Il problema di Silvio? Si è “molisanizzato”



Il problema di Silvio? Si è “molisanizzato”

Lo hanno impietosamente definito “malato”. La moglie prima, “Famiglia cristiana” poi. Di sesso, verrebbe scontatamente da pensare. E realisticamente da aggiungere. Per il signor B. una patologia da bulimia dei sensi. Sulla scia di Michael Douglas e di Robbie Williams. Ma anche di David Duchovny, l’attore di X-Files, e di Ringo Starr dei Beatles. Della divina Kate Moss. Addirittura di Mike Tyson.
Sul Bunga-gate e sul presunto parentame di Mubarak è ormai stato scritto davvero di tutto. Con quella goduria che nel nostro Paese accompagna l’evoluzione del “lessico familiare”. Sempre più crudo e, soprattutto, allargato. Ma gli stretti collaboratori del Cavaliere non riescono ancora a farsene una ragione: com’è potuto accadere che quel Silvio-uno che aveva a lungo affascinato Fini, convinto la Chiesa, calamitato una pattuglia di giornalisti servili e soprattutto intricato buona parte degli italiani abbia potuto in pochi mesi cedere il posto al superfocoso Silvio-due che si avvia a distruggere, dietro alle gonnelle, quanto di buono aveva fatto il predecessore?
Noi, incautamente, una cruda risposta ce l’abbiamo: Silvio si è “molisanizzato”. Mosso da oscure strategie di domino più che di scopone, alle ultime elezioni ha voluto abbandonare il suo tranquillo e raffinato collegio lombardo per rifugiarsi, a sorpresa, in quello molisano. Insomma s’è fatto eleggere dai terroni del Molise, assumendone di fatto la rappresentanza. Defenestrando, tra l’altro, un candidato locale della provincia di Isernia (e il piccolo Molise sa quanto abbia bisogno di parlamentari vicini agli interessi regionali), il quale aveva già dato il via a morigerati festini, a base di formaggi locali, per lo scanno a Montecitorio. Invece l’uomo di Arcore, sempre più solito a frequentazioni in “Bassa Italia”, è stato impietoso e non ha voluto sentire ragioni: il Molise è la mia nuova casa.
Il vero problema è che nessuno gli ha spiegato cosa avrebbe comportato quella scelta. Vatti a fidare di amici ed ex amici che sanno tutto dei casinò alpini, delle ex sgrinfie di imprenditori di provincia o delle figlie di palazzinari di città. Ma ignorano del tutto le insidie del territorio molisano. Così “Zizì Silvie”, sempre più solito a scappatine in terra molisana (manco fosse l’Abruzzo), tra campagne elettorali per il governatore e inaugurazioni post-terremoto, ha finito per “molisanizzarsi”. Pagando probabilmente il dazio all’onnipresente legge delle “tre cosse”, vero emblema antropologico del contado di Molise. Insomma, i rudi molisani, eredi dei rozzi sanniti (con appendici visive a Pompei), confermerebbero la legge delle prime due dita della mano: se il pollice è verticale, l’indice è orizzontale. “Muli” del Matese o delle Mainarde, che nel freddo inverno delle montagne applicano le severe leggi naturali per la salvaguardia dei paesi. Altrimenti non si spiegherebbero le schiere di figli concepiti anche alle cinque di mattina insieme a donne con misure da Ikea. O gli arzilli novantenni, senza complessi e sorretti dal “sesso in prospettiva”, che hanno ripreso i ritmi grazie alla benefica immigrazione dell’Est. Contenti loro, contente tutte. Roba forte, impossibile da decifrare nella coorte lombarda, dove “la ciulata” è programmata in alternativa all’esercizio in palestra, tra un consiglio d’amministrazione e un altro.

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