Pil, numeri amari

Diciamocelo chiaramente e amaramente: le funeste previsioni economiche della Commissione europea sul futuro più prossimo, divulgate oggi, non hanno alcunché di clamoroso. Perché il fatto che la pandemia tuttora in corso non possa apportare alcunché di buono lo sapevamo già. I numeri, in questa circostanza, benché provengano da fonte autorevole, contano relativamente poco rispetto al quadro sociale di cui saremo presto testimoni con i nostri occhi.

Prevedere un calo del Pil, in questo 2020, del 7,7 per cento per l’eurozona e del 7,4 per l’intera Unione è appunto soltanto una questione di fredde percentuali. Per il nostro Paese, legato sempre a dolenti note, la flessione è prevista al 9,5 per cento (un punto e mezzo in più rispetto alla previsioni governative indicate nel Documento di economia e finanza). Solo la Grecia è messa peggio, con un 9,7 per cento.

Secondo Bruxelles, inoltre, rispetto alle stime nazionali, sarebbero più accentuate anche le conseguenze sul debito: se il nostro governo, sempre nel Def, ha previsto un debito in volo fino al 155 per cento del prodotto interno lordo, per la Commissione europea il debito potrebbe raggiungere il 159 per cento, praticamente circa 25 punti in più rispetto al dato attuale.

Se oggi le misure del governo prevedono di immettere soldi a pioggia, non è difficile pronosticare che tra non molto tempo il conto sarà presentato agli stessi italiani. Con rischi di assicurare ulteriori linfa alle forze populiste.

Certo, l’aspetto sanitario è senza ombra di dubbio prioritario rispetto a quello economico. Bene s’è fatto a far scendere il numero dei contagi e dei decessi, altrimenti le drammatiche sofferenze patite principalmente in alcune aree del Paese probabilmente si sarebbero estese senza freni in ogni angolo dello Stivale. Tuttavia la pandemia, la sola colpevole di questa situazione irreale, avrà un impatto rilevante sul fronte delle imprese, specie di quelle più piccole (che in Italia sono la stragrande maggioranza) e sul mercato del lavoro. La disoccupazione europea, sempre secondo le stime della Commissione, potrebbe raggiungere il 9,6 per cento a fine 2020, in Italia l’11,8 per cento.

La stessa Commissione indica, anche, un “rimbalzo” importante del Pil nel 2021 con la ripresa: 6,3 per cento nell’eurozona e 6,1 nell’Unione. Ma qui ogni percentuale è azzardata, anche perché non sappiamo come evolverà la pandemia. E mentre entro la fine del 2021 alcuni Stati, come Germania, Croazia, Austria e Slovacchia, potrebbero tornare ai livelli economici di fine 2019, con la pandemia vissuta solo come un ricordo almeno sul fronte economico, il livello di output di Italia e Spagna potrebbe rimanere al di sotto del livello di fine 2019 di oltre il 2 per cento, un prezzo altissimo pagato a questo disastro. Insomma, come ha sottolineato Gentiloni, sia la recessione sia la ripresa saranno disomogenee, con numerosi Stati che potrebbero presentare un livello inferiore di attività economica rispetto a prima dell’eruzione di questa crisi.

Ecco perché le misure del governo italiano dovranno essere quanto mai avvedute ed efficaci per evitare una contrazione estremamente ripida e soprattutto una ripresa quanto mai affannosa.

(Domenico Mamone, presidente Unsic)



Articoli correlati