Sul Molise, ormai, la lunga mano della camorra



Ce lo saremmo aspettati, prima o poi. “Il Molise è diventato il punto finale di arrivo per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi, dove è facile occultare discariche abusive con la compiacenza di alcuni proprietari corrotti”. E’ quanto si legge in una rapporto della Dda di Campobasso datato 2008. A farne riferimento è il quotidiano “Il Mattino” di Napoli, in un articolo uscito domenica 25 ottobre 2010 in prima pagina. Racconta come gli affari degli ecomafiosi legati al clan dei casalesi che operano a Isernia e Campobasso siano finiti – per fortuna, aggiungiamo noi, nel mirino delle Procure di Larino e Campobasso.
Al vaglio dei magistrati di Larino è finito un dossier-denuncia sulla attività di depuratore e di un via vai di automezzi per il trasporto rifiuti nel tratto Caianello-Venafro-Isernia-Bojano, cioè lungo la spina dorsale del Molise, fino alla zona di Campobasso. La procura di Campobasso si starebbe interessando – prosegue “Il Mattino” – della discarica di Montagano dopo le denunce di associazioni ambientaliste.
L’articolo del quotidiano partenopeo, intitolato “E i clan portano i veleni in Molise” e firmato da Rosaria Capacchione (giornalista che vive sotto scorta), ha un “attacco” significativo: “Al di là del Matese, lontano dagli occhi e dalle rotte battute dai trafficanti di veleni da vent’anni a questa parte. Si sono trasferiti là, in Molise, gli ecomafiosi collegati al clan dei Casalesi, gli uomini che hanno gestito il trasporto dei rifiuti tossici fino alle discariche, ormai sequestrate e inagibili, di Giugliano, Licola, Parete. Operano soprattutto in provincia di Isernia, non disdegnano quella di Campobasso dove corteggiano due impianti autorizzati dalla Regione: la discarica di Montagano e il depuratore Cosib di Termoli. Il monitoraggio avviato dalle associazioni ambientaliste molisane e dalle Procure di Santa Maria Capua Vetere, Larino e Isernia segnala il rischio di infiltrazioni camorristiche e la presenza di imprenditori del settore. Come i fratelli Caturano di Maddaloni e Toni Gattola, cognato del capozona casalese di Cancello Arnone e controllore della discarica Magest di Licola, già coinvolti in varie inchieste – da Re Mida a Madre Terra – sullo smaltimento illegale dei rifiuti. L’indagine conoscitiva conferma, dunque, quanto già segnalato nel 2008 dalla Dda di Campobasso, e cioè che “il Molise è diventato il punto finale di arrivo per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi, dove è facile occultare discariche abusive con la compiacenza di alcuni proprietari corrotti”.
Insomma, se fino a qualche anno fa il Molise veniva entusiasticamente definito “isola felice”, oggi la più piccola regione del Mezzogiorno – nonché la più debole – palesa un ennesimo problema in tutta la sua drammaticità: pesanti infiltrazioni camorristiche nel proprio territorio.
L’economista Fabio Scacciavillani, firma storica del giornale “Forche Caudine”, ben vent’anni fa, in modo provocatorio, invitava i vertici molisani a premunirsi contro il rischio di infiltrazioni camorristiche con un semplice atto: piazzare una pattuglia di carabinieri all’ingresso di Venafro. Cioè lungo quella strada che collega tante realtà difficili del Sud con quei territori molisani definiti a lungo, appunto, “isole felici”. E oggi sempre più infelici, laddove alla piaga atavica dell’emigrazione e dello spopolamento si somma quella, più recente, dell’infiltrazione della criminalità organizzata.
Eppure campanelli d’allarme ne sono suonati. Dalle lamentele per la frequente collocazione di tanti pregiudicati in soggiorno obbligato in tranquilli paesetti molisani (ma anche nelle carceri molisane, dove hanno avuto di conoscere il territorio), fino alla lunga ombra di tanta imprenditorialità campana nel suolo molisano. Ma anche il continuo acquisto di immobili da parte di persone campane, specie in provincia di Isernia: il più delle volte si tratta di semplici investimenti, ma talvolta sorge il sospetto che certe operazioni nascondano riciclo di denaro. Oltre al fatto che tale fenomeno ha un rilevante impatto sociale, stravolgendo l’identità stessa di alcuni piccoli centri.
