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Burrini,
caciocavalli, fior di latte, scamorze e trecce
“Ambasciatore” del territorio
E la “stracciata” diventa di nicchia
La pur scarsa notorietà del Molise a livello nazionale è
legata soprattutto alla gastronomia. Oltre alla pastasciutta, sono i latticini
a fungere da “ambasciatori” del gusto molisano nelle tavole
di tutta Italia. E’ utile allora conoscere in modo approfondito
la varietà di formaggi che offre il territorio, operando una carrellata
di massima.
Cominciamo, in rigoroso ordine alfabetico, dal burrino (“burrielle”),
formaggio tra i 100 e i 300 grammi di peso, stagionato a pasta filata
(quella del provolone), dura e cruda, prodotto con latte vaccino. All’interno
contiene una palla di burro, che spesso si suole spalmare sul pane. E’
diffuso in molte zone del Mezzogiorno. Ha forma a pera, con il “collo”
stretto da una funicella per essere appeso. Per la completa maturazione
ha bisogno di almeno un mese. Cento grammi di prodotto, pari a 518 calorie,
contengono 47 grammi di lipidi e 22,5 grammi di proteine. E’ presente
in tutta la regione.
Passiamo ad un altro vanto regionale: il caciocavallo (“checechevielle”),
formaggio ottenuto da latte di mucca a una temperatura di 36-38 gradi,
usando caglio di vitello o di capretto. L’origine del nome di tale
formaggio sembra collegata all’abitudine di appendere le forme a
cavallo di un bastone orizzontale. I migliori sono prodotti in alto Molise
(Agnone e Vastogirardi) e nel Molise centrale (Frosolone), comunque in
provincia di Isernia. Esistono varietà più o meno piccanti.
I più buoni quelli fatti in primavera (specie a maggio) ma c’è
chi preferisce quelli estivi (specie quelli di luglio). La fase di maturazione
consiste in un’energica fermentazione lattica, la cui durata varia
dalle 4 alle 10 ore. Segue la formazione di una specie di cordone che
viene plasmato fino a raggiungere la forma voluta. La salatura avviene
per immersione. Tolte dalla salamoia, le forme vengono legate a coppia
con appositi legacci e sospese a pertiche, per iniziare la stagionatura.
Si mangia normalmente accompagnato con pane casereccio ma anche messo
a dorare sulla griglia e servito caldo con una spolverata di pepe. Il
caciocavallo molisano è il caciocavallo silano dop. Va conservato,
avvolto nell’incarto d’acquisto o in carta argentata, in luogo
fresco e asciutto o in frigorifero.
Il caprino è prodotto con latte di capra. Si realizza da aprile
a settembre con caglio di capretto. Il migliore è prodotto a Montefalcone
del Sannio (Campobasso). Il latte viene scaldato in caldaio di rame stagnato
e portato alla temperatura di circa 38-40 gradi, quindi si aggiunge il
caglio, lo si mescola e si lascia coagulare per circa trenta minuti. Si
procede poi alla rottura: la cagliata viene lasciata precipitare sul fondo.
Al contempo si ravviva la fiamma per aumentare la temperatura fino a 42-43
gradi. Quindi la cagliata viene pressata in fruscelle di giunco e immersa
per alcuni minuti nel siero bollente, residuo della lavorazione della
ricotta. Quindi la salatura a secco per circa 24 ore. Viene stagionato
in cantine per almeno due mesi.
Il comune fior di latte, il più noto è quello di Bojano
(Campobasso), è un formaggio fresco ottenuto con latte pastorizzato,
lattoinnesto e caglio di vitello. La cagliata rotta è liberata
dai liquidi e lavorata fino a farla filare, formata, messa in salamoia
e salata.
Il formaggio di Pietracatella, dell’omonimo paese in provincia di
Campobasso, si realizza tutto l’anno con latte bovino, ovino e caprino,
caglio di vitello, agnello e capretto, sale da cucina. Al latte riscaldato
(36-38 gradi), si aggiunge il caglio per ottenere una coagulazione in
circa 30 minuti. Si rompe quindi la cagliata con lo “spino”
e la si lascia depositare, ravvivando la fiamma, quindi trasferita nelle
fruscelle di giunco e salata a secco. E’ stagionato in grotte di
tufo scavate sotto le abitazioni del centro storico del paese per almeno
2 mesi. Forma cilindrica, pezzatura variabile tra i 0,5 e 4 chili, con
l’impronta delle “fruscelle” di giunco.
