Sanremo, il talento batte la tecnologia

Il Festival di Sanremo non “sono solo canzonette”. C’è sempre di più. C’è l’Italia in cui convivono pregi e difetti condotti all’estremo.

Così, emerge con soddisfazione il Belpaese creativo che sa farsi apprezzare anche all’estero per i suoi talenti artistici, comprese le scenografie, gli abiti, le performance e l’organizzazione complessiva di una kermesse (i russi, che criticano Mattarella, in questo senso, però, ci ammirano). Ci sono tanti professionisti che “dietro le quinte” fanno un lavoro straordinario, limitando la possibilità di errori. C’è, poi, la scoperta di incredibili esponenti della società civile: quest’anno, ad esempio, gli attori del teatro patologico, i giovanissimi talenti al pianoforte o i possibili smaliziati presentatori.

Nel contempo, tuttavia, ci sono rovesci della medaglia. C’è parte della critica che non riesce a liberarsi degli steccati ideologici o dei preconcetti nel giudicare un artista: eppure il massacro mediatico di un’eccellenza quale Mia Martini avrebbe dovuto insegnare qualcosa. Secondo alcuni analisti, un cantante dovrebbe cantare e basta. Per altri, dovrebbe uniformarsi al pensiero unico. Da parte di molti giornalisti, i più attempati, il riferimento primario rimane quello dei cantautori, benché poi la maggior parte dei giovani preferisca il rap o la trap e gran parte dei rapper o dei trapper riceva valanghe di voti proprio da loro (non a caso le classifiche di ascolti sono attualmente dominate da Olly, Fedez e Tony Effe). E non manca mai il solito infinito salotto dei commentatori, spesso senza arte né parte (specie dal punto di vista musicale), che reiterano verità e sentenze nella consueta e inflazionata veste di “tuttologi”.

Non ci vogliamo soffermare sulle virtù dei singoli artisti, che incontrano ovviamente i soggettivi gusti musicali. Anche quest’anno, come ormai avviene da anni, la qualità complessiva è inappuntabile e variegata.

Vogliamo, invece, fare nostra un’intelligente riflessione di Francesco Cicione, presidente della calabrese Entopan, un gioiello dell’innovazione territoriale, sociale, tecnologica e digitale: in un’epoca dove l’intelligenza artificiale, gli algoritmi e l’autotune dominano anche il settore musicale, le voci degli artisti di Sanremo hanno ricordato a tutti che “la vera arte non si misura in perfezione sintetica, ma in autenticità espressiva”. Molte voci femminili e maschili, di fatto, battendo l’artificiosità degli espedienti tecnologici, restituiscono un’umanità naturale e vera alla canzone. Insomma, da Nilla Pizzi a Giorgia, da Achille Togliani a Mahmood, un artista vero, ieri come oggi, non può essere costruito in laboratorio.

(Domenico Mamone)

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