che non vi è centro abitato in Italia che non possieda almeno un bene culturale vincolato.
“L’elevata percentuale del patrimonio culturale presente in Italia, viene utilizzata in varie occasioni dalla politica per indicare la cultura e le sue testimonianze storico-artistiche come elemento fondante e distintivo del nostro Paese – ricorda “Abbracciamo la cultura”. “Purtroppo, staccandoci dalle citazioni retoriche, dobbiamo rilevare invece che negli ultimi dieci anni l’impegno a sostegno del settore, da parte della politica è stato inversamente proporzionale alle enunciazioni sulla sua importanza. Non vi è tuttavia dubbio che il patrimonio culturale sia uno dei caratteri distintivi dell’Italia; per la quantità ma soprattutto per la diffusione capillare sul territorio nazionale. Da questa specificità ne deriva la responsabilità di tenere conto, nelle politiche di sviluppo del Paese, di questa ricchezza fondamentale”.
La cultura, insomma, non è solo “un mucchio di rovine”, ma è elemento fondante di una collettività, che tra l’altro produce ricchezza: un turista su tre sceglie città di interesse storico-artistico per le proprie vacanze. Nonostante il difficile periodo di crisi economica che stiamo attraversando, il settore continua a produrre utili in crescita: nell’ultimo anno si registra un aumento del 5,3% dei turisti stranieri, pur con una contrazione dei giorni di permanenza.
Il manifesto della coalizione “Abbracciamo la cultura” offre una panoramica impeccabile sullo stato delle cose.
“I beni culturali del nostro Paese sono un giacimento enorme di opportunità di crescita economica, sociale e culturale – scrivono i promotori dell’iniziativa. “Questo straordinario patrimonio ereditato dalla storia e di cui noi siamo custodi, appartiene all’intera umanità e questo carica il Paese della grande responsabilità di tramandarlo alle future generazioni. Sulla valorizzazione di questa immensa ricchezza l’Italia può costruire una strategia di sviluppo sostenibile per l’oggi e per il futuro. Non “sentire” questa responsabilità e non cogliere questa opportunità non trova giustificazione alcuna. Per questo è necessario che chi vi opera per conservarlo, valorizzarlo, promuoverlo, gestirlo ha bisogno di un convinto sostegno, di adeguati investimenti, di riconoscimento professionale”.
Fatta la debita premessa, si entra nel cuore degli attuali problemi.
“Insieme a tutte le diverse forme di produzione e fruizione culturale, oggi i beni culturali italiani sono in sofferenza per i pesanti tagli operati dalla legge finanziaria, i quali vanno ad aggiungersi al disinvestimento culturale che il nostro Paese opera oramai da anni, penalizzando l’occupazione, le condizioni di lavoro, la professionalità e l’entusiasmo di tanti giovani – ribadiscono i promotori. “Opere d’arte e architettoniche, siti archeologici, musei, biblioteche, archivi, diffusi su tutto il territorio nazionale, che versano purtroppo nell’incuria, a rischio di crollo e di chiusura.
Questa stato di incuria è sintomo di un impoverimento culturale della società che non annuncia nulla di buono per il Paese e deve preoccupare non solo gli operatori del settore ma tutti i cittadini, le istituzioni educative e formative, il mondo del volontariato che opera nel campo ambientale e sociale. Non investire nei beni culturali e nella cultura più in generale, non garantire regolari e necessarie risorse, significa, di fatto, rinunciare a costruire reti di intelligenza diffusa, saperi e competenze, oltre che ostacolare la crescita culturale delle comunità”.
La coalizione “Abbracciamo la cultura” vuol quindi dare vita a un impegno diffuso per una forte “assunzione di responsabilità” da parte della collettività affinché venga definito un quadro trasparente di regole e di risorse certe, di lungo respiro che dia priorità alla “cura” del patrimonio culturale italiano e non a pochi eventi spettacolari e interventi emergenziali.
