Un Sud davvero povero e incapace?



Non siamo meravigliati del tipo di intervento che la Confcommercio, nella persona del suo presidente, Paolo Spina, ha fatto in relazione alla questione molto dibattuta in Molise sull’ “eolico selvaggio”, perché riteniamo che la democrazia debba avere, e mettere in pratica sempre, alcuni presupposti aprioristici, quali la piena libertà di espressione del pensiero di chiunque e il completo rispetto dello stesso.
Vorremmo prendere le mosse proprio dall’incipit dell’articolo del presidente della Confcommercio di Campobasso, che analizza un tipo particolare di federalismo – quello assistito -, di cui sarebbe beneficiario il Molise.
Una comunità nazionale è tale se mette insieme, rispetta e valorizza molteplici diversità al suo interno. Il concetto di “comunità nazionale” evoca quello della condivisione di una progettualità socio-economica che abbia come obiettivo il bene della comunità stessa. Questo “bene” ad una comunità si assicura con il sostegno del più forte nei confronti del più debole; del più fortunato nei confronti di chi la sorte ignora o ostacola malamente; è questa, dunque, una “forma fisiologica” dello stare insieme, del condividere e del “crescere”, dando consapevolmente a ciascuno il suo.
Un esempio banale è quello del corpo umano, le cui parti sono armoniosamente collegate fra di loro.
Riferendoci ad una comunità nazionale, dovremmo poter dire la stessa cosa, perché le sue parti sociali dovrebbero integrarsi per raggiungere un obiettivo comune, ossia il benessere della collettività.
Se per “federalismo” si intende tale tensione civile, allora vuol dire che l’organizzazione socio-economica obbedisce al dettato costituzionale e può davvero in questo modo essere lo strumento dello sviluppo di una nazione e del progresso di un popolo. La verità è che oggi stiamo assistendo alla diffusione di una forma esasperata di capitalismo, fondato sull’egoismo e sul prevalere del “più forte” sul debole. Non è questo il concetto di “federalismo” che molta parte della collettività nazionale intende applicare ed è per questa ragione che il conflitto e la diversità emergono, spingendo alla contrapposizione – Nord contro Sud -, al tentativo di imporre la logica del più ricco, del più capace che in questo modo pretendono, al di là delle regole essenziali della democrazia, di guidare il paese e di dividerlo sulla base delle ricchezze prodotte (per esempio, la Padania o il Centro-nord più in generale) convincendo la popolazione che sia possibile in questo modo perseguire le “magnifiche sorti e progressive”.
Siamo convinti che se si perdono il senso e l’orientamento civile e culturale della compartecipazione ad un destino comune , ad una storia condivisa, allora si apre il vortice dell’arretramento civile rispetto alle conquiste sindacali e quello ancora più tragico dei conflitti che possono presagire una reale balcanizzazione del paese e quindi una divisione che preannuncia anche una conflittualità violenta fra il Nord e il Sud del paese.
Il nostro è un paese la cui unità “nazionale” è stata conseguita” in seguito ad un “vulnus” grave (le note “annessioni”) che tanti dolori, sacrifici e morti innocenti ha comportato; ma tale disagio civile la Resistenza contro il nazifascismo e la promulgazione della Carta Costituzionale, andata in vigore nel gennaio del 1948, hanno fatto superare, saldando una nazione che così è rinata su principi, universalmente condivisi perché profondamente discussi nella fase costituente. Oggi, invece, tali principi vengono contestati sull’onda di un nuovismo che è solo una scelta di classe egoistica, miope, oscurantista – il ricco e opulento nord contro il sud straccione, povero ed incapace di autogestire le sue naturali risorse, e a volte anche utopista e sognatore -.
Noi siamo convinti che in Italia le classi dirigenti che si sono succedute in questi ultimi vent’anni – I^ e II^ Repubblica, quindi, di centro-sinistra e di destra – non siano state capaci di dare una positiva soluzione a molti problemi – quali il lavoro, l’ambiente, il welfare state, la scuola, la sanità, etc. etc. -, in quanto hanno obbedito quasi esclusivamente al detto popolare “tiramme a campà…”, come comunemente si dice nel nostro Sud. E’ evidente che è mancata una vera programmazione industriale, altrimenti non ci troveremmo a costatare o a gestire il fallimento indecoroso e degradante dei “rifiuti” (non solo campani ma anche di altre regioni d’Italia). Tra “munnezza” e vento.
Il problema dei rifiuti pone al centro del dibattito politico e delle progettualità economiche quello di una programmazione che guardi al futuro, nel quale trovino soluzione dignitosa le problematiche più gravi del paese. Nello specifico dello smaltimento dei rifiuti ogni regione dovrebbe avere la possibilità e la capacità di smaltire e di utilizzare i rifiuti come una risorsa per la collettività (le regioni più piccole potrebbero far rete e insieme costruire impianti che risolvano le problematiche legate allo smaltimento dei rifiuti e alla loro utilizzazione sociale).
