Federico Orlando “recensisce” Pannella



S’intitola “Pannella fra orti e ghetti” il pezzo che Federico Orlando, giornalista molisano di lungo corso (compresa la stretta collaborazione con Indro Montanelli) ha scritto nei giorni scorsi su “Europa”, quotidiano di cui Orlando è condirettore. Il giornalista ricorda i tratti che condivide con il leader radicale:
“Abbiamo la stessa età – scrive Orlando – siamo entrambi nati in Abruzzo-Molise (regione, appunto, di orti familiari e ghetti di teste dure: fu a Civitella del Tronto che venne ammainata l’ultima bandiera delle Due Sicilie, rimasta anch’essa nel nostro personale contraddittorio museo di presenze antiche recenti e future); ci siamo iscritti alla Gioventù liberale nel 1945 (conservo in una teca la tessera con la fiaccola della patria rinascente, insieme a un testo autografato di Croce, La storia come pensiero e come azione: gli “arcani miei Lari”). Poi la lacerazione del 1955, io contestatore disciplinato nel Pli di Malagodi, lui ribelle disciplinato al suo genio nel nuovo partito radicale, fondato insieme a Pannunzio e gli altri del Mondo, che rimase la bibbia comune nella diaspora. Bibbia che ci richiamava tutti nelle battaglie di Marco, europeismo, divorzio, aborto legale, obbiezione di coscienza, responsabilità civile dei giudici, soppressione del finanziamento pubblico, rivoluzione del diritto di famiglia, femminismo non sessuofobico, abrogazione del concordato, moratoria della pena di morte nel mondo, religiosità intesa come «colloquio diretto con Dio» (definizione del barnabita che fu vicino all'”ateo Croce” nonostante le ire dei suoi superiori gerarchici), laicità nel senso che oggi dà alla parola il fondatore della Sant’Egidio, Andrea Riccardi, che Marco avrebbe candidato alla segreteria del Pd: «Laicità è realizzazione dell’identità dello Stato». Una laicità identitaria, anche se è proprio questo che non vuole la burocrazia clericale, causa non ultima della Peste italiana, come i radicali chiamano la corruzione della politica. Contro la quale Marco continua a preparare battaglie. Perciò, niente monumenti a Marco, perché – ci ricorda -«il farsi della politica presuppone concepimento». E i monumenti, si sa, non concepiscono”.
Il ritratto rende comunque onore ad uno degli indiscussi protagonisti della politica italiana dell’ultimo mezzo secolo.

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