Presidenza di Confindustria, riflettori su Licia Mattioli

La corsa è a tre. Ma non è escluso che tra Licia Mattioli, vicepresidente di Confindustria per l’internazionalizzazione e Giuseppe Pasini, presidente degli industriali di Brescia, nella corsa per la presidenza dell’associazione di viale dell’Astronomia possano maturare intese per battere il favorito Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda. Del resto non è mai accaduto che i saggi dell’associazione abbiano ammesso tre candidati al voto per la presidenza. Se i candidati diventeranno due, l’unica donna in corsa per il vertice di Confindustria potrebbe a sorpresa raccogliere, il prossimo 26 marzo, la maggioranza delle preferenze tra i 179 votanti del Consiglio generale dell’associazione degli industriali.

Ma chi è Licia Mattioli? L’attuale vice presidente di Confindustria con delega all’internazionalizzazione, è napoletana di nascita ma torinese d’adozione. Classe 1967, è amministratrice delegata della Mattioli Spa, settore orafo. L’azienda di famiglia ha un giro d’affari di poco superiore ai 70 milioni con 260 dipendenti e 300 punti vendita nel mondo. È inoltre presidente di Exclusive Brands Torino, prima rete orizzontale nel mondo del lusso da lei fondata nel 2011. Nel 2010 è stata insignita della Mela d’oro della Fondazione Bellisario.

Il suo programma per il vertice della più grande organizzazione degli industriali l’ha riassunto nel corso di un’intervista con Le Fonti.tv.

Ha esordito spiegando i motivi che l’hanno spinta a candidarsi alla presidenza di Confindustria. “Ho un sogno: quello di cambiare questo Paese attraverso le nostre imprese. E quindi credo che sia venuto il momento per fare questo grande passo. Ritengo che il ruolo di Confindustria sia quello di dare un sostegno alla politica, aiutando a capire la direzione da prendere per il Paese”.

Sulle politiche economico-politiche più recenti, Mattioli ha osservato che “la riduzione del cuneo fiscale sui lavoratori è un primo passo”. Ha aggiunto: “Ovviamente è troppo poco quello che è stato fatto, ma è un inizio che si ripercuoterà sul mercato interno in termini di spesa maggiore da parte delle famiglie. Per quanto riguarda il Reddito di cittadinanza, sono dell’idea che è aiutare in modo diverso, inserendo le persone nel mondo del lavoro. Su Quota 100 dobbiamo dare uno sguardo ai numeri, che parlano meglio di molte parole: si tratta di una misura che non è servita a reinserire persone nel mondo del lavoro ma ad appesantire il sistema pensionistico”.

Poi la candidata alla presidenza s’è espressa sull’Europa. “Credo che oggi l’Europa debba tornare a fare la sua parte, rappresentiamo il mercato più grosso al mondo, inteso come insieme di tutti i paesi dell’Europa. Quindi penso che l’Europa debba tornare ad essere attore protagonista. In Confindustria stiamo già lavorando con il Medef e la Bdi, che sono le confindustrie francesi e tedesche, cioè delle due manifatture maggiori a livello europeo oltre a quella italiana, proprio per spingere la politica europea a fare di più nei confronti del resto del mondo”.

Alla domanda sulla prima cosa che farebbe se diventasse presidente, Mattioli ha risposto che la prima cosa “sarebbe quella di ristrutturare l’organizzazione”, mentre, in secondo luogo, “quella di potenziare l’Europa e il livello di internazionalizzazione”. Ha poi aggiunto: “Serve mettere intorno al tavolo persone competenti per ogni settore per poter fare veramente una politica dei prossimi cinque anni del nostro Paese per le industrie e rendere questo Paese un Paese veramente accogliente per le industrie, che capisca il valore delle Industrie presenti sul territorio”.

Alla domanda sulla discontinuità, Mattioli ha spiegato che si tratta di “una parola abusata in questo periodo. Per discontinuità si deve intendere un cambiamento in positivo, non una rottura completa. Conosco bene la struttura di Confindustria dall’interno, sono stata presidente della federazione degli orafi, presidente territoriale a Torino e ho fatto la vice presidente di Confindustria nazionale. Conosco quello che va potenziato perché funziona ed eliminato perché non funziona e cambiato, questo è il valore”.

Il prossimo presidente di viale dell’Astronomia avrà, da subito, un percorso tutto in salita. Se il “Made in Italy” è salvo dai nuovi dazi commerciali degli Stati Uniti, le conseguenze del coronavirus sono ancora tutte da esplorare, ma di certo turismo e lusso già ne stanno soffrendo parecchio, specie se si valuta il fatto che i consumatori cinesi rappresentano un terzo del totale delle vendite del comparto in Italia.

Inoltre la Commissione europea ha tagliato ancora il Pil italiano per il 2020, portandolo allo 0,3 per cento, che significa ancora Cenerentola d’Europa. E c’è chi, forse più realisticamente, parla di nuova recessione. Anche i segnali che arrivano da importanti mercati di riferimento non sono certo buoni, con la Germania ferma e la Francia in affanno.

L’ottimismo – e soprattutto il dinamismo – della Mattioli potrebbero allora costituire una risposta intrigante per imprenditori in cerca di una terapia d’urto contro la stagnazione. L’imprenditrice non ha peli sulla lingua: in un’intervista a Formiche.net ha detto chiaramente che all’Italia serve “una politica capace di decidere”, cioè esattamente il contrario dell’offerta di questi tempi. “Troppo spesso, invece, assistiamo a politiche economiche non funzionali al rilancio della nostra economia, che guardano solo all’inseguimento nel breve periodo del consenso elettorale ma che a lungo andare provocano più danni che benefici”. Più chiara di così.

Grande attenzione, poi, alla transizione ecologica. “Non servono politiche spot come la plastic tax e la sugar tax, che danneggiano interi settori e fanno perdere investimenti e posti di lavoro – ha detto. “Noi vogliamo che sia l’impresa a guidare la transizione assieme alle istituzioni, e non il contrario: siamo noi a sapere quali sono le modalità e le tempistiche adatte per arrivare agli obiettivi che ci siamo posti come comunità internazionale”.

Quindi le “ricette” che il mondo delle imprese ripete da anni, ma che il repetita iuvant è quanto mai necessario: riformare burocrazia e giustizia, dando regole certe a tutti; portare i prodotti del “Made in Italy” e del “Made with Italy” in tutto il mondo; aiutare le persone ad entrare nel mondo del lavoro e a restarci attraverso un percorso di formazione continua che faccia incontrare la domanda con l’offerta e non butti via le competenze dei lavoratori più maturi; sbloccare infrastrutture essenziali per il nostro Paese.

Appuntamento a fine marzo.

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