Quale è la difficoltà che impedisce una tale necessaria realizzazione di impianti “solidali”, il cui uso ponga fine alle voci di disistima nei confronti delle comunità maggiormente colpite dalla “munnezza” e dalla paralisi che viene dettata dalle cosche camorristiche, dalla loro prepotenza e dalla loro aggressiva illegalità? Innanzitutto, c’è una forma chiarissima di “egoismo civile”, per il quale non si intende esprimere nessuna solidarietà alle comunità che sono allo stremo e non sono più in grado di sopportare la presenza umiliante dei rifiuti per le strade.
Non è vero, dunque, che le regioni “deboli finanziariamente”, come il Molise, esprimerebbero una egoistica fuga dinanzi ai problemi delle altre collettività regionali. Si discute nella rete contro l’eolico selvaggio, cioè si tenta di capire se un impianto così ampio di pale sia giusto e necessario nell’economia della produzione di energia elettrica da energia rinnovabile. Ci è sembrato di no, perché la irrazionale localizzazione e l’istallazione di così numerose torri eoliche ci appaiono abnormi, frutto sicuramente di pressioni fatte sulle strutture regionali, preposte a tali autorizzazioni, come pure sul personale politico che amministra le sorti della regione.
Inoltre, non c’è dubbio che tali sollecitazioni siano determinate anche dal volume enorme di affari e di guadagni che le ditte specializzate in questa operazione portano a casa. Insignificante il vantaggio economico per i cittadini che cedono l’usufrutto del loro campo in cambio appunto di un piatto di lenticchie; irrisori i vantaggi per le amministrazioni comunali, che proprio per queste ragioni dovrebbero avere il coraggio di mettere in comune le proprie risorse e provare a fare rete sulla produzione di energia elettrica e così avvantaggiare la stessa popolazione che ne usufruirebbe, come è nella logica.
Tutto questo si è discusso e ciò testimonia che quanti hanno preso parte a tale presidio si siano informati, abbiano così potuto darsi e anche proporre delle risposte congrue a quei concittadini, o a quei giovani, che hanno spesso chiesto le motivazioni dell’antagonismo della rete contro l’amministrazione regionale e centrale.
Non è dunque immaginabile che il Molise diventi una delle discariche più “gettonate” d’Italia: la solidarietà delle regioni va equamente distribuita anche alla luce della tipologia e della qualità effettiva degli impianti di smaltimento. Inoltre, ci vogliono controlli molto più severi e costanti nel tempo da parte delle autorità competenti e ci auguriamo che le Procure di Campobasso e di Isernia aprano le inchieste e magari arricchiscano le indagini di prove sicure che pongano fine all’ombra dei sospetti che stanno scivolando sia sui segmenti istituzionali che sulle imprese appaltatrici.
Noi siamo profondamente convinti che la corruzione è dilagante; come Pier Paolo Pasolini potremmo dire tranquillamente che immaginiamo anche i nomi dei corrotti, ma che non abbiamo ancora le prove che inchiodino gli attori del malaffare alle loro responsabilità civili e penali. I sospetti che cadono sui rifiuti che vengono portati dal casertano/napoletano e quindi smaltiti nella discarica di Montagano, al Cosib di Termoli (al di là delle eclatanti ed esteriori affermazioni di “tutto regolare” fatte dal suo presidente), tali sospetti, dicevamo, debbono essere dissolti con urgente necessità agli occhi dell’opinione pubblica. Napoli è sotto gli occhi di tutti: se c’è il degrado al quale quotidianamente assistiamo, è perché c’è una profonda collusione fra le classi dirigenti, quelle imprenditoriali e i clan della camorra, unici beneficiari di questa décable di civiltà amministrativa. A proposito di eolico selvaggio.
Sull’eolico, poi, la questione non si pone, a nostro modo di vedere, così come riduttivamente, ed anche in forma gratuitamente provocatoria ed ingiusta, l’ha posta il presidente della Confcommercio, cioè irridendo sia al numero delle associazioni che hanno dato vita al comitato, sia ai livelli non alti di partecipazione alla manifestazione dello scorso 23 novembre a Campobasso.
