Povertà, dinamiche e forme di contrasto

Mercoledì 5 maggio 2021 il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Tor Vergata di Roma ha organizzato un interessante incontro di studio on line sul tema “Welfare del futuro e nuovi scenari della povertà” in occasione della presentazione del volume “L’Intervento pubblico di contrasto alla povertà” di Claudio Franchini, ordinario di diritto ammnistrativo presso il medesimo ateneo.

Con il coordinamento del professor Nino Paolantonio, ne hanno discusso lo stesso autore del testo ed i docenti Giacinto della Cananea, Enrica Morlicchio, Giovanni Tria e il molisano Vincenzo Ricciuto.

Sono rimasto a seguire il meeting insieme a più di cento persone per oltre tre ore con grande interesse partecipando anche al dibattito perché la trattazione è stata molto articolata ed ha presentato una profondità di analisi non comune.

Il prof. Paolantonio nella sua introduzione ha rilevato come gli aiuti dello Stato sono finiti in un vacuo assistenzialismo finalizzato tra l’altro alla raccolta di consenso elettorale, elargiti senza interventi di concretezza mentre per un’equa redistribuzione della ricchezza occorrerebbe giungere ad una seria riforma fiscale.

Claudio Franchini, autore del volume, ha sottolineato come la povertà non possa essere misurata unicamente in termini economici ma vista anche nei suoi aspetti sociali, sanitari, culturali e soprattutto umani.

Il virus nel mondo finanziario del 2008 e quello pandemico del 2020 ci hanno messo davanti nuove categorie di poveri come i giovani inoccupati o disoccupati, gli immigrati e i tanti che stanno perdendo un lavoro apparso sicuro fino a poco tempo fa mentre vi sono categorie sempre più in bilico tra sufficienza e inadeguatezza di risorse.

Se la povertà è allora un fenomeno multidimensionale che riguarda persone, territori e servizi, occorre prendere atto che le politiche di contrasto fin qui messe in atto dallo Stato su elargizioni paternalistiche a pioggia e tra l’altro inefficaci devono cedere il passo alla predisposizione di servizi per il riconoscimento dei diritti e la loro realizzazione.

Guardando alle diverse situazioni individuali e familiari bisogna attivare azioni di prevenzione e contrasto a situazioni emergenziali impegnando in questa direzione gli organi della pubblica amministrazione, le Fondazioni, il Terzo Settore, il volontariato e le varie aggregazioni di cittadini.

La prof.ssa Morlicchio ha esordito evidenziando come la povertà comprima la dignità delle persone e ne limiti i diritti di cittadinanza in tutto il nostro Paese con l’epicentro tuttavia al Sud soprattutto fra licenziati, immigrati e lavoratori autonomi non tutelati.

La povertà, secondo la docente di sociologia dell’Università Federico II di Napoli, si affronta certo con il lavoro, con i servizi ma anche risolvendo i contrasti nelle politiche sociali tra Stato e Regioni e coordinando l’intervento pubblico con quello privato e del Terzo Settore, ma guardando anche all’antagonismo sociale.

Il prof. Giacinto della Cananea ha esordito dicendo che dopo l’unificazione in Italia si è pensato sempre alla povertà nell’ottica della carità mentre occorrerebbe ripartire dal concetto di fraternità presente nei saggi di Rousseau o di Tocqueville sul quale molto si riflette nel libro di Claudio Franchini insieme ai temi della povertà assoluta e relativa.

L’idea di fraternità, secondo il docente dell’Università Bocconi di Milano, deve farci guardare oltre la dimensione statuale e i diritti a livello nazionale.

Le carenze dello Stato italiano non sono solo nell’insufficienza delle risorse, alcune delle quali sono davvero uno spreco, ma nella loro frammentazione.

Tocqueville già sosteneva che i contributi in aiuto deprimono lo stimolo all’iniziativa; dunque elargire denaro non basta, ma occorre migliorare l’offerta nei servizi, nell’istruzione e nella tecnologia.

Il prof. Giovanni Tria ha invitato a guardare la povertà nei suoi aspetti multidimensionali profondamente legati alla disuguaglianza nell’accesso al reddito come quella esistente ad esempio tra i vari tipi di lavoratori o tra giovani ed anziani.

