Quando incontrai la Regina Elisabetta vestita di azzurrino…

La scomparsa della più longeva sovrana d’Europa, regina del Regno Unito e Irlanda del Nord, che a 26 anni saliva sul trono di un impero in liquidazione e per 70 anni ha attraversato trasformazioni, sociali ed economiche, ha scosso il mondo.

Abbandonare questo mondo a 96 anni dovrebbe essere più che normale. Figuratevi perciò l’effetto che può fare su un suo coetaneo come il sottoscritto che per di più ebbe l’occasione di avvicinarla a Roma nel 1980. Era la sua prima visita da regina nel Paese di cui era particolarmente attratta e in quella occasione ebbe incontri ufficiali con Sandro Pertini e Giovanni Paolo IIº.

L’evento durò due giorni più del previsto e l’ambasciata britannica pensò di organizzare al Grand Hotel di Roma un ristretto meeting della sovrana con giornalisti italiani che si occupavano di politica estera.

Mezz’ora prima un addetto dell’ambasciata s’incaricò di ricordarci che l’approccio a Sua Maestà era soggetto a un preciso protocollo secondo il quale non le si potevano fare interviste, né chiedere giudizi di qualsiasi genere e che si doveva dare per scontato che la regina fosse al corrente di tutto. Il che rese a ciascuno di noi più che problematico un qualsiasi approccio. Cioè, non potevamo nemmeno chiederle “Vs Grazia ha visto che bella giornata?”

Nessuno quindi osava avvicinarla, tanto che il Principe Consorte Filippo venne a incoraggiarci di farlo nell’imbarazzo generale. Nessuno osava inventarsi qualcosa, finché un perfido collega indicò me come “uno che parla meglio l’inglese”. Un tiro mancino che mi terrorizzò su come attaccare discorso senza violare il rigore dell’etichetta.

Naturalmente mi ero preparato su di lei, sapevo ad esemopio che era stata battezzata il 29 maggio 1926 a Buckingham Palace con acqua fatta venire appositamente dalla Palestina e che da giovane la chiamavano col soprannome “Lilibeth”.

Fui quindi assalito da una paralizzante serie di dubbi, mi venne perfino in mente di presentarmi come suo coetaneo ma figuratevi la figuraccia di notificarle una circostanza così irrilevante. Poi mi parve piuttosto originale attaccare bottone sul fatto che lei era nata il 21 aprile, storica data coincidente con la nascita di Roma. Essendo però scontato che Sua Maestà sapesse tutto, era offensivo ricordaglielo.

Insomma non avevo alcuna idiozia a portata di mano. Così quando il principe Filippo, che come da protocollo era sempre un passo indietro della Consorte, mi fece un segno di incoraggiamento, decisi di ricorrere alle risorse della retorica e credetti di potermi salvare rivolgendomi alla Regina con un “Rome may be pride to celebrate a common birthday with you” (Roma può essere orgogliosa di celebrare con lei un compleanno in comune).

Sua Maestà rispose con un benevolo sorriso, ma ancora oggi mi chiedo se commisi una gaffe stellare nell’allineare gli anni di Roma a quella di un’ospite di tale riguardo.

(Giuseppe Tabasso)

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