Intanto, le associazioni sono 128 e non 180 allo stato attuale delle cose; un numero molto cospicuo che sta a testimoniare una partecipazione popolare rilevante proprio in un momento storico delicato per le sorti dell’economia e della democrazia stessa (la nostra età, contraddittoria e problematica, discende da quella altrettanto critica e complessa della metà degli anni Ottanta del XX secolo, dal cosiddetto yuppismo o craxismo che dir si voglia); e poi si sa che la partecipazione alle istanze socio-economiche e politiche è molto ridotta, in quanto ha ben funzionato la diseducazione che da 20 anni viene propinata nelle orecchie degli italiani dalle Tv private e purtroppo anche dalla Tv di stato. Tale riduzione di interessi culturali, di partecipazione civile alla vita del paese, di solidarietà sociale verso chi soffre ed è agli ultimi posti della scala sociale è conseguenza quindi di una visione fallace della quotidianità, fondata sulla bellezza, sul concetto maschilista dei rapporti mercificati fra i due sessi, sul successo economico che riduce non solo la predisposizione all’associazionismo e al volontariato (puntando, invece, sul più bieco e violento individualismo egotista ed erotico insieme) ma anche la semplice capacità o la volontà di ciascun cittadino ad essere partecipe e protagonista del proprio destino civile e professionale anche.
Pertanto, noi alla luce di questa notevole presenza di associazioni siamo moderatamente soddisfatti, perché dietro tali sigle ci sono gli individui in carne e ossa che le tengono in piedi e le fanno funzionare, rubando il tempo al proprio tempo individuale e mettendolo a disposizione della collettività silente, sorda e distratta.
Il cammino di ripresa di una partecipazione più ampia e massiccia delle persone alla vita politica è lento, ma i segnali di ripresa dell’impegno civile ci sono e sono confortanti per coloro che da sempre dedicano il proprio tempo gratuitamente alla battaglia civile, etica e politica di rigenerazione delle coscienze dei cittadini.
Generali e truppe?
La distinzione fra “generali” e “truppa” non è espressione di uno stile rispettoso; nessuna sigla associativa o nessun cittadino si sente né si è sentito privato della sua individualità, della sua autonomia né della propria capacità di interloquire autonomamente con gli altri, con le istituzioni o con quelle sezioni di opinione pubblica attente e direttamente coinvolte nello scontro sull’eolico selvaggio. Il conflitto polemico non attiene al concetto e alla necessità dell’uso dell’energia rinnovabile, come il vento o il sole, ma alla diffusione terrificante dei pali e fra poco anche dei pannelli solari sul territorio regionale. Tali strategie industriali ed economiche vanno discusse con la popolazione e solo in tempi successivi si possono supporre azioni condivise e interventi produttivi su questo versante. Ma di pale eoliche già a sufficienza ce ne sono sul nostro territorio – quasi 470 – e quindi la questione andrebbe chiusa qui, non imponendo l’istallazione di tantissimi altri impianti, cosa che dà concretezza non solo alla forte avversione popolare, ma anche alla legittima richiesta di indagini penali da parte della Procura della Repubblica.
In considerazione dei tempi che corrono non c’è da ironizzare sulla presenza apparentemente esigua di cittadini alla manifestazione regionale del 23 novembre scorso. Aver portato in piazza più di 500 cittadine/i – la stima è della Questura di Campobasso -, quei mezzi agricoli per le strade provinciali e poi in quelle del capoluogo regionale, è stato invece un grande successo di partecipazione volontaristica. L’attuale stagione politica sta mettendo in evidenza che le coscienze civili stanno uscendo dal loro torpore spesso complice, in quanto è sotto gli occhi di tutti che l’economia è ferma e che le attuali leaderscheep regionale e nazionale non sono nelle condizioni né di affrontare concretamente i problemi reali della gente (la disoccupazione crescente; l’impoverimento sempre consistente del ceto medio; lo svellimento, cioè lo sradicamento, del welfare state a tutto dànno naturalmente dei ceti meno abbienti e colpiti dalla depressione economica), né di porsi come responsabile, coerente, dignitoso ceto di governo. Sull’acqua, per esempio, e sulla richiesta del referendum abrogativo della legge Ronchi che privatizza appunto l’acqua, la prima parte della battaglia è stata vinta grazie alla partecipazione convinta e crescente dei giovani che numerosi sono stati con i banchetti nelle piazze di tutta Italia a chiedere di firmare i moduli per la richiesta del momento referendario. Tutti questi giovani (comunque, sempre pochi rispetto alla gran massa giovanile) rappresentano ai nostri occhi un rinnovato modo di intendere la presenza civile nella società; essi contestano le scelte governative e i sacrifici che si stanno già abbattendo su larghi settori di popolazione sulla quale gli aumenti delle tariffe dell’acqua pesano come enormi macigni. Questi giovani sono un esempio di partecipazione democratica per tutti gli altri loro coetanei, il cui tempo viene sperperato dietro sogni di facili successi o anche, e non dobbiamo dimenticarlo, dietro patologiche forme di sofferenza individuale o di violenze gratuite. Di qui, appare chiaro che i veri ignoranti non sono i giovani che dedicano parte del loro tempo agli altri: questi giovani sono il seme che a primavera darà i frutti sperati e che saranno a disposizione di tutti, anche di coloro che irridono al risveglio delle coscienze civili.

(Franco Novelli – coordinatore Libera contro le mafie – Molise)
1 dicembre 2010

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