Il titolo di queste riflessioni è preso dalla satira X di Giovenale in cui il grande autore satirico lamenta la perdita d’interesse e dignità del popolo attratto solo dalle elargizioni di grano e dall’organizzazione di spettacoli pubblici al Colosseo o al Circo Massimo di cui si serviva la classe dirigente per assicurarsi il consenso popolare e distrarre la plebe dai problemi reali allontanandola da malumori e possibili lotte insurrezionali.
Questi giorni di vacanza ci dicono che in moltissimi casi stiamo vivendo una situazione analoga a quella dell’antica Roma in cui il popolo limitava i suoi desideri sotto le pressioni demagogiche di chi ricopriva cariche pubbliche.
Ho pensato a quest’espressione di Giovenale osservando il modo in cui ha vissuto le vacanze la stragrande maggioranza di molisani rientrati nei paesi di origine dai luoghi di residenza.
Se rispetto ad eventi di notevole spessore trovi chi assiepa bar, sagre o spettacoli insignificanti, qualche domanda occorre pure porsela.
Nella nostra regione prevale il turismo delle radici che fa sempre più riferimento alle fasce di popolazione in età avanzata.
I giovani sono quelli del “mordi e fuggi” perché ormai riducono la loro presenza in Molise alla sola settimana intorno al Ferragosto.
C’è stato sicuramente chi ha inseguito un turismo innovativo organizzato tra l’altro da operatori esperti che cercano da anni di portare chi viene in Molise a godere dell’ambiente, della bellezza del paesaggio, dei siti archeologici e religiosi, delle tradizioni, ad intessere relazioni umane e sociali, a partecipare a spettacoli musicali, teatrali, cinematografici, a frequentare eventi culturali e artistici davvero interessanti; tuttavia non possiamo non rilevare che ancora una volta e soprattutto nelle piccole realtà sono prevalse le sagre e gli spettacoli musicali i cui livelli hanno raggiunto talora uno squallore pesante.
A ciò occorre aggiungere la tolleranza di comportamenti soprattutto nelle ore notturne in cui la mancanza di rispetto per la quiete pubblica e la pulizia delle piazze ha superato ogni limite.
Non sono mancati paesi nei quali si è registrata l’assenza di qualsiasi iniziativa e questo è davvero preoccupante perché potrebbe essere il sintomo di una desertificazione sociale e umana che avanza e porta anche chi ci vive all’apatia completa.
C’è anche chi si serve della promozione di feste, giochi e spettacoli per carpire il consenso attraverso forme inaccettabili di demagogia politica.
Non intendo assolutamente generalizzare perché, come accennato, ci sono comunità che da anni continuano a organizzare attività ed eventi davvero interessantissimi, unici e originali che attirano numeri non indifferenti di turisti.
La pianificazione delle ferie può avere un sicuro effetto benefico per rigenerare il corpo e la mente purché esse siano lontane dagli stress di viaggi affaticanti, diventino davvero riposanti, capaci di migliorare i rapporti umani e produrre energie positive di comportamento.
Mi auguro solo che le vacanze non costituiscano una forma di distrazione dai problemi essenziali dell’esistenza per ciascuno di noi allontanandoci dall’impegno per la loro soluzione nella ricerca della garanzia dei diritti per tutti.
Se l’informazione ci svia dalla realtà di tutti i giorni, certamente viene meno la responsabilità della cittadinanza attiva che è il nostro principale dovere.
Finito il mese di agosto, cosa avverrà soprattutto nelle piccole comunità delle aree interne?
Chi si occuperà di animarle e renderle attraenti per chi ci vive e per i turisti anche negli altri mesi dell’anno?
Specialmente una regione come il Molise deve rendere il turismo un’impresa che funziona in tutto il corso dell’anno.
Il periodo delle vacanze volge al termine e dunque dobbiamo riattivare il nostro interesse per le questioni collettive.
Viviamo in un Paese dove il debito pubblico continua a salire né si avverte la speranza che qualcuno provi a studiare le soluzioni per ridurlo.
Gli ultimi dati ISTAT ci dicono che gli italiani in povertà assoluta sono circa 5,7 milioni e che il tasso di disoccupazione è al 6,8%, ma tra i giovani è al 20,2% mentre quello degli inattivi sale al 33,1%.
I contratti di lavoro diventano sempre più precari con salari molto bassi rispetto al costo della vita soprattutto nelle grandi città.
Abbiamo conflitti bellici ai quali sembriamo assuefatti, ma che si inaspriscono creando macerie e in alcuni casi veri e propri stermini di popolazioni civili inermi come quelli in Ucraina o a Gaza mentre l’informazione ci propina gossip, calciomercato o le vicende familiari delle sorelle Meloni.
Su tali fenomeni tragici il silenzio e l’ipocrisia delle grandi potenze del mondo è assolutamente intollerabile!
L’autonomia differenziata e il premierato stanno portando alla negazione dell’uguaglianza dei cittadini con il concetto truffaldino del residuo fiscale e alla svalutazione del Parlamento annullando ogni principio di solidarietà e portandoci verso forme istituzionali autocratiche che condurrebbero a una balcanizzazione inaccettabile del nostro Paese.
Su tali questioni che riguardano le forme di coesistenza all’interno di uno Stato e l’assetto democratico a livello nazionale e locale vige al momento un’assenza totale di confronto su quasi tutte le fonti d’informazione.
Della situazione relativa al Molise mi sono occupato più volte.
È una regione sempre più vicina alla canna del gas con i giovani che la lasciano non riuscendo a trovare se non occupazioni precarie e stagionali.
