Perché le sardine fanno bene alla grammatica (civile)

Alla vigilia dell’esordio campobassano delle sardine molisane, vale concentrarsi su questa bella e inattesa novità politica dopo i suoi vari e strepitosi debutti in tutta Italia (con finale a Roma il 14 dicembre).

Nel giro di un paio di settimane questo movimento intergenerazionale e senza leader è riuscito a riscuotere simpatie e consensi dinanzi ai quali la destra si gira, per ora, dall’altra parte. Lo staff di Salvini fa finta di nulla e ricorre a ironie d’accatto: “A divorare le sardine ci penseranno i gattini”. Risposta: “I gatti odiano l’acqua e ne acchiappano una su centomila”. Non per caso l’inno delle Sardine è «Come è profondo il mare» di Lucio Dalla.

Sotto sotto però la pancia del Carroccio è furibonda al punto che un certo Della Torre, direttore leghista di una partecipata lombarda, vomita via Facebook questo elegante invito: “Le sardine infilatevele nel c…”. Nei Vangeli “In principio c’è la parola”: nella Lega la parola è in coda.

Tuttavia questo genere di invettive fa gioco alle Sardine che postulano compostezza di linguaggio e silenzio dinanzi al bullismo politico e mediatico. E questo, a nostro giudizio, è il più stimolante dei propositi sardinisti, oltre ai loro bersagli centrati contro populismo, sovranismo, razzismo e antieuropeismo.

Finora l’idea di trasformarsi in partito non pare vincente. Forse hanno capito che la politica può essere influenzata e condizionata anche dal di fuori grazie alla forza dei numeri e delle idee. Dinanzi a loro, del resto, ci sono varie opzioni politiche anti populiste che vanno dai Verdi a Calenda, dai radicali a LeU, dal PD e (hai visto mai) perfino ai 5 Stelle.

Nel durissimo discorso tenuto ieri alle Camere dal premier Conte, c’è un passaggio che qui casca ad hoc: “Quando sono venuto dinanzi a voi per chiedervi la fiducia ho invocato, per questa nuova stagione politica, un «linguaggio mite» e ho auspicato che la Politica, con la P maiuscola, potesse riporre una particolare attenzione alla «cura delle parole».

Non so se il 14 Conte scenderà in piazza con le Sardine, sta di fatto che l’uso del linguaggio, non solo in politica, è un problema enorme. Fateci caso: quando Salvini viene intervistato, non dà mai risposte attinenti alle domande. E’ una tecnica che la grande scrittrice Premio Nobel Toni Morrison, ebbe a definire “unreceptive to interrogation”, cioè impermeabile all’interrogazione.

Ecco perché l’istanza delle Sardine sulla “Compostezza di linguaggio” appare ardita e rivoluzionaria, perfino troppo ambiziosa, in quanto mirata a rimettere in sesto un stile civico nazionale, a resettare la biografia di un Paese confuso e fare della narrazione populista una lingua morta. E’ come se i famosi “sdraiati” di Michele Serra scattassero in piedi pimpanti per scuotere l’apatia contro quella che il sociologo tedesco Nachtwey ha chiamato “decivilizzazione regressiva”.

E che sollievo rilevare che il richiamo alla compostezza linguisticainvocato da questa fresca ondata di miste generazioni italiane (Erasmus in primis), risalga a un’antichissima civiltà delle parole. Quella che Socrate ricorda a Critone prima di morire: “Tu sai bene che il parlare scorretto non solo è cosa di per sé sconveniente, ma fa male anche alle anime”.

Ordunque staremo a vedere se il cambio di passo reclamato da queste salutari sardine no-bla bla, riuscirà ad abbassare i toni del truce lessico populista. E se il Molise che “non si Lega” saprà slegarsi da una destra senza più centro e tutta leghista.

*Glossario socratico – “In nessun altro sistema di governo le parole sono importanti come in democrazia” (Gustavo Zagrebelsky). “La caduta del linguaggio è la caduta dell’uomo” (Ludwig Wittgenstein). “Combattere il cattivo linguaggio significa opporsi al declino della civiltà” (George Orwell). “Meno parole si sanno, minore è la tentazione di pensare” (Tullio De Mauro). “E se abbassassimo i toni? Furbo: così si rischia che tutti capiscano quel che dico!” (Altan). “Chi parla male, pensa male e vive male.” (Nanni Moretti). Due libri che le Sardine dovrebbero regalare a Natale: “I984” di George Orwell e “La manomissione delle parole” di Gianrico Carofiglio.

(Giuseppe Tabasso)

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