“La battaglia per la tutela, la valorizzazione e l’accesso ai beni culturali è parte di una più grande vertenza per ridare la giusta dignità alle politiche per la cultura e il suo patrimonio nel nostro Paese – scrivono gli aderenti alla coalizione.
“E’ necessaria una mobilitazione e una pressione pubblica che, a partire dalla discussione sulla “Legge di stabilità”, sia in grado di costruire iniziative territoriali che coinvolgano le organizzazioni sindacali e imprenditoriali, il mondo del credito e della finanza, le professioni, l’associazionismo diffuso, le istituzioni di ogni ordine e livello con i seguenti obiettivi:
* per una politica condivisa dei beni culturali che ne affermi la priorità nello sviluppo economico e culturale del paese;
* per garantire una gestione trasparente e partecipata dei beni culturali;
* per affermare il valore della tutela dei beni culturali, basata sulla conservazione preventiva e contrastare la prassi dell’emergenza;
* per dare dignità al lavoro di tutti gli operatori del settore attraverso il riconoscimento legislativo, contrattuale e professionale;
* per dare trasparenza alle procedure di spesa nei beni culturali a partire dagli appalti di lavori servizi e forniture, escludendo le gare al massimo ribasso ed esercitando un forte controllo sulla sicurezza degli operatori;
* per garantire la qualificazione delle imprese che intervengono sul patrimonio culturale, fondata anche su adeguati requisiti di natura professionale;
* per rilanciare il ruolo del ministero per i Beni e le attività culturali.
* per una politica condivisa dei beni culturali che ne affermi la priorità nello sviluppo economico e culturale del paese.
La valorizzazione e la corretta e diffusa fruizione dei beni culturali generano un forte bacino economico e innalzano la qualità complessiva dei territori in cui sono presenti, dandogli più chance per il futuro. Ogni bene viene visitato, il turista per visitarlo alloggia in qualche albergo, anche il più economico possibile, consuma cibo, bevande, fruisce di altre realtà caratteristiche del territorio, in sostanza spende soldi. Avere un bene culturale fruibile e valorizzato può rendere possibile lo sviluppo del territorio declinato anche in chiave federalista e sostenendo le realtà territoriali più virtuose”.
Va aggiunto che i beni culturali italiani costituiscono una fonte pressoché inesauribile di occupazione vista la ricchezza dei beni che il nostro Paese ha ereditato dalla sua stessa storia.
“Un territorio che punta sull’accesso e la valorizzazione dei propri beni culturali costruisce l’orizzonte necessario per comunità più consapevoli della propria storia, della propria cultura, della loro capacità di promuovere creatività ed innovazione nella consapevolezza che i beni e le attività culturali sono l’indispensabile complemento dei valori naturalistici, paesaggistici ed enogastronomici, a comporre il mix fruitivo che fa la fortuna del modello turistico italiano basato sulla integrazione territoriale – si legge nel “manifesto” della coalizione. “Nessuna loro difesa può aver successo se non integrata in una prospettiva di cura e di manutenzione dei territori costitutivi delle loro identità. Il patrimonio culturale appartiene alla comunità. La sua cura e valorizzazione è un problema generale che si fonda innanzitutto su un impegno straordinario sulla formazione e sulla ricerca”.
Una parte del “manifesto” riguarda la logica del “prevenire è meglio che curare”.
“La conservazione preventiva, ovvero l’insieme delle attività di studio, monitoraggio e manutenzione permette di ridurre il numero degli interventi di restauro ovvero degli interventi diretti sul bene culturale in situazioni ormai di emergenza che comportano inevitabilmente la perdita di parte del suo valore e materia – si legge nel testo. “A questo fine occorre rendere obbligatoria l’analisi preventiva (diagnostica) prima dell’affidamento degli appalti pubblici. Tale procedura multidisciplinare, a cui devono partecipare e collaborare scienziati della conservazione, è seguita in tutto il mondo anche grazie all’esempio dei conservatori italiani. Nel nostro Paese, al contrario, si interviene sul bene solo mediante il restauro, una tra le ultime fasi a cui ricorrere! Sarebbe invece molto più opportuno prima conoscere oggettivamente il bene, la sua storia, le sue criticità, per poi decidere se è il caso di operare un restauro o soltanto migliorare le condizioni di conservazione. Una gestione basata sulla conservazione preventiva significa salvaguardare il bene con efficacia senza dispendio di energie e di risorse economiche”.