Li accusano di non aver voglia di lavorare.
In realtà molti rifiutano assunzioni sottopagate che lasciano pensare a forme di schiavismo piuttosto che a rapporti di lavoro.
Qualche giorno fa percorrendo in auto le strade di Campobasso, capoluogo regionale, mi ha colpito il numero spaventoso di avvisi di vendita di appartamenti posti sui palazzi di una città in cui il costo degli immobili in pochissimi anni si è dimezzato.
Nei piccoli paesi della regione addirittura le abitazioni non hanno più mercato e vengono regalate a prezzi simbolici.
Il numero di aziende che hanno chiuso o stanno per farlo è davvero impressionante.
Spero, come molti paventano, che non finisca nel nulla il progetto della Gigafactory a Termoli perché allora la situazione economica e occupazionale del Molise diventerebbe ingestibile.
Tutti i servizi alla popolazione presentano livelli assolutamente inaccettabili e dunque, uscendo dal clima vacanziero, abbiamo la grande responsabilità di riprendere la lotta perché i molisani abbiano tutti i diritti previsti nella nostra Carta Costituzionale.
Di fronte alle enormi disparità a livello territoriale e di classe sociale rispetto alla qualità della vita e alle crescenti disuguaglianze non è possibile accettare l’organizzazione sociale che sta cercando di proporci questo neoliberismo disumano ispirato alle logiche esasperate del profitto e delle privatizzazioni nella sanità, nell’istruzione e sempre di più anche del sistema pensionistico.
Più che “panem et circenses” (pane e giochi circensi) ho il timore che per un numero sempre maggiore di cittadini potremmo avere “circenses sine pane et iuribus” (svaghi senza pane e diritti).
In pieno clima vacanziero c’è chi per fortuna lavora alla ricerca delle possibili strategie per garantire a tutti pace, lavoro e diritti.
La necessità di costruire una società fondata sull’uguaglianza e la giustizia sociale è emersa ancora una volta a Castelguidone (Chieti) dove giovedì 29 agosto per iniziativa della Caritas Diocesana di Trivento (Campobasso) diretta da don Alberto Conti e della “Scuola di Formazione all’Impegno Sociale e Politico P. Borsellino” si è svolta la decima edizione della giornata della legalità, dell’impegno e della responsabilità.
Le riflessioni di don Luigi Ciotti e i messaggi del cardinale Zuppi e dell’avvocata Alessandra Ballerini hanno animato l’interessantissima tavola rotonda moderata brillantemente dal giornalista Marco Damilano sul tema “Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno” (Salmo 84).
Nel corso dell’incontro è emersa con forza la necessità di una responsabilità di cittadinanza attiva per uscire dalle logiche dei conflitti armati e delle disparità di diritti tra ceti sociali e popoli al fine di costruire una pace fondata sulla giustizia sociale e sull’amore che rappresentano poi i cardini del grande messaggio evangelico proposto da Gesù di Nazareth.
Non mi dilungherò a riferire i temi emersi a Castelguidone perché l’intero evento sarà trasmesso a breve dall’emittente televisiva TLT Molise sul canale 77 LCN.
È utile comunque evidenziare quanto emerso soprattutto nel confronto tra Marco Damilano e don Luigi Ciotti.
Se l’assenza di democrazia, istituzione nella quale vive solo l’8% della popolazione mondiale, come gli interessi delle grandi potenze che si contendono le materie prime sono le principali cause della follia che genera le guerre, si è affermato con forza che di fronte a una collettività che rimuove la coscienza del limite della vita e scatena la violenza distruttiva anzitutto non possiamo stare zitti sul male che ci circonda per non esserne complici.
Per uscire dalle logiche della guerra è necessaria una profonda trasformazione del sistema pedagogico e didattico soprattutto nell’insegnamento di discipline quali la storia e l’’educazione civica evitando di trasmettere l’idea che i conflitti armati possano essere parte della civiltà umana.
Il cambiamento verso una società non violenta può avvenire partendo dal linguaggio che ha necessità di riempirsi di termini pacifici.
La Ballerini ad esempio ha fatto rilevare che quando parliamo dell’arrivo dei migranti usiamo il termine improprio di “sbarchi” che si riferisce agli eserciti, mentre dovremmo utilizzare più correttamente quello di “approdo”.
Si è rilevato poi che i passi successivi devono essere orientati verso il ritorno al voto con leggi elettorali che garantiscano pienamente la rappresentanza, ma anche nella direzione dell’impegno sociale e politico perché le leggi garantiscano la democrazia e i diritti e ci sia la difesa della sacralità delle istituzioni.
Ciò comporta la netta opposizione a passaggi di modifiche della Costituzione quando inquietano per il pericolo che rappresentano per il mantenimento della democrazia, della libertà e dell’eguaglianza.
Si è affermata con forza infine l’importanza di stimolare i giovani all’impegno e alla partecipazione perché tra essi solo il 21% si reca alle urne per votare e pochi sono presenti nella responsabilità sociale e politica.
Nelle conclusioni si è sostenuto che una parola che non può essere rituale è la “speranza” la quale dunque va collegata al riconoscimento dei diritti di tutti tra cui dobbiamo annoverare anzitutto la salute, la cultura, la libertà, l’informazione orientata alla verità e ovviamente il lavoro.
È l’unico modo per costruire una pace che non può guardare solo alla propria tranquillità di vita ma a quella di tutti gli esseri umani e che si può realizzare pienamente se è associata alla giustizia sociale.
(Umberto Berardo)