Sangiuliano, direttore del Tg2: “Xi Jinping è il nuovo Mao”

«Xi Jinping è il leader più potente del pianeta e l’occidente deve fare massima attenzione all’aspirazione egemonica della Cina». Dopo aver scritto le biografie di Vladimir Putin e di Donald Trump, Gennaro Sangiuliano, direttore del Tg2 (dopo essere stato vicedirettore del Tg1), s’è concentrato sul presidente cinese Xi Jinping, “Il nuovo Mao. Xi Jinping e l’ascesa al potere nella Cina d’oggi” è il titolo del suo ultimo libro, pubblicato da Mondadori, in testa alle classifiche di vendita.

La presentazione romana ha avuto luogo lo scorso 9 dicembre presso il Centro studi americana di via Caetani, con gli interventi di Marcello Foa, presidente della Rai, dell’europarlamentare Massimiliano Smeriglio e, in collegamento, dell’europarlamentare Carlo Calenda. Ha moderato il giornalista Rai Marco Frittella. Sangiuliano ha dato supporto alle sue preoccupazioni citando la rivista “Forbes”, che nel 2018 ha collocato al primo posto nella classifica dei 75 uomini più potenti del mondo proprio il leader cinese.

Secondo il direttore del Tg2, il carismatico Xi Jinping, due matrimoni e una figlia, sta portando avanti un progetto neonazionalista, fondato sulla riproposta del maoismo come “religione politica” e del confucianesimo come dogma culturale. Un disegno egemonico che, sull’altare di un aggressivo capitalismo di Stato a partito unico, è pronto a sacrificare – come testimoniano le violente proteste scoppiate di recente a Hong Kong – valori fondamentali quali la democrazia e la libertà. Di fatto la Cina vuol fare di alcune zone del mondo, come l’Africa e l’Europa, delle immense aree di mercato per le proprie aziende. La strategia è subdola: insinuarsi pian piano nelle maglie delle economie occidentali. Basti pensare che la Bank of People of China – ricorda Sangiuliano — possiede quote importanti di società anche italiane, come Enel, Eni, Generali, Monte dei Paschi di Siena, Unicredit.

È evidente che molti di questi investimenti abbiano una ratio non solo economica. C’è chi ha creduto che allo sviluppo economico cinese sarebbe seguito quello democratico e la nascita di una borghesia commerciale che avrebbe rivendicato diritti civili e politici. Ma le cose sono andate diversamente. Emblematica, in questo disegno, la “nuova via della seta”, il colossale piano infrastrutturale e d’investimento che coinvolge Asia, Europa e Africa. Un progetto destinato a cambiare gli equilibri economici del commercio mondiale. Il nodo centrale – su questo sono d’accordo tutti i relatori – è che quella cinese non è economia di mercato, non c’è mai reciprocità vera nelle relazioni. E così si teme un’aspirazione imperiale sul mondo. La figura del leader – secondo il direttore del Tg2 – è centrale: da quando una riforma costituzionale votata dall’Assemblea nazionale del popolo ha cancellato il limite massimo dei due mandati presidenziali, Xi Jinping è di fatto considerato il “nuovo Mao”.

Nelle sue mani ha i tre incarichi apicali del potere cinese: è presidente della Repubblica popolare cinese, presidente della Commissione militare e segretario del Partito comunista cinese. E’ un potere assolutistico. E può contare su un culto della personalità che solo Mao poteva eguagliare. Inoltre Xi Jinping governa una nazione immensa, con un miliardo e trecento milioni di abitanti, circa il 20 per cento della popolazione mondiale. Oltre ad essere diventata, ormai, una grande potenza economica, soprattutto aspira a diventare la più grande potenza tecnologica del mondo.

La biografia di Xi Jinping ricostruisce una carriera strepitosa, ma non senza spine. Suo padre cadde in disgrazia presso Mao e Xi è stato rinchiuso in un campo di lavoro dove era costretto a dar da mangiare ai maiali. Per ben dieci volte gli è stata negata l’iscrizione all’università e al Partito comunista cinese, ottenuta solo nel 1974. Poi gli incarichi governativi nelle province di Shaanxi, Hebei, Fujian e Zhejiang, quindi la guida della municipalità di Shanghai, fino all’ingresso nel Comitato centrale, che lo ha trasformato nell’esponente di spicco della “quinta generazione” dei massimi dirigenti della Repubblica (dopo Mao, Deng Xiao Ping, Jiang Zemin e Hu Jintao). Impersona, pertanto, l’ultimo tassello del poderoso cammino di modernizzazione avviato da Deng Xiao Ping, il primo a dire al popolo cinese che “arricchirsi è glorioso”.

La domanda, allora, è d’obbligo: l’Occidente saprà raccogliere la sfida? Foa ritiene controproducente una contrapposizione totale dell’Europa verso la Cina, indicando, quale via d’uscita, la rivitalizzazione dei valori occidentali attraverso un bilancio positivo dei nostri sistemi economici e sociali. Secondo il presidente della Rai, insomma, è necessaria un’attenzione anche ideale, oltre che economica e politica, ricordando come è stata vinta la guerra fredda con l’Unione sovietica. Massimiliano Smeriglio ha ripercorso la lunga storia della Repubblica popolare cinese, mettendo l’accento sulle cordate familistiche di clan, emblemi di un passato che ha però lasciato evidenti tracce nel presente. Il condensato di questa storia è “una dimensione statuale con vocazione imperiale sul mondo”. Il rischio, per l’Occidente, è di soccombere di fronte ad un’economia che non è di mercato in quanto non assicura reciprocità. Significativa la situazione dell’Africa, dove in questo momento c’è un milione e mezzo di maestranze cinesi. Secondo l’europarlamentare romano, in Cina manca una cosa banale ma centrale: lo stato di diritto. Quello che succede ad Hong Kong è emblematico. Per cui si va affermando una forma postdemocratica con cui dobbiamo fare i conti, cercando di fare massa critica in termini economici e culturali.

Carlo Calenda ha esordito spiegando che tutto il discorso sulle politiche industriali in Europa non può ormai prescindere dalla Cina, che tra l’altro gode di rilevanti vantaggi competitivi.

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