C’è poi un problema che investe la sfera delle professionalità del comparto.
“Figure conosciute da tutti quali l’archeologo, l’archivista, il bibliotecario, il restauratore, lo storico dell’arte condividono, con altre meno note come ad esempio lo scienziato conservatore, l’operatore tecnico per il restauro e conservazione, il collaboratore restauratore, il triste destino di non vedere riconosciute in ambito legislativo il proprio ruolo, la propria professione, la passione e gli anni di formazione nelle università, nelle Accademie di Belle Arti, nei Centri di formazione professionali accreditati, nei corsi di formazione professionale riconosciuti, oltre che le competenze acquisite negli anni di esperienza. Sono migliaia i professionisti che, pur esterni alla pubblica amministrazione e alle università, contribuiscono ogni giorno in maniera decisiva al processo di tutela e di salvaguardia del patrimonio culturale italiano. Anche grazie a loro le soprintendenze, sempre più colpite da tagli di fondi e personale, riescono a controllare il territorio per assicurare il rispetto dell’articolo 9 della Costituzione. Eppure tali figure non sono contemplate nel Codice dei Beni Culturali e sono attualmente prive di riconoscimento professionale. Ciò si traduce troppo spesso in un ruolo subalterno sia come lavoratori che come professionisti, in assenza pressoché totale di diritti e di tutele nei confronti dei datori di lavoro privati e pubblici”.
C’è di più. “I tagli di risorse e di personale subiti dal ministero negli ultimi anni, in particolare quelli del 2008, hanno drasticamente ridimensionato il ruolo delle soprintendenze, compromettendone le capacità di controllo e le prerogative di tutela e di salvaguardia del patrimonio culturale. Occorre fare di tutto per scongiurare l’ulteriore taglio del 10%, che rischia di far figurare il personale ministeriale, già scarso, addirittura in eccesso. Ciò paralizzerebbe definitivamente l’intero sistema della tutela, legittimando la totale privatizzazione dei beni ad alta redditività e spingendo all’abbandono dei beni diffusi, ritenuti “minori”. Con il ministero in sopra organico anche il turn over già previsto (appena il 20%) sarà bloccato, impedendo così quel minimo ricambio generazionale nei quadri del ministero, che invece potrebbe essere ben garantito dall’assunzione progressiva degli idonei all’ultimo concorso che hanno superato rigorose prove selettive, peraltro molto costose per lo Stato”.
Un calendario di iniziative promosse nell’ambito della campagna “Abbracciamo la cultura” sarà presentato venerdì 25 febbraio, dalle 11.30, presso la Casa della partecipazione, via dei Sabelli 88/a, Roma. Sabato 5 marzo saranno attuate iniziative concrete, tra cui l’abbraccio di monumenti italiani, ad iniziare dal Colosseo.
Tra i monumenti rientrerà anche la splendida chiesa romanica di Santa Maria della Strada a Matrice (Campobasso), pregevole bene culturale del Molise in pericolo di devastazione e di abbandono.
Sempre in Molise, a Campobasso, il prossimo 2 marzo avrà luogo un convegno sulla tutela del patrimonio artistico e sulle emergenze ambientali, promosso dalla FP Cgil e Cgil regionale.
Alla campagna, per Roma, ha aderito anche l’associazione “Forche Caudine”.

(Giampiero Castellotti – 23 febbraio 2011)

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