La mozzarella di bufala, pur essendo più legata alla tradizione
campana e pontina, ha una sua zona di produzione molisana soprattutto
nell’area di Venafro (Isernia). La maturazione della pasta sotto
siero avviene in tini di legno. Viene prodotta tutto l’anno ma la
migliore produzione è da autunno a fine inverno. Il peso varia
tra i due ed i cinque etti. Non richiede stagionatura. A Venafro sono
numerose le rivendite del prodotto.
La mozzarella di vacca è un latticino fresco a pasta filata con
il latte ottenuto da bovini. Il latte viene messo in caldaia di rame stagnato
e si porta alla temperatura di circa 32-36 gradi. Si aggiunge siero innesto
e caglio (di vitello), coagula in circa 40 minuti. Dopo la rottura della
cagliata, si procede alla prima estrazione parziale del siero; dopo una
pausa si frantuma ancora più finemente la cagliata, lasciandola
maturare sotto siero caldo a 45-50 gradi per qualche ora. La pasta, sgrondata
dal siero, viene tagliata a fette, filata in acqua a circa 90 gradi e
confezionata in grossi pezzi. La salatura in salamoia dura dalle 12 alle
20 ore. Matura in 20 giorni circa. E’ prodotta in tutto il Molise
in ogni periodo dell’anno (la migliore è quella primaverile).
Il pecorino molisano ha sostanzialmente due zone di produzione: l’area
del Matese (Campobasso), principalmente Campitello, e l’area di
Capracotta (Isernia), che comprende anche Agnone, Carovilli, Pescopennataro,
San Pietro Avellana e Vastogirardi. Entrambi hanno forma cilindrica, altezza
tra i 4 ed i 10 centimetri (diametro tra i 14 ed i 22 centimetri), peso
medio di un paio di chili, crosta dura color nocciola, gusto piccante.
Il primo, però, è prodotto con latte di pecora (3/4) e caprino
(1/4), il secondo con latte ovino. La stagionatura dura da 3 mesi fino
a due anni.
La scamorza è un formaggio crudo a pasta filata prodotto con latte
intero pastorizzato interamente vaccino o misto vacca e pecora. Dopo la
pastorizzazione del latte, si procede all’inserimento di fermenti
e all’aggiunta del caglio. La coagulazione richiede 20-40 minuti
a una temperatura di 30-35 gradi. Rotta la cagliata, viene lasciata depositare
sul fondo della caldaia. Quindi la pasta, tagliata in liste, viene immersa
in acqua a 75-85 gradi, filata e formata, modellandola sì da conferirle
una forma a sfera con collo e testa. Le forme sono messe in salamoia per
circa mezz’ora. La maturazione avviene in una quindicina di giorni.
La stracciata è attualmente uno dei formaggi più ricercati.
Prodotta con latte vaccino tutto l’anno, si trova soprattutto a
Carovilli, Capracotta ed Agnone. E’ una sorta di ricotta da consumarsi
fresca, dal sapore di fermenti lattici.
La treccia molisana si produce soprattutto a Santa Croce di Magliano.
Formaggio a pasta filata assume l’aspetto di un nastro intrecciato.
Al latte bovino, crudo, viene aggiunto siero derivante dalla cagliata
del giorno precedente. Il tutto viene posto in una caldaia d’acciaio,
portato ad una temperatura di 40 gradi. Ci si aggiunge caglio e in mezz’ora
la cagliata raggiunge la consistenza ottimale per la rottura con lo spino.
Si lascia riposare per 5 minuti quindi si mette in un recipiente d’acciaio
più piccolo. Il siero, portato ad ebollizione, s’inserisce
un po’ alla volta sulla pasta raccolta fino a ricoprirla. Tale composto
viene fatto riposare per circa 3 ore. Si taglia la pasta a strisce sottili
di circa mezzo centimetro messe in una bacinella d’acciaio versandovi
sopra acqua bollente. Con un cucchiaio di legno si rimesta il tutto per
farlo diventare un unico pezzo. Si formano fili tondi di circa 1 cm di
diametro, passandoli poi in acqua fredda e lasciandoli per 10-15 minuti,
in modo che assumano consistenza. Vengono poi passati in un altro recipiente
con acqua, in precedenza salata, bollita e fatta raffreddare, restandovi
per circa 20 minuti. Tolti i fili dall’acqua e posti su un tavolo
ricoperto con una tovaglia di cotone, si procede alla formazione della
treccia. Il prodotto può essere consumato subito o dopo 6-7 giorni.
(Giampiero
Castellotti)
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