Gentile Direttore,
questo ottobre 2010 vede il gemellaggio tra due Comuni del Sud, Melito Porto Salvo (Reggio Calabria) e San Marco in Lamis (Foggia), un legame che nasce dalla casuale presenza di un tal Centola di San Marco in Lamis, a Melito durante lo sbarco di Garibaldi.
Centola, fedele fino a quel momento servitore dello Stato borbonico e che si scopre solo allora unitarista e patriota risorgimentale. Ma aldilà di oscure figure locali e della deferenza prestata al “negriero dei due mondi”, il motivo del gemellaggio tra questi due Comuni è da ricercare nella secolare blasfema mistificazione che viene fatta dalla storia. Una storia dalle pagine strappate dalla memoria di un Popolo per farne uso ideologico e politico. Una storia unilaterale che con violenza tenta di impedire il suo inevitabile rovesciamento: la cancellazione dei tanti luoghi comuni dettati da storici falsi e venduti, una storia dove alcuni hanno diritto di esistere, parlare, mentre ad altri è negata la memoria. Ancora oggi, dopo 150 anni, i morti non sono tutti eguali, ideologia risorgimentale e massoneria imperante lo vietano.
Due sindaci, Iaria di Melito Porto Salvo e Lombardi di San Marco in Lamis, forse involontarie pedine di una storia servile, contribuiscono con la loro oratoria ed il loro gemellaggio alla perpetuazione della puerile leggenda garibaldina e all’oblio di coloro che morirono senza tradire la Patria Duosiciliana.
Nel 2002 a San Marco in Lamis, un’enorme lapide veniva inaugurata in memoria di 22 soldati piemontesi uccisi in uno scontro contro insorgenti fedeli al legittimo sovrano Francesco II, era il 31 dicembre del 1860, su Gaeta, Messina e Civitella del Tronto garriva il vessillo delle Due Sicilie, i nostri soldati furono sbrigativamente definiti “briganti” anche se in pieno diritto si opponevano ad una invasione e ad una guerra non dichiarata dai Savoia.
A Melito Porto Salvo, nel monumento eretto a ricordare lo sbarco di Garibaldi, giacciono le spoglie di tre garibaldini, che a leggere le memorie del Garibaldi sulla genealogia dei mille, potevano essere tra gli autori delle rapine, stupri e dissacrazioni subite dai siciliani.
Quanto ai soldati e insorgenti meridionali, furono fortunati se toccò loro una fossa comune se non lasciati a marcire al sole o in pasto alle bestie, niente lapidi, monumenti, tombe.
Un gemellaggio nato, quindi, all’insegna della ininterrotta dissacrazione dei nostri progenitori, una storia scritta dai vincitori e dai loro ascari, una storia che i discendenti di quei vinti non dimenticano.
La sacra memoria di coloro che si opposero all’orda dei “fratelli d’italia” in difesa di una millenaria cultura e di imprescrittibili valori dovrà avere inevitabilmente un risarcimento.
Distinti saluti
Antonio Perrucci – 21 ottobre 2010
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