La povertà, transitoria o congiunturale, legata alle crisi economiche, ma anche quella permanente, dovuta allo smantellamento del Welfare, vanno affrontate in maniera articolata e razionale.

Il Reddito di Cittadinanza, secondo Tria, è una norma disegnata male perché include giovani che potrebbero essere avviati al lavoro senza che ciò sia avvenuto e persone che non possono più trovarlo per età; il provvedimento infatti è fallito nelle politiche attive sulla ricerca del lavoro e nella formazione professionale soprattutto in ordine alla transizione tecnologica.

I contraccolpi di un’economia aperta e globalizzata possono essere superati anche con il sostegno dell’Unione Europea ampliando però le reti di protezione sociale con sistemi legislativi che aiutino soprattutto il collocamento e il ricollocamento nelle attività lavorative evitando invece politiche di sostegno clientelari ed inefficaci.

Avendo delegato tale funzione per anni, lo Stato non ha strutture capaci di gestire interamente in proprio il problema; lo affida così al privato ed alle strutture delle Chiese, del volontariato e del terzo settore che possono e devono essere coinvolti purché dimostrino efficienza.

Certo oggi è più facile accettare sistemi aggiuntivi nel sostegno piuttosto che quelli sostitutivi magari di ordine pubblico.

In un intervento flash il prof. Massimo Giannini si è chiesto provocatoriamente perché dovremmo occuparci dei poveri in un sistema economico come il neoliberismo in cui la crescita non è considerata associabile ad una equa redistribuzione della ricchezza.

Se è vero che molti economisti pensano che tale idea corrisponda ad un criterio egoistico, va in ogni caso considerato che quello della povertà è anche un problema economico e non, come spesso pensiamo, solo di tipo etico e religioso.

Il prof. Vincenzo Ricciuto ha anzitutto tenuto a sottolineare che il codice civile si disinteressa della povertà non dovendo avere alcuna sensibilità per l’eguaglianza in una regolazione contrattuale che prescinde dalla condizione delle parti; infatti la tutela del consumatore è generale e dunque non solo a sostegno del povero.

Il rilievo giuridico della povertà nel codice civile non esiste anche se oggi c’è in merito nuova sensibilizzazione collegata ai diritti come ad esempio nella legge del sovraindebitamento che dà la possibilità di accedere alla ristrutturazione del patrimonio o dell’impresa.

La previsione di un accordo tra le parti è proprio finalizzata ad evitare la povertà del debitore ed a rimetterlo nel mercato.

Il docente ha ricordato poi che il decreto legislativo n. 117 del 3 luglio 2017 disciplina l’amministrazione condivisa del sostegno alla povertà tra la pubblica amministrazione ed il Terzo Settore, le fondazioni, le onlus ed il mondo del volontariato.

Tale forma di sussidiarietà è senz’altro auspicabile ma deve superare una zona grigia in cui tali soggetti possono intervenire con scarsa trasparenza, capacità o talora con opacità; per questo in tale direzione occorre creare una serie di controlli sull’operato del No profit o del privato.

È chiaro, ha sostenuto ancora Ricciuto, che il tema della povertà riguarda la sfera politica e va allineato alla garanzia dei diritti della persona ed alla tutela della sua dignità non solo sul piano economico, ma su tanti altri come ad esempio quello della salute e della cultura nei quali si deve intervenire fornendo strumenti e servizi per attuare le condizioni di una qualità della vita accettabile per tutti.

Il dibattito ha visto una partecipazione molto interessata da diversi territori italiani.

L’augurio francamente è quello che si possa portare il tema nelle diverse realtà locali specialmente tra le persone impegnate a livello individuale o nelle associazioni di volontariato per sviluppare la questione della povertà nelle sue diverse dinamiche e nelle forme più adeguate di contrasto ai suoi effetti, ma soprattutto per studiare le forme politiche d’intervento nella realizzazione del principio di uguaglianza che da un po’ sembra non appartenere più a nessuna forza presente nel panorama politico italiano.

(Umberto Berardo)

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