Rapporto Fipe: in Molise persi 111 bar e ristoranti nel 2018

Saldi negativi per numero di bar e ristoranti in Italia nel 2018. Ed il Molise non è da meno. E’ quanto emerge nel Rapporto annuale della Fipe sulla ristorazione, illustrato oggi a Roma, presente Forche Caudine.

Nel dettaglio, secondo l’elaborazione della Fipe, Federazione dei pubblici esercizi, su dati Infocamere, nel 2018 il Molise ha perso 61 servizi di ristorazione, 25 bar e 36 attività di ristorazione mobile quale saldo tra le nuove iscrizioni e le cessazioni. Un bilancio pesante per un piccolo territorio, che dimostra una certa debolezza in questo settore, confermato anche dalla netta prevalenza di ditte individuali rispetto ad altre regioni italiane.

A fine 2018, in Molise erano rimaste 1.003 imprese tra ristoranti e attività di ristorazione mobile e 898 bar. In media, così come a livello nazionale, chiudono più o meno il doppio degli esercizi rispetto alle aperture.

Tra gli altri dati, spicca la percentuale nettamente più alta di giovani molisani alla guida di bar, mentre sono sotto alla media nazionale le imprese giovanili nel settore della ristorazione. Il Molise primeggia poi nel Mezzogiorno per imprese straniere nel comparto, con il 7,8 per cento nella ristorazione e il 7,2 per cento tra i bar. Leggermente più alta della media nazionale l’incidenza di imprenditrici nel settore, 28,1 per cento per i ristoranti, 34,4 per i bar.

I dati del Rapporto Fipe confermano, però, la netta propensione di tutti gli italiani per la ristorazione: si legge che sono quasi 10 milioni (il 18,5 per cento) i connazionali che cenano al ristorante almeno due volte a settimana, circa la metà quelli che quotidianamente pranzano fuori casa, mentre ogni giorno sono circa cinque milioni gli italiani che fanno colazione al bar. La spesa totale in bar e ristoranti nel 2018 è stata pari a 86 milioni di euro nel 2019.

Una crescita che ha ricadute positive sull’intera economia italiana e in particolare sulla filiera agroalimentare. Ogni anno, infatti, la ristorazione acquista prodotti alimentari per un totale di 20 miliardi di euro, andando a creare un valore aggiunto superiore ai 46 miliardi, il 34 per cento del valore complessivo dell’intera filiera agroalimentare. Lo stesso accade in Molise.

Nonostante il saldo negativo nei numeri, che incide soprattutto nei bar che soffrono la concorrenza di paninoteche, kebab e (finti) take away di ogni genere, il settore della ristorazione conferma una sua vitalità che si riflette sull’occupazione: nel comparto lavorano 1,2 milioni di addetti, di cui il 52 per cento donne e in maggioranza giovani. In dieci anni la crescita degli occupati è stata di ben il 20 per cento.

Del resto la ristorazione italiana è regina anche a livello internazionale: la rete dei ristoranti autenticamente italiani fuori dal nostro Paese ne conta ben 2.200.

“Il mondo della ristorazione è un grande asset della nostra economia e un patrimonio, anche culturale, del Paese – sottolinea il presidente di Fipe, Lino Enrico Stoppani. “I dati parlano chiaro: con 46 miliardi di euro siamo la prima componente del valore aggiunto della filiera agroalimentare. E il comparto continua a crescere grazie ad un’offerta che evolve in segmentazione dei format commerciali, in qualità dell’offerta gastronomica e in professionalità. I milioni di turisti che arrivano in Italia mettono proprio bar e ristoranti tra le cose che maggiormente apprezzano del nostro Paese”.

Nonostante la sperimentazione degli chef televisivi abbia raggiunto in questi anni livelli record, ciò che attira in maniera sempre più marcata i consumatori all’interno dei ristoranti è la tradizione. Il 50 per cento degli intervistati da Fipe, infatti, cerca e trova nei locali che frequenta un’ampia offerta di prodotti del territorio, preparati con ricette classiche, ma non solo. Tutti, o quasi, concordano, però su un punto: è fondamentale sapere ciò che si mangia. Il 68,1 per cento dei clienti quando entra al ristorante, per prima cosa si informa sulla provenienza geografica dei prodotti, il 58,5 per cento sui valori nutrizionali dei piatti e il 54,5 per cento sull’origine e la storia di una ricetta.

Il rovescio della medaglia, che investe anche il Molise, è rappresentato dall’ elevato tasso di mortalità imprenditoriale: dopo un anno chiude il 25 per cento dei ristoranti; dopo tre anni abbassa le serrande quasi un locale su due; dopo cinque anni le chiusure interessano il 57 per cento di bar e ristoranti.

Non manca, poi, l’abusivismo commerciale, che determina concorrenza sleale.

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