Ad interrogarsi su ciò, anche il “solito” sito Primonumero.it, tra i più attenti nel denunciare “stranezze” sul suolo molisano (come quelle accadute dopo il terremoto di San Giuliano di Puglia). Una recente inchiesta pubblicata dal sito termolese si focalizza sull’attività del depuratore e sul via vai di automezzi sospetti. “Dal lunedì al venerdì – è scritto – c’è un traffico di camion gialli con la scritta in rosso “Autotrasporti Caturano”, per trasporto rifiuti, nel tratto Caianello-Venafro-Isernia-Bojano sino ad entrare nella zona di Campobasso: ma da lì se ne perdono le tracce”.
Accuse pesanti. Antonio Caturano, viene ricordato, fu arrestato alcuni anni fa per ordine della Procura di Napoli (il pm Cristina Ribera, oggi alla Dda) nei pressi del cementificio Colacem di Venafro. Stava trasportando rifiuti tossici spacciati per fertilizzanti e destinati alla concimazione dei terreni agricoli, stesso sistema utilizzato in provincia di Caserta, dove sono state avvelenate decine di ettari di terreno, e documentato nelle due inchieste “Madre Terra”.
A far scattare l’allarme – ricorda l’articolo di Rosaria Capacchione – lo smaltimento a Termoli del percolato prodotto dal consorzio unico di Napoli-Caserta; dalla discarica Colleferro, alle porte di Roma; dalla Ecoambiente di Casoria. Ma non basta. La Procura di Campobasso si starebbe interessando della discarica di Montagano nella quale, dall’agosto scorso, la Giuliani Environment è autorizzata a costruire e gestire un impianto per lo stoccaggio di rifiuti pericolosi.
“Denunciano le associazioni ambientaliste: ogni anno arrivano nella discarica di Montagano circa 50mila tonnellate di rifiuti, non solo da Molise, e camion senza alcuna autorizzazione prefettizia di cui non si conosce né il carico né la provenienza – ricorda l’articolo del quotidiano “Il Mattino”. E cita le accuse del consigliere regionale del Pd Michele Petraroia: “Si è accertato che ci sono circa 36mila tonnellate di rifiuti, un quarto del totale dei rifiuti conferiti nelle discariche molisane, provengono da altre regioni, contrariamente a quanto dispone la normativa nazionale”.
“E Isernia?” si domanda la giornalista partenopea. “La situazione è tutt’altro che sotto controllo. Sono una ventina le discariche abusive segnalate e sequestrate negli ultimi due anni. E non è ancora dimenticata la vicenda di Fragnete e di Colle Santa Maria, sversatoi nei quali è finito di tutto (dai rifiuti urbani a quelli chimici) e mai bonificati”.
Va aggiunto che i sentori di camorra non sono proprio cosa degli ultimissimi tempi.
Nella “Relazione conclusiva della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare” presentata dal senatore Centaro (PdL) e approvata dalla Commissione il 18 Gennaio 2006, il relatore siciliano elogia l’attività svolta dalla Dda di Campobasso, in particolare un’indagine del 2001 (Proc. n. 2875/01 R.
G. Mod. 21) sfociata “in risultanze eccezionali implicanti anche livelli elevati del noto cartello di Medellin in Colombia, fino a ricevere un formale atto di apprezzamento del Dipartimento di Stato degli Usa”
In sostanza l’indagine – in raccordo con la Dda di Reggio Calabria – tra l’altro ha effettuato il monitoraggio dei movimenti di Antonio Anastasio, già detenuto in Campobasso per vicende legate al traffico di stupefacenti. “L’Anastasio – si legge – uscito dal carcere di Campobasso, decideva di rimanere a vivere in città, pur non avendo collegamenti apparenti con il territorio. Gli accertamenti tecnici compiuti sull’Anastasio consentivano di documentare il contatto con persone pregiudicate gravitanti negli ambienti dello spaccio organizzato, lasciando emergere la figura di un faccendiere di Isernia che, dietro il paravento di una
attività di import-export, si prestava a compiere movimentazioni finanziarie con la Colombia”.
Insomma, affari internazionali che passavano per la Calabria e il Molise. Situazione non nuova, evidenziata nel 2003 dalla Commissione parlamentare d’inchiesta, dove s’evidenzia la presenza in Molise di “soggetti collegati alla cosca Bellocco di Rosarno”.
Nella relazione del senatore Centaro si fa riferimento ad altre due indagini condotte dalla Dda di Campobasso (Procedimenti n. 2246/2002 e n. 2243/2002 Mod. 21) sempre nell’ambito del traffico internazionale di cocaina, con ramificazioni in Belgio ed Olanda.
Il Molise, insomma, da quando le procure meridionali hanno alzato il tiro contro la criminalità organizzata, rappresenta una sorta di “rifugio peccatorum”, un posto relativamente tranquillo dove poter gestire affari internazionali.

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