Roma, riapre il Mattatoio, torna la cultura

Il Mattatoio prosegue il suo programma quale spazio di ricerca, produzione e presentazione delle pratiche legate alle arti performative. Questa vocazione, definita negli obiettivi dell’Azienda Speciale Palaexpo, ne fa un luogo di convergenza aperto alle potenzialità di scambio interdisciplinare che i diversi linguaggi della performance – arti visive, danza, musica, teatro – sono in grado di offrire.

Già sede del Master di II livello PACS (Arti Performative e Spazi Comunitari), organizzato da Palaexpo con il Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre, che prevedeva una fitta programmazione di appuntamenti pubblici, sospesi a causa dell’emergenza sanitaria, il Mattatoio articola ulteriormente i suoi percorsi, a seguito della recente nomina del responsabile della sua programmazione Angel Moya Garcia nonché della necessità di interpretare nuove e inattese esigenze dovute a una condizione che ha inciso in maniera significativa su tutte le forme di arte dal vivo.

La progettualità degli spazi de La Pelanda, inizialmente destinati al Master, offre una nuova opportunità di ricerca ed esplorazione con l’avvio di un programma di residenze produttive ideato e curato da Ilaria Mancia che si svilupperà fino alla fine di agosto. Prender-si cura coinvolge artisti già inclusi nella programmazione didattica e performativa sia de La Pelanda che di Palazzo delle Esposizioni, Annamaria Ajmone, Jacopo Jenna con Roberto Fassone, Luigi Presicce, a cui si aggiungono Silvia Calderoni, Rä di Martino, Marina Donatone, Giuseppe Vincent Giampino, Sara Leghissa, Claudia Pajewsky, Cristina Kristal Rizzo, Michele Rizzo, Alexia Sarantopoulou con Ondina Quadri. Si attiverà una fucina artistica dove poter ospitare diverse e nuove progettualità che attraversano la danza e il teatro di ricerca, ma anche la fotografia, l’installazione, il video e la scultura, promuovendo lo scambio fra i linguaggi e l’incontro fra artisti appartenenti a generazioni diverse. Concentrandosi sui processi di ricerca più che sui risultati finali, il progetto punta a riflettere sul concetto di residenza abbinandolo a quello di cura: il sostegno logistico, teorico e produttivo al lavoro degli artisti diventa decisivo in un momento difficile come quello attuale, che richiede un’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni culturali.

In questo contesto si rinnova anche la collaborazione con Short Theatre: il Festival sarà un altro dei “soggetti” in residenza alla Pelanda e come tale diventerà partner di diverse progettualità artistiche che si concentreranno sulle possibili strategie per ripensare lo spazio performativo e le modalità del suo uso.

In vista dell’abituale appuntamento di settembre saranno coinvolti diversi artisti italiani e internazionali.

Le residenze saranno accompagnate da un racconto, già iniziato durante la quarantena, che vuole interrogarsi sui significati e i modi della curatela di progetti artistici in un periodo di forzata immobilità e offrire una prospettiva interna ed espansa sul processo di lavoro. Sono così nati dei dialoghi con gli artisti portati avanti da Ilaria Mancia, coadiuvata da Paola Granato, teorica e dramaturg in residenza, incontri che emergono nella distanza e nell’ascolto di una nuova temporalità. Il confronto teorico diventa qui atto di cura reciproca, forma di relazione, un riflettere non solo per il piacere concettuale della speculazione ma anche dell’incontro e dell’approfondimento. Questi dialoghi proseguiranno ora negli spazi fisici de La Pelanda, arricchendosi di interventi critici e sguardi esterni. Il materiale sarà consultabile nelle diverse piattaforme on line del Mattatoio.

Durante i periodi di residenza La Pelanda offrirà occasioni di incontro e attraversamento, per aprire al pubblico le fasi di ricerca secondo un calendario che verrà comunicato e organizzato nel rispetto delle norme di sicurezza sanitaria.

Il 23 luglio inaugurerà, negli spazi del Padiglione 9b, la prima mostra del nuovo progetto Dispositivi Sensibili a cura di Angel Moya Garcia, che prevede la realizzazione di una serie di proposte espositive e multidisciplinari da parte di artisti la cui ricerca è incentrata prevalentemente sui modi in cui la performance può determinare la formazione trasversale e stratificata su diversi registri dello sguardo dei visitatori.

Il primo appuntamento, intitolato La sottigliezza delle cose elevate, sarà realizzato dall’artista Andrea Galvani (Verona, 1973. Vive e lavora tra New York e Città del Messico). Il titolo della mostra è tratto del grimorio Shams al-Ma’arif wa Lata’if al-‘Awarif, scritto da Ahmad ibn ‘Ali al-Buni, ritenuto uno dei testi più influenti del suo genere nel mondo arabo, che si apre con una serie di complessi quadrati magici che dimostrano relazioni nascoste tra numeri e forme geometriche. Se accettiamo che la nostra esistenza sia intrinsecamente legata al progresso continuo della ricerca, Andrea Galvani porta al centro il processo stesso e lo trasforma in una materia viva, sensibile e instabile, mettendo a nudo la presenza umana, esponendo lo sforzo fisico e analitico che costituisce la struttura della nostra conoscenza e l’istinto a comprendere l’ignoto. Le azioni in corso, che occuperanno l’intero spazio espositivo, si svilupperanno gradualmente per l’intera durata della mostra, coprendo diversi settori di indagine.

Dispositivi Sensibili si svilupperà producendo e veicolando un’ampia panoramica delle pratiche performative contemporanee, che sono sempre più centrali nelle rassegne internazionali e nelle attività di musei e istituzioni di tutto il mondo, e che si propongono come elemento nevralgico nella programmazione del Mattatoio. Gli artisti proposti – l’appuntamento successivo vedrà come protagonista Luigi Presicce con un nuovo progetto in parte prodotto nel corso della sua residenza presso La Pelanda – sono chiamati a mettere in atto metodologie relazionali e partecipative, ora sottilmente empatiche ora palesemente trascinanti.

In questo senso, la totale disponibilità ad accogliere diversi linguaggi, l’attitudine alla contaminazione, la possibilità di una restituzione formale come la mostra e soprattutto il ribaltamento dello status dello spettatore, conferiscono alla performance un’immediatezza e una capacità ineguagliabile di relazione con il pubblico. Il Mattatoio diventa, in questo modo, uno spazio di produzione e formazione in cui interrogarsi sul ruolo che gli artisti ricoprono nella realtà attuale, e sulla possibilità e responsabilità che hanno rispetto alla sua riconfigurazione.

A fine luglio il programma del Mattatoio si arricchirà anche di una serie di installazioni nello spazio pubblico rendendo ancora più attivo lo scambio tra i progetti ospitati e tra questi e la comunità cittadina.

Tutte le attività saranno comunicate e amplificate tramite il sito www.mattatoioroma.it e i canali Instagram e Facebook, aggiungendosi agli altri progetti digitali già in corso: TRÀCCIA, un diario rizomatico di questo tempo fuori dall’ordinario, che dà voce a numerosi soggetti che, a coppie, si confrontano e interrogano ciascuna con una parola e un’immagine; Mattatoio Multiforme, un racconto – corredato da bellissime immagini originali – della storia di questo luogo, che è stato, fin dall’inizio, sede di scambio di saperi e di pratiche.

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